"Intervista" G.Poletti (Legacoop): Non siamo competitivi
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Intervista a: Giuliano Poletti presidente Legacoop
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Intervista a cura di Gildo Campesato
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martedì 15 luglio 2003
La mancanza di soldi non può essere una scusa. Bisogna avere il coraggio di indicare le priorità e su quelle procedere con decisione «Non siamo competitivi, servono politiche per la crescita»
ROMA Il Dpef deve puntare a conseguire tassi di crescita più elevati, affrontando senza sottovalutazioni i nodi strutturali che attanagliano il Paese: debito pubblico, valorizzazione del capitale umano, investimenti in ricerca e sviluppo, ridotto tasso di accumulazione, scarto in termini di crescita tra Nord e Sud, riforma razionale del Welfare. Questo è quello che Legacoop chiederà al governo, un governo «che è arrivato in zona Cesarini», commenta Giuliano Poletti, presidente di Legacoop, mentre si gira tra le mani la lettera di convocazione delle parti sociali per la presentazione, domani, del Dpef. La missiva arriva tardi e dopo la richiesta proprio ieri in un comunicato stampa di «una consultazione preventiva come è avvenuto in passato». Più che una «consultazione», visti i tempi, sembra piuttosto trattarsi di una «comunicazione». «Comunque, all’incontro andremo con le idee chiare - annuncia il presidente delle cooperative - Anche perché c’è molto da discutere. Ho l’impressione che ormai si sia andati oltre lo stesso Patto per l’Italia. Basti pensare al recente accordo sindacati - Confindustria sulla competitività del sistema Paese». Che cosa direte a Tremonti? «Diremo che l’economia italiana continua a non tirare, che la produzione ed i consumi ristagnano, che la speranza che la fine della guerra in Iraq rimettesse in moto la macchina mondiale si è dimostrata sbagliata». E allora? «E allora bisogna prendere atto della realtà. Il Dpef non può essere il libro dei sogni, ma deve partire da una fotografia credibile della situazione. E questa fotografia ci dice che è assolutamente necessario mettere in campo politiche che stimolino la crescita. Ci vuole un grande sforzo di tutti i soggetti economici, politici e sociali volto a stimolare una ripresa consistente del Pil». Tremonti ha la borsa semivuota. «Non può essere una scusa per non fare nulla. Bisogna avere il coraggio di indicare le priorità e su quelle procedere con decisione. E tra le priorità indico gli investimenti in infrastrutture. Ma attenzione, ponti e strade sono utili a far viaggiare merci e persone. Ma ci vuole anche un progetto sui comparti produttivi, su cosa si privilegia, su quali specializzazioni l’Italia vuole essere forte e competitiva sui mercati internazionali. E parlo di settori industriali, di produzione agricola, non solo di servizi che poi valgono qualcosa solo se c’è la produzione a sostenerli». Uno dei problemi è quello fiscale. «Noi chiediamo la riduzione dell’Irap, una vera e propria tassa sul lavoro. Una misura di questo genere rappresenterebbe una significativa riduzione del cuneo fiscale, ma consentirebbe anche di far emergere lavoro nero». Stanno venendo al pettine anche i nodi della politica di incentivazione. «Gli incentivi possono dare un supporto importante alle politiche della crescita occupazionale e produttiva. Ma vanno mirati, privilegiando piccole e medie imprese. Ad esempio, un buon successo potrebbero avere i bonus per le assunzioni, magari limitandoli alle imprese minori: questa misura darebbe la spinta per nuove assunzioni e per il consolidamento di contratti oggi assai precari. E questo nello spirito della legge 30 di riforma del mercato del lavoro». E le cooperative? «Siamo pronti a fare la nostra parte per la crescita dell’economia, come del resto abbiamo sempre dimostrato di saper fare. Penso sarebbe opportuno un progetto organico di promozione del lavoro cooperativo, in particolare nel campo dei servizi alla persona. Chiediamo poi alcune cose che costano poco ma hanno un impatto immediati e significativo, in particolare nel Meridione. Ad esempio, la possibilità per i soci delle cooperative in difficoltà di destinare una parte del salario per l’aumento del capitale sociale della loro azienda. E poi, chiediamo di estendere il prestito d’onore anche ai giovani che decidono di mettersi in cooperativa: perché lasciare questa opportunità solo a chi si mette in proprio negandola a chi decide di associarsi per creare nuove attività?»
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