20/9/2004 ore: 10:45
"Intervista" C.Jannotti Pecci: «Il federalismo turistico non rende»
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IL PRESIDENTE DI FEDERTURISMO CHIEDE UN COORDINATORE A LIVELLO DI GOVERNO PER IL SETTORE «Il federalismo turistico non rende» Jannotti Pecci: la promozione punta troppo sulle regioni ROMA SONO state fatte grandi campagne di promozione per la Sicilia e la Calabria, le Marche e il Trentino, e per tutte le regioni, ma l'Italia - vero marchio vincente del turismo nel mondo - è stata dimenticata. Così la nostra industria turistica, che da sola contribuisce al 12% del Pil, con un fatturato di oltre 150 miliardi di euro l'anno e una ricaduta occupazionale di 2,3 milioni di addetti, sta andando alla deriva. Domani a Genova si apre la prima grande conferenza nazionale del turismo che, d'ora in avanti si terrà ad anni alterni, per fare la diagnosi della situazione e trovare una terapia adeguata. Il turismo è materia di competenza regionale, ma si è capito che la situazione non si risolve senza il coinvolgimento dello Stato, quindi del governo. Per questo a Genova parleranno ministri come Claudio Scajola e Antonio Marzano ed è atteso anche - deus ex machina - il Presidente del Consiglio. Federturismo è l'associazione degli imprenditori del settore aderente a Confindustria che, insieme alle «consorelle» Confturismo e Assoturismo, è portatrice di una proposta per uscire da questo impasse. Ne parliamo con il presidente, Costanzo Jannotti Pecci. Di che cosa è malato il turismo italiano? «Io partirei dai sintomi: se guardiamo agli arrivi sono in continuo aumento dal '95 a oggi. Erano 31 milioni l'anno allora, sono 38 milioni e mezzo oggi. I saldi finali sono invece in costante crollo: erano 23 mila miliardi di lire nel '95, sono oggi 9,3 milioni di euro: un 25% in meno. Conclusione: i turisti si fermano di meno, i nostri prodotti non sono competitivi, la domanda interna non è stata più curata adeguatamente». Continuiamo la diagnosi: chi è che non viene più in Italia e perché? «Non viene più il turismo ricco, cioè quello americano, quello tedesco e quello in generale del Nord Europa. Quanto al perché, la risposta è multipla e comincio dalle ragioni secondarie: perché c'è stata una forte concorrenza da parte dei nuovi mercati (Cipro, Malta, il Nordafrica, i Paesi dell'Est), perché non siamo stati capaci di proporci ai mercati emergenti (tutta l'Asia ma in particolare la Cina), perché in alcuni casi i prezzi sono troppo alti...» Ma forse il problema maggiore non è questo? «Esatto: il problema dei problemi è che l'Italia non è stata promossa come tale. Da quando il turismo è passato di competenza regionale, il marchio Italia è diventato secondario rispetto a quelli delle singole realtà locali. Una vera catastrofe. Perché il turista straniero non vuole venire in Sardegna o in Valle d'Aosta o in Basilicata, per dire: vuole l'Italia. Ma l'Italia nelle grandi campagne promozionali non c'è. Mentre ci sono Cipro, Malta e tutti gli altri concorrenti». Fallimentare esempio di federalismo? «Non entro nel merito. Certo così non si può continuare». E allora cosa chiedete? «Abbiamo già chiesto, se è per questo. Il 30 aprile ci siamo riuniti noi rappresentanti dell'imprenditoria e delle regioni per suggerire al governo la trasformazione dell'Enit (l'ente nazionale per la promozione del turismo - ndr) in Agenzia che, d'accordo con gli assessori regionali, promuova l'immagine dell'Italia all'estero, con campagne forti e incisive. Il ministro Marzano sembrava aver recepito la nostra istanza, ma poi tutto si è bloccato». Volete resuscitare l'abrogato ministero del Turismo? «Serve un soggetto operativo forte, come potrebbe essere l'Enit trasformato in agenzia. Ma, indubbiamente, occorre anche un referente politico». Un viceminstro delegato, come per il Commercio con l'estero? «Oppure un sottosegretario alla Presidenza con delega al Turismo». Vi aspettate questo da Berlusconi? «Il Presidente ha detto che verrà soprattutto per ascoltare. Ma noi una proposta ce l'aspettiamo». Dica la verità: aspettate che appoggi la vostra proposta sull'Enit? «Ci aspettiamo che almeno la prenda in considerazione, come finora non è stato fatto. Ma bisogna fare presto. Temporeggiare è nocivo. O si decide prima del varo della Finanziaria, oppure l'anno venturo sarà peggiore di questo». |