7/5/2007 ore: 10:43
"il manifesto" Cara Cgil, ascolta (V.Parlato)
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Pagina 11 - scritto&parlato Ciò premesso vengo a quelli che, sempre a mio parere, sono stati i gravi errori de il manifesto per il primo maggio. 1. Avere concesso al collettivo milanese MayDay ben due pagine del nostro giornale. In una giornata altamente simbolica come quella del Primo maggio, il manifesto deve soprattutto dire la sua. 2. Non avere ben distinto le pagine «appaltate» dalle nostre. Confondendo così, non dico il grano con il loglio, ma l'intervista di Loris Campetti a Vittorio Foa con la pubblicità di MayDay. 3. Non aver controllato (e bloccato) quel che ci arrivava dal collettivo milanese: la finta e derisoria pubblicità firmata con il logo della Cgil. Fatte queste obbligatorie autocritiche sono d'accordo con voi quando scrivete che di fronte a errori di tal peso non ce la si può cavare con convenzionali scuse. Ma non mi pare neppure utile arrivare a dichiarazioni di guerra e rotture definitive. Penso che sarebbe autolesionistico per tutti. Gli errori - ne ho esperienza e ne sono convinto - non sono mai casuali, frutto di una svista o di una disattenzione. Gli errori hanno una radice profonda nei soggetti che sbagliano e nella cultura corrente. Dobbiamo - noi de il manifesto innanzitutto - sforzarci di andare alla radice dell'errore e per questo cercare; «cercare ancora» ci diceva - anche se in altro senso - Claudio Napoleoni. Dobbiamo cercare quel che dentro di noi, nella nostra cultura, nel nostro leggere la politica non va e favorisce gli errori come quello del Primo maggio. E' con questo impegno che chiedo ai compagni della Cgil uno sforzo di comprensione. Ci conoscete, ci conosciamo da più di 36 anni e qualcosa dovremmo apprezzare, gli uni degli altri. Poi ci sono le lettere di quelli più o meno critici della Cgil e partigiani del gruppo del MayDay. Tutti possiamo essere criticati, anche la Cgil che pure il manifesto spesso critica. Ma a tutti loro dico che quando si critica bisogna avere la dimensione del problema. La questione del precariato è difficile e enorme. Dire «proletari di tutto il mondo unitevi» era molto più facile che dire oggi «precari di tutto il mondo unitevi». Il capitalismo è stato straordinariamente innovativo nelle forme dello sfruttamento, sul quale continua a fondarsi. Proviamo a fare un catalogo delle varie forme di lavoro precario che sfruttano egualmente l'immigrato che parla a mala pena la nostra lingua e il giovane raffinato intellettuale. Applichiamoci al problema invece di accanirci nella ricerca, inutile e dannosa, di un colpevole. Insomma: più inchiesta e meno insulti. Valentino Parlato
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