"Intervista" C.Saraceno: «Quella parola rossa sul calendario è la scansione del nostro tempo»
20 dicembre 2002 |
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Pagina 12 - Cronaca |
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L´INTERVISTA La sociologa Chiara Saraceno: la domenica è un ritmo millenario, difficile da cambiare per decreto "Quella parola rossa sul calendario è la scansione del nostro tempo"
"Se ciascuna categoria avesse un proprio giorno di festa sarebbe tutto più complicato" "Solo la contrattazione individuale di un giorno alternativo potrebbe aver senso" MARIA STELLA CONTE
ROMA - Chiara Saraceno cosa cambierebbe se improvvisamente dai calendari sparisse la parola domenica scritta in rosso, se diventasse un giorno in nero, come tutti gli altri? « Cominciamo col dire che il ritmo del tempo non è un rito che si cambia impunemente. I ritmi che abbiamo ora ci sembrano naturali, ma intorno ad essi ruotano simbologie, abitudini, tempi interiori. Non ci si deve stupire che ci siano conflitti di fronte alla possibilità di una nuova organizzazione del tempo». Anche perché l´Italia è un paese fortemente cattolico «No, non è solo un problema religioso, ma di una scansione temporale interiorizzata nei secoli: un tempo per lavorare, un tempo per riposare... Una scansione che fa parte di un´organizzazione antropologica del tempo, con un suo proprio ritmo non così facilmente modificabile per decreto. Un ritmo interiorizzato ma anche condiviso: tutti avevamo lo stesso "passo", il tempo libero coincideva e diventava tempo sociale, tempo familiare. Non solo individuale». Perché parla già al passato? «Perché ben prima che l´Unione ce lo chiedesse, qualcosa è cominciato a cambiare: dai trasporti, agli ospedali, ai negozi, alle farmacie... c´è stata sempre una maggiore richiesta di servizi "aperti" la domenica. Quindi sono molte le persone che svolgono lavori domenicali: una minoranza, sì, ma una minoranza in crescita». Proviamo a immaginare una famiglia senza una domenica uguale per tutti... «Difficile. Ipotizziamo che ogni categoria possa contrattare il proprio giorno festivo - scuole, banche, negozi, uffici pubblici... - la propria "domenica", beh sarebbe davvero complicato. I figli avrebbero giorni liberi diversi dalla madre che a sua volta li avrebbe diversi da quelli del padre. Certo, ognuno potrebbe ridefinire i propri ritmi individualmente, ma come famiglia non ne avrebbe più uno. Già ora, con l´autonomia scolastica e i periodi festivi che non coincidono da scuola a scuola, i genitori con due bambini hanno un bel da fare. Immagini dopo. La nostra vita diventerebbe ben più complessa». E dunque? «Dunque se ogni famiglia potesse scegliere la propria domenica, se ogni singolo cittadino, compatibilmente alle esigenze professionali, potesse scegliersi il giorno festivo, allora sì questa destandardizzazione della domenica potrebbe essere positiva. Ma se finirà invece che ciascuna categoria potrà negoziare il giorno di riposo, attenzione allora, perché l´organizzazione del tempo non riguarda solo il singolo individuo, la singola imprese o azienda, ma la connessione tra i singoli e tra gruppi. L´organizzazione del tempo è un fatto sociale che coinvolge non solo la famiglia, ma le coppie, le amicizie, i rapporti con gli altri. Il rischio dunque è di perdere non solo il ritmo del tempo interiore, ma del tempo comune». In un´Europa sempre più multietnica è sembrato giusto, tuttavia, togliere norme che definivano festiva la domenica, un giorno con forte valenza religiosa. «Per questo dico che se la contrattazione fosse individuale, cittadino per cittadino, forse potrebbe avere senso, anche se sarebbe un´impresa titanica per i datori di lavoro. Se invece tutto sarà affidato alla negoziazione tra le parti durante i rinnovi contrattuali, non vedo alcun progresso. Il diritto soggettivo non verrebbe per questo maggiormente tutelato, ma si terrebbe solo conto delle esigenze di quell´azienda o di quel gruppo di lavoratori, ignorando le esigenze sociali di incontro tra gli individui ai quali non resterebbe, se lo desiderano, che incontrarsi fuggevolmente nella notte».
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