7/6/2007 ore: 12:29
"Gdo" La campagna dei cattolici: la domenica solo riposo
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Pagina 23 - Cronache Il sociologo De Masi: è un'impostazione ottocentesca ormai occupazioni e vacanze degli italiani sono spalmate su tutta la settimana la domenica solo riposo Una tendenza che sembra inarrestabile: secondo un sondaggio fatto pochi mesi fa dall'Università Bocconi, otto italiani su dieci i centri commerciali li vorrebbe aperti tutte le domeniche. Oggi lo sono 14 volte l'anno. Raddoppiando le aperture si creerebbero 9 mila posti di lavoro e un giro d'affari di 4 miliardi di euro. Ma la prospettiva va anche rovesciata. Per tenere aperti i centri commerciali la domenica (così come i ristoranti, ma anche gli ospedali, oppure per far viaggiare gli autobus) ci deve essere gente disposta a saltarla la festa. Nel nostro Paese sono in pochi a volerne sapere: lavora la domenica il 7% contro una media europea dell'11%, e punte che in Svezia superano il 20%. Indietro noi o troppo avanti loro? Il cardinal Ersilio Tonini fu tra i primi a sollevare il caso. Era il 1987, era vescovo di Ravenna, e il suo «mai di domenica» lo pronunciò dopo un incidente in fabbrica. «A prescindere dalla fede — dice — la domenica è il giorno della libertà, quando l'uomo diventa un fine e non un mezzo». Non bisogna lavorare, dunque? «Si può, ma cercando di ritagliare il tempo per stare insieme, per ritrovare il senso della comunità. La Chiesa non chiede mai l'impossibile». E questi benedetti centri commerciali? «È vero, sottraggono fedeli alla Chiesa. Ma bisogna avere inventiva: invece che maledirli, perché non andare a cercare fedeli anche lì dentro?». Il sociologo Diego De Masi, invece, sbuffa: «Apprezzo il richiamo, non bisogna pensare solo alla carriera e ai soldi. Ma questa divisione fra tempo del lavoro e tempo libero è ottocentesca: oramai non ci sono più i tornitori che quando suona la sirena escono dalla fabbrica. Si produce con il cervello, anche fuori dall'ufficio con il cellulare e il computer. Si lavora sempre e, chi può, si diverte sempre». |