"Governo" Lo strano sciopero degli avvocati (P.Ichino)
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mercoled? 12 luglio 2006
Pagina 1 e 36 - Opinioni
Lo strano sciopero degli avvocati
di Pietro Ichino
Strano sciopero, questo degli avvocati italiani. Uno sciopero che non produce perdite per chi lo pratica e neppure per il suo ?datore di lavoro?, ma fa danno soltanto a soggetti terzi e al corso della giustizia. L’avvocato ?in sciopero? continua a lavorare e a guadagnare nel chiuso del suo studio, con la possibilit? straordinaria di scegliere le udienze dalle quali astenersi, cio? quelle in cui ha interesse alla dilazione (per ottenere la prescrizione del reato, o per ritardare una sentenza civile che teme sfavorevole).
Dove invece l’interesse alla dilazione non c’?, allora l’avvocato pu? sospendere lo sciopero per la durata della singola udienza: un po’ come uno sciopero della fame che viene sospeso alle ore dei pasti. Gli avvocati che praticano questa assai discutibile forma di lotta intendono opporsi alle misure adottate dal governo la settimana scorsa, cui essi imputano di minare la figura tradizionale del libero professionista e il suo rapporto fiduciario personale con il cliente, favorendo l’avvento delle grandi legal firms all’americana. Si potrebbe obiettare loro che, nei due secoli passati, la difesa delle botteghe artigiane contro l’avvento della grande industria, o quella dei piccoli commercianti contro l’avvento dei supermercati, possono forse aver giovato agli stessi artigiani o piccoli commercianti, non certo alla grande massa dei consumatori. Ma la vera questione ? che le vecchie norme, in parte riformate dal provvedimento del governo, non garantivano affatto il modo d’essere tradizionale della professione forense e nemmeno la correttezza del suo esercizio.
Gi? da decenni, ormai, nel vigore del vecchio ordinamento, il modello delle legal firms ha preso piede anche da noi. Per altro verso si ? assistito a una perdita di prestigio del ceto forense, essenzialmente dovuta al fatto che agli avvocati seri e preoccupati soprattutto dell’interesse del proprio assistito sono venuti mescolandosi tanti avvocati che badano principalmente al proprio tornaconto, che considerano ogni pratica soltanto come occasione pi? o meno buona per tosare il malcapitato cliente, che delineano le proprie strategie e tattiche difensive essenzialmente in funzione del massimo possibile rigonfiamento della parcella, anche a costo di complicare le cose e di raddoppiare la durata dei processi. In tutto ci? i consigli dell’Ordine sono quasi sempre stati dalla parte dei propri iscritti; e stupirebbe il contrario, dal momento che nella loro composizione l’interesse pubblico e quello dei clienti non ha alcuna rappresentanza e la vecchia tariffa forense per molti aspetti ? strutturata in modo da favorire queste malversazioni.
Quanto al divieto della pubblicit? - ora abolito - esso era eccessivo in quanto impediva la circolazione di informazioni necessarie agli utenti per orientarsi tra le numerose specializzazioni ormai indispensabili per una assistenza legale efficace; esso inoltre favoriva i professionisti anziani rispetto ai giovani, i pochi famosi rispetto a tutti gli altri. Quel divieto, nato quando gli avvocati si contavano a centinaia e servivano solo ai ricchi, ? venuto assumendo un senso molto diverso da quando gli avvocati si contano a centinaia di migliaia e i servizi legali interessano a milioni di soggetti (non basta per? abolirlo: occorre sostituirlo con regole e controlli).
La verit? ? che il vecchio ordinamento non ha impedito una trasformazione della figura dell’avvocato nel senso di una assimilazione ai modelli anglosassoni; ma soprattutto il vecchio ordinamento non ? valso a salvaguardare il prestigio e l’affidabilit? del ceto forense. I molti avvocati seri e gelosi della dignit? della professione sono rimasti tali per virt? propria, andando controcorrente rispetto al degrado del costume professionale, non arginato dai consigli dell’Ordine. Lo stesso, presumibilmente, accadr? anche dopo questa mini-riforma, forse con qualche legittimo rimpianto per un vecchio codice deontologico ormai di fatto non pi? corrispondente alla realt?, ma con qualche incentivo in pi? alla celerit? dei processi e qualche immunit? in meno per gli avvocati che antepongono il proprio interesse a quello dei clienti. In ogni caso, il modello di avvocatura destinato a prevalere in Italia dipender?, molto pi? che dalla legge, dall’etica e dalla cultura degli avvocati stessi.
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