25/11/2004 ore: 11:13
"Finanziaria 3" Il Cavaliere vuole ancora di più
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giovedì 25 novembre 2004 retroscena IL PRESSING DI BERLUSCONI SUL MINISTRO DELL’ECONOMIA, ACCUSATO DI ESSERE TROPPO PRUDENTE Il Cavaliere vuole ancora di più E prepara un messaggio a reti unificate Augusto Minzolini ROMA PARADOSSI di un’intesa che è fatta, anche se non lo si può dire. Silvio Berlusconi ancora litigava ieri pomeriggio con Domenico Siniscalco sull’entità delle risorse da impegnare per la riduzione delle tasse, ancora alzava la voce con il ministro dell’Economia e già, a quanto pare, si preparava ad annunciare la buona novella agli italiani con un messaggio a reti unificate: l’appuntamento dovrebbe essere per domani sera, alla fine del Consiglio dei ministri che dovrebbe varare il provvedimento. Finora se ne parla solo, ma il premier è convinto che sia opportuno rendere il più possibile efficace il messaggio sulla riforma fiscale per chiarire le idee ad un’opinione pubblica disorientata dagli «stop and go» degli ultimi mesi. Tant’è che a sentire qualcuno degli intimi, ci sta già lavorando e, comunque, molti dei suoi consiglieri sono convinti che un’operazione mediatica di questo tipo sia necessaria. «Sarebbe una buona cosa», conferma Fabrizio Cicchitto. «Sì, appena siglato l’accordo con gli alleati - osserva Ferdinando Adornato, che è un alfiere della proposta - un messaggio agli italiani in tv diraderebbe la confusione che c’è stata in queste ultime settimane». Il messaggio, appunto, come anche il «rimpasto». L’intesa deve ancora essere siglata e già il «rimpasto» di governo che la dovrebbe seguire sta prendendo forma. Accontentato Fini con la Farnesina, si alzano le quotazioni di una «vicepresidenza» a Marco Follini. «Io non l’ho mai esclusa a priori», ci tiene a precisare il diretto interessato. Mentre l’altro ministro «in pectore» che dovrebbe avere l’Udc, Mario Baccini, spiega: «Berlusconi deve dire apertamente se vuole Follini e me nel governo, oppure no. Di trattative non c’è più bisogno, dopo il vertice da Casini. Se verrà quella proposta, se il presidente del Consiglio chiamerà anche il segretario dell’Udc per completare il quadro, allora Follini che per il suo ruolo politico ha delle responsabilità, non potrà dire di no. Per cui è Berlusconi che deve dire quello che vuole, se no finisce tutto a barzellette». Ma l’intesa sul «taglio delle tasse», allora, è pronta oppure no? La verità è che nei fatti è già pronta e sarà siglata nel vertice di maggioranza di oggi. Naturalmente, è stata accompagnata da una serie di contorcimenti da parte di quelli che prima non la volevano e ora, invece, l’accettano. Ha cominciato Fini, che alla fine ha dato il primo via libera politico. Poi è toccato a Follini. In ultimo, è stato il ministro dell’Economia, Siniscalco, che ha trattato sulle modalità dell’intervento per rendere meno precipitosa la ritirata del «fronte del no». E il ministro dell’Economia non poteva che usare l’unica arma che ha, cioè i numeri. Ne è nato un braccio di ferro tra il Cavaliere, il suo partito e il ministro dell’Economia: il premier ha addirittura urlato in faccia a Siniscalco, nell’incontro che ha avuto ieri sera nel suo studio a Palazzo Grazioli. Berlusconi voleva un intervento più cospicuo (9 miliardi di euro), il ministro dell’Economia si è fermato ad un intervento nominale di 6 miliardi che in realtà, almeno per il primo anno, allo Stato costerà 4,5 miliardi di euro. Oltre non è andato. I motivi sono tanti e vanno al di là della questione dei numeri. Innanzitutto, se avesse trovato più risorse, un ministro dell’Economia che fino a dieci giorni fa diceva che l’intervento sull’Irpef non era possibile, doveva come minimo fare la valigie. In secondo luogo, come dice un autorevole esponente di Forza Italia intimo di Berlusconi, Siniscalco è «un Giano bifronte», cioè fa parte di quella particolare categoria della nomenklatura italiana che sta sul crinale dei due Poli: ieri era con D’Alema, oggi con Berlusconi, domani chissà. «Per cui - è il ragionamento dell’uomo del Cavaliere - deve assicurarsi il biglietto per un ritorno nel centro-sinistra. Di questa situazione, Berlusconi deve ringraziare chi ha portato Siniscalco al ministero dell’Economia, cioè quel genio di Tremonti». Per cui ha concesso un po’, ma non tutto. Al premier che gli faceva l’elenco delle risorse che avevano scovato i suoi tecnici nel bilancio dello Stato, che lo accusava di «non collaborare ma di creare solo problemi», di essere «un ragioniere più che un ministro», «di mettersi di traverso», l’altro ha risposto che con le risorse disponibili la manovra non poteva superare i 6 miliardi (4,5 reali) per quest’anno e prospettava un piano di questo tipo: un’intervento tutto sull’Irpef nel 2005; un altro di 7,8 miliardi di euro nel 2006, sempre concentrato sull’Irpef (6,6miliardi di euro) e il resto delle risorse per l’Irap; e altri 6,7 miliardi di euro nel 2007, cioè dopo le elezioni politiche. «Io - ha spiegato il ministro al premier - per trovare 6 miliardi mi sono dovuto arrampicare sugli specchi. Ora se me ne chiedete altri tre, mi mettete con le spalle al muro». Un ragionamento condito con la frase di rito ventilata in più di un’occasione in queste settimane: «A questo punto, se mi chiedete un euro di più, sono costretto a dimettermi». Inutile dire che Siniscalco stesso non ha mai creduto a quelle parole, che le dimissioni del ministro dell’Economia non ci saranno e che ci sarà un altro epilogo: oggi l’accordo sulle tasse verrà alla luce e forse nella nottata - come avviene in tutte le trattative - il Cavaliere sarà riuscito a strappare qualcosa in più al suo ministro dell’Economia. |