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mercoled? 24 maggio 2006
Pagina 8 - Politica
L’ULTIMO INVITO INASCOLTATO DEL PROFESSORE MOLTI I PRECEDENTI: DALLE CONFERENZE STAMPA DEL LUNED? DI D’ALEMA ALLE SFURIATE DI BERLUSCONI
Silenzio stampa, sogno impossibile dei premier
retroscena ANTONELLA RAMPINO
ROMA Silenzio, per favore. E meglio ancora: silenzio stampa. Come ha detto Prodi ieri: ?I ministri parlino solo per comunicare decisioni gi? prese in consiglio?. Erano le dieci e diciassette del mattino, in Transatlantico. Alle dieci e cinquantasei Vincenzo Visco, per quanto semplice vice-ministro, gi? comunicava: ?Reintrodurremo la tassa di successione e tasseremo le rendite?, certo non si tratta di priorit?, per?... Ma come, domenica si vota, Napoli, Milano, la Sicilia... gemeva il Professore.
Va detto che la mordacchia ai ministri ? l’Araba Fenice di tutti i capi di governo, Seconda e Prima Repubblica compresa. Un collega di Vincenzo Visco, un uomo d’ingegno duramente messo alle prova dalle notizie e dai documenti improvvidamente resi pubblici in materia finanziaria, aveva messo a punto un sistema che gli consentiva di approntare, almeno, qualche ritorsione: Bruno Visentini, delle carte che circolavano alle Finanze faceva fotocopie sottilmente modificate. Un aggettivo qua, un avverbio cambiato l?, un sinonimo e una diversa perifrasi e almeno riusciva a individuare il colpevole. Ma la mordacchia ai ministri, beh quella proprio non ? riuscita mai a nessuno. E il titolo ?L’ira del premier?, sottinteso contro i suoi ministri, ? nei giornali un eterno dej?-vu.
Il primo, come sempre in queste cose, fu Berlusconi. Non solo nel 2001, anche se in verit? per poche settimane, il portavoce Bonaiuti coordin? riunioni di tutti i suoi omologhi ministeriali per ?affinare la comunicazione?, un po’ come intende fare Prodi adesso. Soprattutto, nel 1994 il Cavaliere fece assurgere al rango di sottosegretario di governo il portavoce: si trattava di Giuliano Ferrara, e l’intento e la speranza evidenti erano che affidare la comunicazione a un’unica voce di tal peso servisse a mettere almeno un po’ in sordina tutte le altre. Non bast?, e non serv?, come ? noto.
E tra i tanti alti lari che l’ex premier ha lanciato nel chiuso delle mura di Palazzo Chigi, in particolare quando Lunardi pubblicamente disse che la mafia non si interessa di appalti, e quando Renato Ruggiero spieg? la ?sua? politica estera sul Corriere della Sera, si segnala un auto-silenzio stampa del 2001. Era il 29 d’ottobre, e sulla prima pagina del ?Foglio?, in primissima persona, Berlusconi spiegava d’essersi consegnato ?al diritto e al dovere di difendere la propria dignit?: in pratica, ?non parler? pi? coi giornalisti?. Due giorni dopo, era il 31 ottobre del 2001, campeggiava sempre sulla prima pagina del ?Foglio? una mega-intervista a Giuliano Ferrara di Berlusconi medesimo.
Va notato, a discarico di Prodi, che il tentativo di evitare che i ministri appena nominati facciano quel che paiono ritenere il motivo essenziale della loro fresca nomina, viene in genere effettuato non appena il governo s’insedia. In pratica: per stare ai tempi recenti, l’han fatto anche D’Alema, anche Amato, e naturalmente nel ‘96 lo stesso Prodi.
Lo stile di D’Alema sembra essere quello del ?parlare di meno e fare di pi?, o almeno questo ? il refrain ricorrente sulle note d’epoca. Fu D’Alema a inventarsi ?la conferenza stampa del luned?, talvolta anche in trasferta, Gallipoli o Palermo che fosse: il segnale, neanche troppo subliminale, ? del genere ?potete tacere, signori ministri, tanto spiego io cosa fa il governo una volta a settimana?. La prima di quelle conferenze stampa del luned? fu in proposito illuminante. Era il 30 ottobre del 1998, e a precisa domanda sulle voci che sortivano da vari ministri a proposito dei pi? vari provvedimenti D’Alema rispose: ?L’applicazione di questo metodo, al quale ero abituato per quanto attiene la vita politica, rischia di essere ancor pi? devastante quando attiene a cose che si misurano con gli interessi concreti di milioni di persone?.
Di Giuliano Amato non risultano particolari rimbrotti ai ministeriali, se non per via traversa: quando le cronache riportavano questa o quella presa di posizione di questo o quel ministro, l’allora premier se la prendeva con i giornalisti rei di ?non aver letto Habermas? (noto filosofo tedesco inaccessibile ai pi?), e dunque colpevoli di occuparsi di cose immeritevoli d’attenzione. Anche Amato, come Berlusconi, si impose un auto-silenzio stampa: quando si trattava di capire se sarebbe stato lui, oppure Rutelli, il candidato premier del 2001. ?Non ne parlo, cos? evitiamo di riempire un’intera pagina sui quotidiani di domani?. Almeno in quel caso, l’auto-silenzio funzion?.
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