
5/02/2004
Billè: «Le risse della politica mandano a picco l'economia» |
L'ira del presidente di Confcommercio sui Poli in lite. «L'euro ha impattato su un sistema ad alto grado di inefficienza» |
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«Primo punto: cominciamo a creare nel Paese tutte le infrastrutture che servono all'economia per affrontare la diversa e maggiore competitività dei mercati. Secondo: facciamo insieme - utilizzando il confronto e il dialogo, come il presidente Ciampi ci ha ricordato - un'iniezione di fiducia nelle famiglie che colpite nel portafoglio e nei risparmi continuano a non sapere più che da parte guardare. Terzo: rimettiamo la politica economica in testa alle vere urgenze di questo Paese e, da questo punto di vista, io continuo a non vedere qual è il modello di politica economica che vogliamo perseguire». Sergio Billè, presidente di Confcommercio, risponde all'equazione commercianti=carovita con una sua "ricetta" e soprattutto con j'accuse al sistema politico italiano. Presidente, l'inflazione cala ma voi rimanete sul banco degli imputati. «Senta. Piantiamola di inzuppare la politica nell'economia e di fare ogni giorno una sorta di maionese impazzita. Piantiamola con il quotidiano gioco dello scaricabarile che ormai caratterizza tutto il nostro quadro istituzionale. E piantiamola anche di prendercela sempre con i commercianti, come se il nostro sistema economico facesse acqua da tutte le parti solo per colpa loro. E' un po' come trovare l'untore di turno che è il colpevole della peste, mentre la peste sappiamo benissimo che ha altre origini». D'accordo non sarete gli unici colpevoli degli aumenti, ma è altrettanto vero che l'impatto con l'euro è stato pesante. E il commercio al dettaglio non lo ha certo agevolato. «L'euro in Italia ha impattato con un sistema ad alto grado di inefficienza. E siamo in grado di dimostrarlo. Il nostro sistema produttivo, avendo perso una larga parte delle esportazioni, ha scaricato - per quasi due anni - sui listini dei beni di consumo tutti gli aumenti necessari per ricostituire margini sufficienti di bilancio. Ma c'è di più». I servizi troppo cari... «Appunto. Infrastrutture di base e servizi, a causa della loro inefficienza, scaricano sulle imprese della distribuzione e sulle famiglie costi che sono mediamente superiori dal 30% alla media europea. Se non addirittura del 40%. Parlo, per esempio, delle tariffe elettriche. E invece che cosa fa la politica in tutto questo? Ci mette un altro carico da undici. Apre nuovi ed esplosivi terreni di scontro come la riforma delle pensioni che sta letteralmente terrorizzando la gente - i pochi consumi sono anche frutto di questo - e imbastisce riforme, come quella del federalismo, che restando a bagnomaria creano nuove difficoltà alle amministrazioni locali che, per necessità di bilancio, continuano a scaricare sull'utenza parte dei loro debiti». Presidente, facciamo un passo indietro. Lei ha affermato che l'euro ci sarebbe caduto addosso impattando con un sistema inefficiente e con insopportabili costi di gestione. Cosa intende dire? «Dopo l'11 settembre, l'euro era un lusso che allora non potevamo permetterci. Conoscevamo gli sforzi che erano stati fatti per raggiungerlo e soprattutto tutti i provvedimenti emanati erano nell'ottica di una fase espansiva dell'economia. Con la tragedia dell'11 settembre è successo tutto l'opposto. Gli americani, di fronte alla nuova realtà, hanno usato quello che potevano usare defiscalizzando all'interno, apprezzando e poi svalutando il dollaro come fanno anche ora: cercano insomma di definire la politica dei cambi direttamente negli Stati Uniti. Tutto questo è stato fatale per un sistema a metà come quello italiano. Ecco perchè parlo di lusso». Un lusso di allora, che oggi si sta faticosamente convertendo alla normalità... «Vero. L'inflazione sta rientrando e forse anche più in fretta di quanto si pensasse. Io stesso sono rimasto sorpreso dall'esito di questo mese. Naturalmente dalle solite parti, quelle che hanno enfatizzato il pur reale problema del carovita, si dice che è tutto falso. E invece l'economia comincia a dare qualche segno di concreta ripresa. Ma è meglio non dirlo». Perché? «Perché non fa gioco». E perché non fa gioco? «Perché ci sono le elezioni e soprattutto ci sono forti interessi, per i quali continua a valere il principio del "tanto peggio, tanto meglio". La gente abbocca e può elettoralmente pagare il fatto di continuare a dire che l'economia va a rotoli, che stiamo ormai in Argentina o da quelle parti». Presidente, il suo quadro è catastrofico... «Ma la gente comincia a essere davvero stufa di dibattiti virtuali che non servono a migliorare la sua vita e il suo potere di acquisto. Tutto il resto può aspettare, ma una cosa non può aspettare: è l'economia. La politica faccia i suoi conti e agisca. Perché ha ancora poco tempo per farlo. Questo Paese rischia davvero di perdere tutti i treni e non solo quello dell'Europa. Ha ragione il presidente Ciampi». E lei quale rimedio propone? «Lo sgonfiamento della bolla speculativa è un fatto certo ed inequivocabile che sta maturando nell'alveo di un tentativo di ripresa dell'economia internazionale che comincia a dare qualche forte segnale. Prendiamolo al volo anche in Italia». Come? «Essenzialmente attuando le tre cose che elencavo all'inizio». Quindi infrastrutture per sostenere la competitività, politica economica serie ed efficace, iniezione di fiducia alle famiglie. Ecco i tre punti, diciamo, del macro-sistema. Ma in piccolo, i commercianti potrebbero già fare qualcosa: per esempio, ripristinare il doppio prezzo. Non fosse altro per fare un po' di chiarezza nel consumatore... «Certo, farlo a due anni di distanza dall'entrata dell'euro mi crea qualche perplessità. All'epoca l'abbiamo chiesto espressamente. Ma con l'ingresso della moneta europea ci siamo trovati a far dell'altro e di più, dai cambiavalute agli informatori economici. Mentre altri Paesi hanno fatto dei programmi di formazione, noi non abbiamo ricevuto neppure il convertitore». Presidente, in concreto, è d'accordo o no sul doppio prezzo: euro e vecchie lire? «In ogni caso questo andrebbe fatto. Il commerciante, dal grande supermercato al piccolo ambulante, ha un solo patrimonio: il cliente. E se lo disincentiva è la fine. E questo dobbiamo capirlo». E allora la categoria che lei rappresenta perchè continua a non capire che gli orari liberi, i saldi più elastici, l'ampliamento meno burocratico delle superfici commerciali non sono il diavolo e la peste. In pratica perchè osteggiate il progetto Marzano? «Io non sono contro, lo giudico da federalista. Nel senso che sono tutti aspetti che sarà difficile "ristatalizzare". Mi spiego meglio: in questo settore è stata fatta una riforma. Quindi, o riformiamo la riforma e torniamo un passo indietro, insomma "ristatalizziamo" tutto, oppure sarà difficile che questa cosa, anche dal punto di vista costituzionale, possa arrivare a buon fine. Il rischio è proprio quello di restare a mezz'aria, mentre il mercato ha bisogno di regole aggiornate». Quindi? «Lasciamo fare le riforme alle Regioni. Caso per caso e completa autonomia nelle abitudini consumistiche». Sempre il ministro Marzano pare soddisfatto del lavoro dell'osservatorio sui prezzi nell'attuale contenimento dell'inflazione. Lei è delle stesso parere? «No, anche su questo ho forti perplessità. Perché l'osservatorio ha di fatto abilitato ad "osservare" settori non direttamente interessati al controllo dei prezzi. Mi piacerebbe che lo stesso potesse accadere, per par condicio, su altri settori. Cosa intendo dire? Se guardiamo anche all'Istat registriamo che i prezzi del supermercato sono rilevati mentre quelli dell'industria sono semplicemente comunicati. E questo non è un sistema per fare statistica corretta. Così come non possiamo costituire un osservatorio su un settore andando a chiamare soggetti che, con quel settore, hanno a che fare in maniera sporadica se non addirittura inesistente».
FAUSTO FINI
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