1/12/2005 ore: 12:07

"Finanziaria" Taglio Ici alla Chiesa, il conto si fa salato

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    giovedì 1 dicembre 2005

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    CONTI PUBBLICI SECONDO I CALCOLI DELLO STATO PONTIFICIO NON PAGHERANNO PIÙ L’IMPOSTA 130 MILA IMMOBILI CON UN AMMANCO PER I MUNICIPI DI UN MILIARDO
      Taglio Ici alla Chiesa, il conto si fa salato

      Stangata tra i 600 e i 700 milioni all’anno. Commissione tra Tesoro e Vaticano per fare chiarezza
        Alessandro Barbera
        Giacomo Galeazzi
          ROMA
          Da Loreto a San Giovanni Rotondo, da Padova ad Assisi ci sono sindaci che non dormono più sonni tranquilli. C’è chi ha scritto a Giulio Tremonti e chi ha chiesto udienza al Vescovo. Fatti due conti, la norma del decreto fiscale che da oggi esenta gli enti eccelsiastici dal pagamento dell’Ici mette nei guai i Comuni che fino a ieri contavano soprattutto su quelle entrate. «Non ci dovrebbero essere conseguenze perchè la norma è interpretativa», avevano rassicurato sia il Tesoro che la Ragioneria dello Stato. Non la pensa così l’Anci, che stima minori entrate per almeno 600-700 milioni l’anno, e nemmeno il servizio studi della Camera che lo ha scritto a chiare lettere nella sua relazione al decreto. Non lo pensano così nemmeno ai piani alti della Curia, dove sono preoccupati delle ripercussioni di immagine e stanno pensando di proporre al Tesoro l’istituzione di una Commissione mista che faccia chiarezza. Ambienti vaticani ammettono di aver fatto una stima superiore anche a quella dei Comuni: 130.000 fra immobili e terreni non dovranno più pagare l’Ici per più di un miliardo di euro. Cifra che, secondo una stima di ambienti del Tesoro, potrebbe salire ancora se si considerano i rischi legati alla restituzione di tre anni di pregresso.
            Il pacco natalizio per gli enti ecclesiastici (e non solo) è arrivato con poche righe al decreto fiscale: «L’area di esenzione disposta dalla legge istitutiva si intende applicabile alle attività indicate a prescindere dalla natura commerciale». Più semplicemente: se prima gli «enti non commerciali» non pagavano l’Ici solo per determinate attività senza fini di lucro, ora lo potranno fare per qualunque attività. L’ultima versione della norma (già inserita e cancellata da un precedente decreto) non prevede dunque l’esenzione solo per gli immobili degli enti della Chiesa cattolica e delle altre religioni, ma anche per gran parte di quelli del mondo no-profit. Dalle associazioni agli enti previdenziali per attività di vario tipo: «assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive».
              Al Comune di Roma hanno fatto i conti precisi di quanto ci perderanno: 16 milioni per il mancato gettito degli enti religiosi, altri 8,5 del non-profit. «E’ una stima molto prudenziale», dice l’assessore al Bilancio Marco Causi. Al Campidoglio stimano infatti altri nove milioni di evasione accertata (per gli immobili ora esentati) e il rischio-rimborsi per i tre anni precedenti. «Abbiamo escluso da questa stima Fondazioni ed enti previdenziali. In quel caso l’ordine di grandezza non sarebbe più delle decine di milioni, ma delle centinaia».
                La norma «lascia ampi margini di incertezza», ammette il sindaco di Ancona e responsabile Finanza locale dell’Anci Fabio Sturani. Lui non lo dice espressamente, ma fra i sindaci c’è imbarazzo su come gestire una norma che li mette contro le curie cittadine, e non solo. Sembra un paradosso, ma è così. Non solo non pagheranno più l’imposta gli «edifici di culto» in senso stretto (quelli erano già esentati), ma altre decine di strutture che con il raccoglimento e la preghiera hanno pochissimo a che fare: dagli ospedali privati agli ostelli e poi alberghi, ristoranti, scuole ed asili. Non pagheranno più nulla nemmeno le librerie religiose e i negozi di souvenir.
                  Secondo i tecnici della Camera c’è un effetto ulteriore: ad essere esenti non saranno più solo i proprietari degli immobili, ma i meri «utilizzatori», basta che abbiano la qualifica di ente «non commerciale». Tanto per fare un esempio: se un’associazione finora aveva pagato l’Ici per un locale adibito a pub, la norma così concepita non li obbliga a farlo. «Potrebbe avere effetti a catena», dice il tributarista Andrea Carinci, non del tutto convinto che possa essere interpretata fino a questo punto. Ma il rischio c’è. Così come quello di migliaia di ricorsi.

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