12/4/2002 ore: 10:17

"Intervista" Garrone: «La Confindustria di D´Amato? Feudo nepotista e invadente»

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Pagina 33 - Economia
 
L´INTERVISTA
 
Duro attacco del vicepresidente degli industriali, Edoardo Garrone
 
«La Confindustria di D´Amato? Feudo nepotista e invadente»
 
 
 
Presidenzialismo: Dominano il pensiero unico, il fastidio per qualsiasi idea diversa e l´ingerenza
Giovani: Non siamo solo noi a pensare che manca il dialogo. Se facessimo un referendum...
Articolo 18: Siamo finiti in un vicolo cieco. Per il presidente è diventata una buccia di banana
 
FRANCO MANZITTI

GENOVA - Il messaggio è durissimo, il bilancio è quasi una requisitoria, l´attacco al vertice di Confindustria, al presidente Antonio D´Amato e alla "tecnostruttura infeudata e invadente, che crede di governare i vertici imprenditoriali", è un siluro vero e proprio. Eccolo l´addio di Edoardo Garrone, 40 anni, vicepresidente di Confindustria e presidente nazionale dei giovani industriali dal 2000, genovese, figlio di Riccardo, titolare della Erg: pieno di orgoglio nel ruolo degli junior imprenditoriali e di polemica sulla mancanza di dialogo in Viale dell´Astronomia. Siamo alla vigilia di Parma, grande convegno imprenditoriale, nel clima dello sciopero generale sull´articolo 18 e nella preparazione della giunta biennale di Confindustria che tirerà le somme dei primi due anni di D´Amato e preparerà il futuro a poche ora dalla convocazione di Berlusconi per sindacati e imprenditori. Una sequenza micidiale. In mezzo a questa sequenza, il 17 aprile, l´Assemblea di saluto di Garrone jr, dopo due anni vissuti acrobaticamente in viale dell´Astronomia, dal governo Amato a Berlusconi, dalla sfida no-global agli attacchi alla Finanziaria di destra, ai musi duri con D´Amato, fino a questi giorni "caldi" con la base imprenditoriale in tumulto per l´articolo 18.
Garrone, qual è l´emergenza numero uno, mentre lo sciopero incombe e Confindustria prepara le sue mosse?
«Bisogna evitare lo scontro sociale, altrimenti tutte le riforme saranno in salita e non avremo più il tempo di rilanciare il Sud. Invece, purtroppo, siamo finiti in un vicolo cieco con l´articolo 18 che è diventato un simbolo, una bandiera per schierarsi politicamente e capire chi vince e chi perde».
Ma dal presidente D´Amato cosa si aspetta oggi a Parma e nella giunta della settimana prossima?
«Dovrà dimostrare che vuole collaborare col governo e discutere con le parti sociali, lavorando con una squadra: questo è il vero spirito di Confindutria. Invece questo articolo 18 è diventato una buccia di banana per lui. Non se ne esce. Ci si arrocca, si esaspera e intanto si tace o non ci si impegna sui grandi temi di questi anni, le privatizzazioni, le liberalizzazioni, la riforma della pubblica amministrazione, la giustizia che ci tocca, eccome, le gaffes del governo in un´Europa che conta così tanto per noi imprenditori, le nuove fondazioni bancarie…».
Insomma la posizione dei giovani è più flessibile, ma questa è un po´ la fisiologia o no?
«I giovani hanno nel loro Dna di essere la coscienza critica, di essere compatibili col resto della società, mentre la Confindustria è il sindacato delle imprese. Noi restiamo e resteremo questa coscienza, piaccia o non piaccia ai piani alti del palazzo e della tecnostruttura infeudata e invadente che crede di governare il nostro sistema al posto degli imprenditori fino a intervenire nelle nostre libere scelte di accesso alla cariche di rappresentanza. Ma non creda che siamo solo noi giovani a pensarla così sulla mancanza di dialogo. Se facessimo un referendum tra imprenditori sull´articolo 18…..».
La sua sembra un´accusa di presidenzialismo?
« Non sono arrivato a questa posizione ora. Tutto il mio percorso di presidente dei giovani, dopo Emma Marcegaglia, è una traccia verso le posizioni di oggi e lo scontro con il verticismo di D´Amato: dalla spinta della new economy nella new society, all´esigenza della flessibilità nel mondo del lavoro, che voleva dire arrivare subito al libro bianco e non solo oggi con la spaccatura pericolosa sull´articolo 18, alla denuncia per una globalizzazione governata dall´economia, nel convegno prima del G8 di Genova, fino alla urgenza di cambiare lo Statuto dei lavoratori. Invece in cima a Confindustria domina il pensiero unico, il fastidio per qualsiasi idea diversa. Presidenzialismo? Ci sono gli esempi. Come è stata trattata la questione del "Sole 24 Ore", la sua non quotazione in Borsa, come abbiamo governato l´Università Luiss, per la quale perfino Cossiga si è detto preoccupato dopo le ingerenze nel corpo docente, come è andata avanti la ricerca forsennata del controllo della comunicazione interna ed esterna, l´ingerenza persistente in tutte le decisioni elettive?»
Ma scusi la Confindustria non è alla vigilia di una grande riforma? Tutto sta per cambiare.
«La riforma era nei piani di D´Amato, appena eletto, ma fatica ad avanzare. Per riformare bisogna chiudere e riaprire e poi investire molti capitali. Chi paga? Bastava quotare in Borsa "Sole 24 Ore" e avremmo ricavato migliaia di miliardi. Nelle democrazie evolute chi vince mette i migliori a governare. In Italia si applica un principio rovesciato, purtroppo anche nelle organizzazioni come Confindustria: non si scelgono i migliori, ma si applica il nepotismo. Magari per controllare, come in questo caso, direttamente il giornale di casa».
Chi sarà il presidente dopo di lei e soprattutto dopo queste accuse?
«Non posso dirlo. Ma penso per esperienza che il presidente dopo di me sarà il candidato che avrà saputo comunicare meglio i suoi programmi, dialogando direttamente con l´elettorato e non a mezzo stampa e con interventi e pressioni esterne».
Insomma, con D´Amato lei si lascia proprio male!
«Mi lascio con grande rammarico, avrebbe avuto un alleato in me se avesse dialogato. Appena eletto gli ho chiesto un appuntamento. Mi ha ricevuto tre mesi dopo con altri. Mi sentivo controllato e con pregiudizio».
E ora cosa farà da grande?
«Quando sono stato eletto, due anni fa, mi telefonò Berlusconi, si congratulò e mi disse: "Ti parlo da padre e ti dico che gli impegni istituzionali sono importanti, ma più importante è l´azienda. Non dimenticarlo". Torno in azienda. Ho percorso il sentiero fino in fondo, ma ora mi fermo».

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