"Intervista" Letta: Non dare a Berlusconi del riformista
 giovedì 2 ottobre 2003
«Lo sciopero? Attenti a non dare a Berlusconi la patente del riformista» L’ex ministro Enrico Letta (Margherita): si drammatizza la situazione creando per di più un buco nei conti
ROMA - Dalle file dell’opposizione il commento più sorprendente che si è sentito è stato quello di Enrico Letta, responsabile economico della Margherita: «Quella di Berlusconi non è una riforma delle pensioni che merita lo sciopero generale». Perché ha detto questo? È un messaggio per il leader della Cisl, Savino Pezzotta? «Premetto che lo sciopero è di competenza dei sindacati. Se decideranno di farlo, è giusto che lo facciano. Verso il sindacato e verso la Cisl, c’è totale rispetto della loro autonomia. Detto questo, trovo che siamo davanti a una riforma profondamente sbagliata, che fino al 2008 spingerà tutti a fuggire in pensione e dopo creerà un improvviso e iniquo scalino portando in un giorno il minimo di contributi da 35 a 40 anni». Ma se è una riforma «profondamente sbagliata», perché non merita lo sciopero? «L’ho detto paradossalmente per sottolineare il rischio di attribuire la patente di riformista a un governo che invece ha prodotto soltanto un grande pasticcio. Da un lato ha drammatizzato la situazione, contro ogni evidenza, e dall’altro ha proposto un intervento che peggiorerà i conti. Il tutto saltando la concertazione e additando il sindacato al pubblico ludibrio. Credo che anche Pezzotta non abbia alternative». Si ha però l’impressione che l’opposizione e il sindacato non porteranno fino in fondo lo scontro, perché, tutto sommato, farebbe loro comodo che a firmare una riforma impopolare sia il centrodestra. «Sarei contento se fosse così, cioè se il governo in carica creasse un equilibrio reale e duraturo dei conti previdenziali. Penso invece che la riforma avrà un effetto controproducente e che noi saremo costretti a intervenire di nuovo per rimediare al buco che nel frattempo si sarà aperto». Il ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha ricordato che il Polo votò la riforma Dini nel ’95 e vi ha chiesto di fare altrettanto con la riforma Berlusconi. «Il governo Dini nacque come continuazione del primo governo Berlusconi e quindi il paragone non ha senso. Detto questo, sfido Tremonti: faccia una riforma insieme con i sindacati, come fecero Dini e Prodi, dica quali sono i conti previdenziali e noi siamo pronti a discutere, perché siamo consapevoli che su questo si gioca il futuro del Paese». A proposito di Prodi. Come farà il centrosinistra a candidarlo contro Berlusconi, se sulle pensioni Prodi firmò nel ’94 il manifesto a sostegno della prima riforma Berlusconi, nel ’97 scrisse nel suo Dpef che la riforma Dini non bastava e da presidente della commissione Ue ha continuato a sostenere la necessità di intervenire? «Tutto questo è proprio il segno del nostro tasso di riformismo. Noi, come ha detto Tiziano Treu (ministro del Lavoro durante la riforma Dini, n.d.r. ), non siamo per non toccare nulla. Da tempo diciamo che la situazione va monitorata, tanto che la Dini prevede una verifica nel 2005. Se a quella data i conti non dovessero essere a posto, non avremmo difficoltà a intervenire».
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Enrico Marro
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 Economia
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