11/4/2007 ore: 12:04
"inMalattia" I medici: solo autocertificazione per i primi 3 giorni
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Pagina 27 - Cronache Iniziative e polemiche dopo l'intervento del giuslavorista Pietro Ichino solo autocertificazione per i primi 3 giorni di malattia Margherita De Bac ROMA — La considerano «una caccia alle streghe nel tentativo di attribuire responsabilità a chi non ne ha», ma i medici che si sentono «spesso incolpati fuori luogo» rilanciano e propongono l'autocertificazione per i primi tre giorni di malattia. La Federazione dei medici di famiglia (Fimmg) e lo Snami replicano al giuslavorista Pietro Ichino che sul Corriere ha sollevato il problema delle certificazioni facili, accusando i camici bianchi di assecondare con troppa facilità chi ha poca voglia di timbrare il cartellino. I medici respingono le accuse però cercano una soluzione: i primi tre giorni di malattia vengano auto-certificati direttamente dal lavoratore. «Avviene in tutti i Paesi europei — sostengono i leader delle due sigle, Giacomo Melillo e Pierferdinando Conti —. Ovunque si va a farsi visitare solo il quarto giorno». E' d'accordo Mario Falconi, presidente dell'Ordine dei medici di Roma, il più grande d'Europa: «Occorre una legge sull'autoreferenzialità delle assenze brevi. Così il problema verrebbe risolto almeno del 50 per cento (l'incidenza delle assenze brevi sul totale, ndr). Le assenze lunghe dovrebbero invece essere sorrette da diagnosi circostanziate. Dovremmo poi introdurre sanzioni per chi si ammala troppo spesso senza motivo e premi per chi non salta mai un giorno». Falconi poi fa un esempio: «Una settimana fa viene nel mio studio una guardia giurata. Mi dice: stanotte ho avuto dei dolori lancinanti qui, dottore, e ancora non mi sento bene. Gli ho dato tre giorni di prognosi. Perché avrei dovuto negarglieli? Anche se avessi avuto il sospetto di una finta malattia, non l'avrei mica spedito a presidiare l'entrata di una banca». Falconi quindi non è proprio d'accordo con le tesi di Ichino. Così come non è d'accordo il sottosegretario alla Salute Serafino Zucchelli, già segretario del sindacato degli ospedalieri Anaao-Assomed. Ragiona da medico: «Sono nettamente contrario a quanto sostiene Ichino — obietta —. Non credo che i mali della nostra economia e della società derivino dalla mancanza di laboriosità dei dipendenti. Ci sono abusi, casi di gente che svicola, è innegabile. Resto convinto però che i fannulloni non si recuperino setacciando le certificazioni, ma motivando i lavoratori. E questo compito spetta anche ai loro dirigenti, ne so qualcosa io come ex direttore di una struttura ospedaliera complessa». Ma Zucchelli non è nemmeno d'accordo con i colleghi sull'autoreferenzialità nelle assenze brevi: «Alcune patologie — argomenta —, come quelle psicosomatiche o il mal di testa, sono difficili da diagnosticare ma le altre si possono e devono verificare attraverso la visita». Insomma, l'autocertificazione potrebbe favorire ancora di più i «furbi» quando non è possibile fare una verifica. L'Emilia-Romagna contesta le argomentazioni di Ichino perché «da noi i nullafacenti sono una razza rara», assicura Alessandra De Palma, coordinatore dei medici legali della Regione. A lei spetta la gestione delle visite fiscali a domicilio: «Noi non riscontriamo discrepanza tra quanto viene scritto sulle certificazioni e diagnosi successiva. A mio parere però l'Italia non è culturalmente pronta ad affidare ai singoli cittadini la responsabilità di auto dichiarare la propria inabilità a recarsi in ufficio». De Palma cita il caso esemplare dei Paesi scandinavi dove l'attestato di indisposizione breve non è necessario, «ma nessuno si sognerebbe mai di darsi malato». Sorpreso dall'idea dell'autocertificazione Stefano Biasioli, segretario nazionale del sindacato autonomo Cimo (ospedalieri): «Il sistema dell'autoreferenzialità in Italia non funziona anche dove dovrebbe valere. E' un principio teorico visto che nella realtà devi mostrare ovunque i documenti. Al Nord la gente non resta a casa senza ragione». |