"Fazieide" «Attenti, non fate scelte avventate»
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mercoledì 21 dicembre 2005
Pagina 3 - Primo Piano
«SONO PREOCCUPATO PERCHÉ NON POTRÒ PIÙ DIRE LA MIA SULLA BANCA»
Il banchiere di Alvito «Attenti, non fate scelte avventate»
retroscena ALESSANDRO BARBERA
ROMA Le cronache ufficiali raccontano di un «lunghissimo applauso» dei tredici consiglieri. Un gesto di addio, un battimani inaspettato al termine di una riunione in cui si alternavano sentimenti opposti. Perché la riunione di ieri del Consiglio superiore della Banca d’Italia, se mai si fosse riunito con Fazio ancora in sella, è quella che avrebbe potuto ordire la congiura. «Il Governatore non l’ha mai creduto», racconta un amico. Fatto sta che a quella riunione lui non partecipa. E’ già un ex quando, in tarda mattinata, a presiedere il collegio sono Vincenzo Desario e gli altri due membri del Direttorio, Antonio Finocchiaro e Pierluigi Ciocca. Il trio che, fino a che il Governo non si metterà d’accordo, da ieri traghetta la Banca d’Italia nel dopo Fazio.
L’ex Governatore si palesa solo per il pranzo finale. Da un paio d’ore è già nella sua stanza che affaccia sull’angolo fra via Mazzarino e via Nazionale. Un buffet in piedi per scambiarsi gli auguri. Fazio è provato, «ma sollevato», raccontano alcuni. Saluta tutti senza distinzione. «Stiamo attraversando un momento difficile», dice ad alcuni. «Credo di aver fatto la scelta giusta. Di questi tempi è meglio che alla guida della Banca non ci sia una persona nella tempesta». L’ex Governatore parla anche con quei consiglieri che, come hanno riportato le cronache dei giornali, avrebbero incrinato le difese che finora avevano tenuto. La pattuglia degli imprenditori che al rincorrersi delle voci sulle inchieste giudiziarie si sarebbero convinti a cambiare opinione: da Zucchi a Montanari, e poi Possati, Pirri e Marsano.
Nei momenti più difficili le apparenze sono sempre rassicuranti. E l’espressione di saluto del Consiglio rassicura Fazio: «Tutti i consiglieri, singolarmente e collegialmente, hanno manifestato vive espressioni di stima, di apprezzamento e di gratitudine per l’opera svolta in oltre quarant’anni di impegno nell’interesse della Banca e del Paese». Che sia abbastanza da preludere alla nomina a Governatore onorario è presto per dirlo. Lo si saprà solo il 26 gennaio o giù di lì, nella riunione straordinaria che dovrebbe dire la sua sul suo successore. Nella storia della Banca d’Italia il titolo è andato solo a due ex: Paolo Baffi e Carlo Azeglio Ciampi. E non è ancora chiaro se il titolo possa andare contemporaneamente a due persone.
Mentre il gruppetto consuma il pranzo a Palazzo Chigi c’è la riunione del Consiglio dei ministri che sta decidendo gli emendamenti alla legge sul risparmio. Il testo che ne uscirà è molto diverso dalla bozza circolata. Il Consiglio superiore continuerà ad esistere, ma non sarà il collegio dei tredici a decidere il prossimo Governatore. Da organo deliberante verrà degradato ad organo consultivo. La parola decisiva sarà il frutto di un accordo fra Governo e Quirinale.
Dettagli a parte, Fazio ribadisce quello che aveva detto già il giorno prima ad alcuni amici che lo avevano chiamato: «Sono preoccupato per l’indipendenza della Banca. E soprattutto sono preoccupato di non poter dire la mia fino in fondo su quello che sarà il suo futuro». Fazio conosce benissimo tutti i suoi papabili successori. «Chi sarà sarà, vedremo». L’unica paura che ha è quella di «scelte avventate», tanto sul nome del candidato quanto delle regole che verranno. Una preoccupazione che subito dopo la decisione di lasciare aveva espresso al sottosegretario Gianni Letta. «Mi auguro che decidiate con serenità». E a giudicare dalle notizie delle ultime ore il governo sembra averlo almeno in parte ascoltato. Per almeno un mese la guida di Banca d’Italia sarà del suo numero due, quel Vincenzo Desario che durante la lunga carriera ha maneggiato alcuni dei dossier più delicati nella storia di Palazzo Koch: lo scandalo Italcasse, la vicenda Sindona, il commissariamento del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi. Dopo tutto cambierà. Tanto Desario quanto la pattuglia di fedelissimi dell’ex Governatore nel nuovo corso della Banca non ci saranno più. Gli uomini per i quali Fazio aveva ingaggiato una battaglia legale perché restassero oltre l’età della pensione se ne andranno tutti: da Vincenzo Catapano al silenzioso Bruno Bianchi. I corsi e ricorsi della storia dicono che il futuro di Bankitalia potrebbe essere scritto da uno dei due più autorevoli «Ciampi boys»: i cinquantenni Mario Draghi e Vittorio Grilli. Ma solo per sei anni. Rinnovabili una volta sola.
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