28/9/2004 ore: 11:25
"Gdo 3" «Il cavallo di Troia può essere Auchan»
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«Il cavallo di Troia può essere Auchan» Gli esperti non credono a un ingresso diretto in Italia. Luca Pellegrini (Iulm): «Probabile che entrino nel gruppo francese che è già in Rinascente» Ma, insomma, arriverà davvero in Italia questo gigante della grande distribuzione, l’americana Wal-Mart? E siamo veramente alla vigilia di un grande sconquasso nella distribuzione made in Italy? Le condizioni, almeno a vederle dall’esterno, ci sono. Un sistema ancora arretrato; gruppi italiani di dimensioni piccole, se non piccolissime, nel confronto internazionale; una redditività che stenta. La grande attenzione-pressione sui prezzi esercitata dai consumatori (è dei giorni scorsi l’intesa governo-grande distribuzione per il blocco dei prezzi di 3 mila prodotti fino a fine anno), che impone un susseguirsi di offerte speciali per attrarre chi non intende spendere più ma che contrae i margini delle aziende. L’ascesa senza soste dei discount, »20% anno su anno. E, ancora, la concomitante messa in vendita di due dei principali nomi della grande distribuzione italiana, Rinascente (oggi al 50% ciascuno dei gruppi Ifil e Auchan) e Coin (da parte della famiglia omonima). Molti i rumors sul mercato, a partire da quello, che rischia di diventare storico, circa la vendita di Esselunga, uno dei gioielli della distribuzione del nostro Paese (cara soprattutto ai consumatori lombardi) intensificatosi dopo il brusco litigio tra il fondatore Bernardo Caprotti e il figlio Giuseppe, estromesso dal padre dalla carica di amministratore delegato. Una storia di famiglia come ce ne sono state tante nella vita imprenditoriale italiana (l’origine dei problemi di Coin, per restare alla distribuzione, è stato il disaccordo tra i fratelli Piergiorgio e Vittorio) e di cui ancora non si capiscono esattamente contorni ed esiti. Finora solo «al lupo, al lupo», domani? Le catene straniere - Auchan, Carrefour, Metro, Rewe - già oggi controllano un terzo del mercato italiano, il 32,1% secondo le analisi del Cescom-Bocconi e si concentrano nelle aree metropolitane del Nord. Se, poi, si guardano i numeri, non sembra esserci speranza. Anche escludendo il «peso massimo» Wal-Mart, il francese Carrefour, che è secondo nel mondo, fattura 70,5 miliardi di euro, l’olandese Ahold 62,7, la tedesca Metro 53,6, l’inglese Tesco 41,9 e giù giù, seguendo le classifiche stilate da Cies e M»M PlanetRetail, fino ai 27,6 miliardi di Auchan e ai 27,2 di Leclerc. Coop, che è la prima in Italia, ha un giro d’affari di 11 miliardi, Esselunga è a bella distanza con poco più di 4 miliardi (ma Caprotti possiede anche il 20% del Gigante, fatto che potrebbe rendere più interessante l’acquisizione del suo gruppo), la Pam della famiglia Bastianello ancora più lontana con 2,4 miliardi. «Io non credo che cambierà granché - dice Luigi Consiglio, socio di Gea, che da anni si occupa di grande distribuzione -. Questo è un mercato che in Italia è caratterizzato da grande staticità. Negli Stati Uniti è diverso, lì i negozi si chiudono. Se andiamo a vedere il passato, quante sono le famiglie che hanno ceduto? I Garosci che hanno venduto a Promodes, Brunelli a Carrefour. Ma sono pochissimi. Che poi tutti parlino e discutano è un’altra cosa». Anche Luca Pellegrini, docente di marketing allo Iulm e altro attento osservatore del mercato, ritiene che «no, non siamo alla vigilia di alcuno sconquasso. Non vedo come si possa attuare. I grandi cambiamenti avvengono quando qualcuno in qualche modo fa un salto di scala importante, ma come potrebbe essere in Italia? Auchan e Carrefour non si possono acquistare l’un l’altra per motivi di antitrust. Quanto a Wal-Mart ha dei format che non corrispondono ai nostri e sono difficili da realizzare. E, poi - continua Pellegrini - quello italiano è un mercato difficile, dove non si riescono a ottenere licenze». E, allora? E allora forse bisogna guardare altrove. E prestare attenzione a quanto sta accadendo su scala europea. «In passato ci sono state voci, mai smentite, di un’offerta importante di Wal-Mart per Auchan» ricorda Pellegrini. Non c’è stato seguito, ma è su questa scala che si potrebbe giocare la partita. In Europa Wal-Mart per adesso è entrata solo in Gran Bretagna (bene) e in Germania (con un po’ di problemi). Le manca la fascia mediterranea, attraverso Auchan potrebbe conquistarla. Differenti le questioni che riguardano in questo momento Rinascente e Coin. Per la prima, di cui è stata annunciata la messa in vendita due settimane fa, i più ritengono che alla fine sarà ceduta ad Auchan, tutta intera almeno in un primo momento per poi successivamente scorporarne alcuni rami d’azienda che non interessano alla catena francese. Il gruppo, d’altra parte, è già suddiviso per aree: Auchan con competenza sugli ipermercati, Sma sui supermercati, Rinascente/Upim sui grandi magazzini. Molte sono state le indiscrezioni su un possibile accordo tra il tessile di Rinascente e Coin, sul quale, però, potrebbero esserci problemi di antitrust, oltre che di sovrapposizione tra punti vendita. Per questo c’è anche chi ha ipotizzato un possibile management buy out da parte del gruppo di dirigenti di punta (presidente e amministratore delegato è Giovanni Cobolli Gigli). Il nodo comunque sarà il prezzo: come ha detto l’amministratore delegato di Ifil Daniel John Winteler «noi abbiamo delle cifre in testa come valutazione degli asset. Al di sotto di queste non vogliamo andare anche se l’offerta verrà da Auchan». E’ ormai avviata, invece, la procedura per Coin, oggi guidata da cugini Marta e Piero Coin. I quattro fondi che hanno presentato le offerte stanno guardando i documenti per fare, a fine ottobre, le offerte vincolanti. Tutte dovranno contenere la clausola del rientro nel capitale, con una quota di minoranza qualificata, della famiglia fondatrice. La speranza è un domani di seguire la strada già percorsa da altre famiglie, Pietro Barilla tra tutti: riprendersi l’azienda dopo averla ceduta. Maria Silvia Sacchi |