"Europa" Ahold, un caso Enron in Olanda

25/2/2003
IL NUMERO TRE MONDIALE DELLA DISTRIBUZIONE AMMETTE DI AVER GONFIATO DI MEZZO MILIARDO DI DOLLARI GLI UTILI 2001 E 2002. VIA I TOP MANAGER Ahold, un caso Enron in Olanda Bilanci truccati per il gigante dei supermercati
MILANO Un nuovo caso Enron nel cuore dell´Europa? Troppo presto per dirlo, ma certo l´annuncio dato ieri dalla olandese Ahold, risveglia gli incubi peggiori delle Borse di mezzo mondo. Il gruppo, il terzo al mondo attivo nella grande distribuzione, ha ammesso di aver messo in bilancio negli esercizi 2001 e 2002 utili per oltre 500 milioni di dollari (pari a circa la stessa cifra in euro) che in realtà non c´erano mai stati. Dopo l´annuncio ha bruciato in una sola seduta quasi due terzi della sua capitalizzazione. Fino a ieri mattina la Ahold era uno stimato colosso dei supermercati, quotato alla Borsa olandese, che dalla sede centrale di Zaandam, un sobborgo di Amsterdam, movimentava un fatturato di oltre 70 miliardi di dollari proveniente per la metà circa dagli Stati Uniti, dove possiede tra l´altro le catene Stop & Shop e Carlise. Una multinazionale modello che nella sua «missione» aziendale cita la creazione di valore a lungo termine ma anche la Carta dei diritti fondamentali delle Nazioni Unite. Ieri, però, il giocattolo si rompe alle dieci di mattina, quando i vertici della Ahold danno inizio a una conferenza telefonica con gli analisti. «Gli utili netti e l´utile per azione - spiega un comunicato calcolati in base agli standard contabili statunitensi e a quelli olandesi - saranno significativamente inferiori rispetto a quanto indicato in precedenza» per il 2002. Un incidente «dovuto principalmente alle stime eccessive» sugli profitti della controllata Us Foodservice. Secondo la Ahold, e basandosi solo sulle prime rilevazioni effettuate dal revisore contabile Deloitte & Touche «l´utile operativo 2001 e l´utile operativo previsto per il 2002 sono stati sovrastimati di oltre 500 milioni di dollari». I bilanci degli ultimi due anni, insomma, vanno rivisti. E come se non bastasse alle irregolarità della controllata Usa si aggiungono altre «distrazioni». La Ahold dovrà consolidare solo in parte - e non più completamente - alcune joint venture e annuncia che è in corso un´indagine anche sulla sua filiale argentina Disco, ma «dato che l´indagine è ancora in corso la Ahold non può ancora quantificare l´impatto finanziario di questi problemi». Una doccia gelata per i risparmiatori olandesi - la holding dei supermercati è stata fino a ieri un titolo apprezzato anche dai piccoli azionisti nonostante nell´ultimo anno avesse già emesso due profit warning - per i grandi nomi come Ing e Fortis che compaiono a libro soci, per i mercati finanziari di mezzo mondo, per le autorità di vigilanza sulla Borsa che scoprono ancora una volta come sia solo un´illusione pensare che l´Europa possa essere immune dal contagio di casi simili a quelli di Enron o di WorldCom. Così, come prima misura, cadono le teste più importanti del consiglio: Cees van der Hooven, presidente e amministratore delegato, e Michael Meurs, vicepresidente esecutivo e responsabile della finanza si dimetteranno al più presto. Sulla ordinaria amministrazione vigilerà Henny de Ruiter, presidente di un consiglio di sorveglianza che fino ad ora, evidentemente, non ha svolto il suo ruolo in modo impeccabile. E ancora, per tamponare la situazione, e rassicurare i mercati, la Ahold annuncia che ha ottenuto una linea di credito da 3,1 miliardi di euro da un consorzio di banche. Ma l´effetto della notizia sui mercati è comunque pesantissimo. Ad Amsterdam il titolo perde in un solo botto il 63% e affonda l´intero listino (-5,38%) propagando il suo effetto depressivo a tutte le altre piazze europee. Anche le agenzie di rating prendono atto della situazione. Standard & Poor´s riduce il suo giudizio sul debito a BB+, spostando così le emissioni Ahold nella categoria dei junk bonds, mentre Moody´s annuncia che potrebbe fare presto la stessa cosa. Il caso Ahold riaccenderà di sicuro le polemiche sulle regole contabili e le nome di corporate governance adottate dai paesi europei. Proprio ieri, parlando a Washington, il Commissario europeo responsabile per il mercato interno - l´olandese Frits Bolkestein - ha spiegato che la Commissione è ormai prossima a presentare le sue proposte sul tema. Quello che arriverà non sarà certo un codice comune per i paesi dell´Unione - che contano fra di loro circa quaranta differenti sistemi di corporate governance - anche se ieri Bolkestein ha spiegato che «un certo numero di regole fatte su misura potrebbe essere necessario».
Francesco Manacorda
|
|
Per offrire una migliore esperienza di navigazione questo sito utilizza cookie anche di terze parti.
Chiudendo questo banner o cliccando al di fuori di esso, esprimerai il consenso all'uso dei cookie.
Per saperne di più consulta la nostra Privacy e Cookie Policy