14/11/2005 ore: 11:40

«Farmacie, stop ai privilegi»

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    sabato 12 novembre 2005


    Pagina 18 -Economia e Finanza

    DENUNCIA - IL PRESIDENTE DELL’ANTITRUST: «FANNO RESISTENZA ALL’APERTURA DEL MERCATO, E GLI ITALIANI PAGANO. DIALOGO IMPOSSIBILE»

    «Farmacie, stop ai privilegi»

    Per Catricalà lo sconto del 20% sui medicinali generici dovrebbe arrivare al 50
      Giacomo Galeazzi

      ROMA
      La categoria dei farmacisti è la «più arroccata a difesa dei propri privilegi» e fa contare il consenso che garantisce ai politici, così i costi ricadono sulle tasche dei cittadini e il prezzo dei farmaci generici è molto più alto che nel resto d’Europa. Dopo il ministro della Salute Francesco Storace, a puntare l’indice contro il monopolio delle farmacie e il «caro-medicinali» è il presidente dell’Antitrust Antonio Catricalà. «Oggi i generici, o equivalenti, costano solo il 20% in meno rispetto a quelli “griffati”- accusa il presidente dell’Autorità che vigila sulla concorrenza- il loro prezzo, invece, potrebbe essere inferiore del 50 o 60%». Negli altri paesi, il farmacista guadagna soprattutto sul pezzo del prodotto venduto e solo in parte sul suo valore: «In Italia accade esattamente il contrario, perché qui maggiore è il valore del farmaco, maggiore è il guadagno per il farmacista». Un sistema, denuncia Catricalà, che «bisogna assolutamente cambiare perché il farmaco è un prodotto essenziale». Intanto, però, resta bloccata la liberalizzazione. I farmacisti fanno resistenza all’Antitrust sulla proposta di vendere al supermercato le medicine da banco, quelle per cui non serve ricetta. «Con i farmacisti è impossibile avere un dialogo- lamenta Catricalà - non siamo riusciti a far passare né la vendita dei farmaci nei supermercati sotto la supervisione dei farmacisti, né i distributori automatici». Poca competizione, insomma, e prezzi alti. «Se si allargasse la torta, se ci fosse più mercato, i vantaggi sarebbero notevoli», osserva Catricalà.

      In Italia le norme prevedono una farmacia ogni 5000 abitanti nei comuni con una popolazione fino a 12.500 abitanti e una farmacia ogni 4000 abitanti negli altri comuni fissando la distanza minima tra una farmacia e l’altra di almeno 200 metri. L’Autorità garante della Concorrenza ha emesso un parere proprio sulle farmacie: dice che le limitazioni quantitative dell’offerta basate su un andamento ipotetico del mercato dovrebbero essere abolite, parere di fatto orientato verso la liberalizzazione delle farmacie. I titolari di farmacia sono poco più di 16mila, e dal 1990 le venti proposte di legge che hanno cercato di riformare l’accesso alla professione - rendendolo meno difficile - sono tutte naufragate. Federfarma, l’associazione che riunisce i titolari di farmacie, dal canto suo, sostiene la bontà del sistema italiano, che prevede appunto una pianta organica delle farmacie per controllarne la distribuzione.

      Il servizio offerto, sostiene, è in linea con quello dei principali Paesi europei, e vanta una farmacia ogni 3.500 abitanti: «La liberalizzazione provocherebbe una concentrazione delle farmacie nei centri urbani e uno spopolamento delle periferie». In realtà, ci sono casi di regioni in cui c’è una farmacia ogni 50mila abitanti e neanche con i concorsi si riesce a garantire il decentramento. Sui prezzi, poi, i farmacisti ribattono all’Antitrust confermando l’impegno della categoria ad abbassare i prezzi dei medicinali. «L’80% delle farmacie già praticano lo sconto sulle medicine - sostiene il segretario di Federfarma Franco Caprino - la questione dei “generici” è tutt’altra. I farmaci non “griffati” dividono gli italiani a metà». Quando i farmacisti informano i pazienti sulla possibilità di acquistare un generico, meno costoso rispetto alla specialità di marca, il 50% dei clienti rifiuta.
        A volere il medicinale dal nome conosciuto, spiega Caprino, sono soprattutto gli anziani. Una spiegazione che non convince, però, le associazioni di tutela dei consumatori che invocano la vendita delle medicine nei supermercati «così da consentire forti sconti che non sarebbero più a discrezione dei singoli farmacisti». Nel frattempo il decentramento delle farmacie incappa in una serie di pastoie burocratiche e amministrative senza fine.

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