7/10/2005 ore: 11:50

"Finanziaria" Tagli per tutti tranne che per i ministri

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    venerdì 7 ottobre 2005

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    NELLA MANOVRA 2006 BRUNETTA: «LA RIDUZIONE ERA GIÀ AVVENUTA NEGLI ANNI SCORSI, ECCO PERCHÉ STAVOLTA SI È VALUTATO DI LASCIARLI INDENNI»

    Tagli per tutti tranne che per i ministri

    Anche la presidenza del Consiglio esente dalla riduzione del 10% e salgono i rimborsi elettorali

    ROMA
    L’elenco dei politici che si ritrovano decurtato lo stipendio del 10%, a leggere la Finanziaria di Tremonti, è davvero lungo: parlamentari, europarlamentari, sottosegretari, sindaci, presidenti delle province e delle regioni, presidenti delle comunità montane, presidenti dei consigli circoscrizionali, comunali, provinciali e regionali, e ancora i consiglieri circoscrizionali, comunali, provinciali, regionali e delle comunità montane. Nè ci si è dimenticati dei vari Consigli superiori della magistratura e persino del Cnel. Zac. Il governo gli ha tagliato via un decimo di stipendi o indennità. Non si è salvato nessuno. O meglio, no, a ben vedere, qualcuno s’è salvato: il governo medesimo. Il taglio, infatti, non si applica ai ministri.

    Tra i tecnici che spulciano la Finanziaria, specie quelli che vogliono male a Tremonti, si sprecano le ironie. «Si nota l’assenza dei ministri. Sono forse esclusi da questa misura? Si considerano un’eccezione?», chiede retorico Giulio Marcon, portavoce della Campagna Sbilanciamoci (un cartello di ong e di associazioni pacifiste che propugna una Finanziaria più «solidale»). «I conti sono taroccati, - rilancia il centro studi della Cgil - dal taglio del 10% sono esclusi il presidente del consiglio e i ministri».

    «Ce ne siamo accorti anche noi ecologisti - dice Maurizio Picca, di Legambiente - di questa strana dimenticanza. Tra l’altro, c’è un comma che già prevede dove confluiranno i risparmi effettuati da Camera e Senato, debitamente annunciati da Casini e Pera. Non una previsione o una parola sulla presidenza del consiglio. Nessun risparmio, da quella parte?».

    Pare proprio che gli stipendi dei ministri del governo Berlusconi, insomma, si salveranno dalla scure della «loro» Finanziaria. «Ma allo stipendio dei ministri fu dato un taglio consistente due o tre anni fa - spiega Renato Brunetta, consigliere economico di palazzo Chigi - e perciò questa volta si è valutato di lasciarli indenni». Interessante è ricostruire lo stipendio lordo di un ministro: se è un parlamentare, si articola su due voci principali (indennità di funzione e indennità parlamentare). La prima, nel 1997, era pari a 6,5 milioni di vecchie lire al mese, la seconda di 17,9 milioni. Quell’anno, poi, ci si preoccupò dei ministri non parlamentari, allargando anche a questi ultimi l’equivalente di un’indennità parlamentare. Nel frattempo i conti sono un po’ cambiati: ora si parla di 14 mila euro di stipendio a parlamentare.

    «Mi fa un po’ ridere - dice intanto Cesare Salvi, dei Ds - la demagogia di Berlusconi e Tremonti. Propagandano una Finanziaria che riduce i costi della politica, ma la verità è l'esatto contrario. Quello che era stato tolto con una mano ritorna, e con gli interessi, dall'altra». Salvi ha infatti scoperto che forse gli uomini politici si vedranno decurtato lo stipendio (complessivamente lo Stato dovrebbe risparmiare 23,4 milioni di euro), ma i partiti incasseranno molto di più (crescono i rimborsi delle spese elettorali 39,180 milioni di euro). «Come si vede, questo meno quello, il risultato è un aumento di circa 16 milioni di euro».

    Il trucco che Salvi ha scovato è legato al complicatissimo calcolo dei rimborsi elettorali. «Prego, cosiddetto rimborso. In verità è il finanziamento ai partiti che pure era stato escluso con referendum». In grande sintesi, i partiti hanno deciso di rimborsarsi un po’ di più e quindi hanno cambiato il metodo di calcolo. Prima si conteggiava 1 euro per ogni voto incassato. Tot a Forza Italia, tot ai Ds, e via così secondo le percentuali elettorali. Ad ogni elezione si rifà il conto. Dall’anno prossimo, secondo la nuova Finanziaria, si procederà diversamente: 1 euro per ogni elettore, astenuti compresi. Così la somma cresce un bel po’. E poi, naturalmente, la torta si ripartisce secondo percentuali di voto. Risultato finale: si passa da uno stanziamento annuale di 160 milioni di euro a 200 milioni. Moltiplicati per i cinque anni di una legislatura (tanto è evidente che, tra Politiche, Amministrative e Europee, si vota ogni anno), fa un miliardo tondo di euro per i partiti.
    [fra.gri]

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