10/5/2006 ore: 11:00
"EtMaintenant..." L'altro Giorgio tra poesia e teatro
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Prima Pagina e Pagina 1 - Interni Politico gelido ma cuore d?artista ecco il Napolitano attore e poeta Da "guaglione" recitava Joyce e commedie napoletane Nella sua recente autobiografia, Dal Pci al socialismo europeo (Laterza, 2005), Napolitano accenna appena alla passione giovanile per il teatro: ?Mi cimentai anche in un esperimento di regia?. In realt?, ancora liceale, ma gi? studente prodigio, si offr? alle muse del teatro come interprete. ?Credo si chiamasse Viaggio a Cardiff, di William Butler Yeats, la pi?ce che Giorgio Napolitano recit? da protagonista, con successo sul palcoscenico del Mercadante di Napoli?. Cos? il futuro segretario di Togliatti, Massimo Caprara ricorda nei suoi Ritratti in rosso (Rubbettino, 1989) la performance di quel ragazzo di qualche anno pi? giovane: ?Misurato, forbito, la fronte gi? ampiamente stempiata, s?accattiv? le mie attenzioni di regista principiante, e da allora mai pi? interessato, mai inducendomi a richiamarlo per qualche sciatteria, imprecisione: per natura autorevole, fu, al tempo stesso, scopritore, in quanto buon conoscitore della lingua inglese, ed interprete convinto del testo, complicato dai raffinati stilemi del poeta irlandese?. E in fondo c?? gi? tutto il personaggio, compreso il tratto britannico, ma pure il suo contrario. E quindi, se si vuole, il felice enigma di Napolitano. Poco meno che ventenne, ma ovviamente gi? professionalissimo, svolazzava dai simbolismi di Yeats, Joyce, Auden ed Eliot agli umbratile fremiti della Napoli umbertina di Salvatore Di Giacomo. "Nu guaglione fatto a viecchio", un giovane attempato (come si diceva di Spadolini): cos? lo definiva negli anni ?40 il futuro scrittore Luigi Compagnone, che pure prov? a fargli declamare, a occhi chiusi, la parte appunto di un non-vedente in una commedia di Di Giacomo titolata appunto E cecate ?e Caravaggio. Lo fece molto bene, al solito. Forse troppo. Ancora Caprara ricorda infatti: ?Dicitore con gusto, lo sentii recitare, ritto ed elegante in mezzo al salone a strapiombo sul mare di Mergellina della villa Lucia al Vomero, alcuni versi malinconici?. Fino a quando, prosegue il racconto con qualche malizia, non venne fermato da ?un versaccio sconcio e perentorio? dedicatogli da un pittore comunista. Ora, a parte le pernacchie, che non mancano mai a nessuno, se c?? un politico razionale e severo, un leader a sangue freddo, alieno da euforie e tristezze, nonch? asperrimo nemico dei cortocircuiti emotivi della politica spettacolo, ecco, ? proprio Napolitano. Eppure il fatto che sia stato attore, oltre che regista e critico cinematografico, lo stesso suo tratto signorile, l?incedere solenne, il vocione tonante lo pongono in una dimensione in cui la letteratura e lo spettacolo s?intrecciano con la vita vera. E infatti di lui si parla in quel bellissimo e drammatico libro di Ermanno Rea che ? Mistero napoletano (Einaudi, 1995), storia di un amore tormentato fra comunisti, concluso con un suicidio. Cos? come lo si sarebbe potuto tranquillamente rappresentare in quel bel film di Martone, "Morte di un matematico napoletano", dedicato a Renato Caccioppoli di cui Napolitano era, come tanti della sua generazione, piuttosto amico. Un commediante, dunque, divenuto per sempre estraneo alla commedia; un testimone di vicende ardenti e tragiche fattosi impassibile governante; un politico serio come pochi altri, per? come nessun altro segnato da una occulta vena di spleen. Nasconderla, per Napolitano, deve essere stato un obbligo e al tempo stesso un dolore, una prova d?orgoglio e una fatica da cani. Quando si sciolse il Pci, anzi dopo che il Pci si era gi? bello e sciolto, accenn? ai ?profondi turbamenti? di chi aveva assecondato quel processo anche se, volle aggiungere in terza persona, ?non ha ritenuto di doverli esibire?. Nel gennaio del 1997, proprio quando si trovava a reggere il Viminale, venne fuori che non aveva mai smesso di scrivere poesie: in napoletano. Poesie che poi lui stesso traduceva in italiano, ed altri addirittura in inglese, e che uscivano in raffinate edizioni, pure con la premessa di Tullio De Mauro, ma con lo pseudonimo di Tommaso Pignatelli. Fu la rivista Poesia a rivelare l?identit? dell?autore della raccolta Pe cupi? ?o chiarfo, che vuol dire "Per imitare il temporale". Lui si limit? ad ammettere a mezza bocca, come vergognandosene. Gli chiesero il perch? dello pseudonimo e rispose in un modo che resta impresso per la pi? romantica ingenuit?: ?Perch? col mio nome avrebbero dedicato al libro servizi e recensioni, e mi avrebbero dato premi. Senza il mio nome, invece, il libro sta vivendo la sua vera vita, fatta di sensi, di entusiasmi, di interesse vero?. Strano paese, l?Italia. Ma anche strana figura, Napolitano. C?erano la mafia, la criminalit?, gli sbarchi degli immigrati e questo ministro degli Interni - forse il migliore degli ultimi trent?anni - che di nascosto intrecciava pregevoli versi sulla madre che scendeva dalla Vesuviana con "una coppia di ciliegie tra i capelli" ("?na par?glia e cerase ?ncopp? e z?rule"), o sul "sapore dolciastro" di Napoli, sul vecchio Shakespeare; e arrivava a strattonare la morte con parole che mai avrebbe pronunciato davanti ad alcuno: ?Vorrei aprirle le palpebre a quella puttana/ sono stato anni a vegliare/ gli scarti e le sue dimenticanze/ per trarne qualche peccato,/ e, al momento opportuno, metterglielo nel sedere. Diavolo!?. E tuttora ci si chiede come tutto questo sia stato possibile; come Napolitano sia riuscito a tener separati i vari ambiti non tanto della sua lunga carriera, quanto della sua stessa esistenza, e soprattutto in un momento in cui nella vita pubblica si perdeva il senso dei confini, delle distinzioni, e tutto prendeva a vorticare in una caotica e pittoresca paccottiglia. Perch? si sa: le apparenze ingannano. Ma forse ? proprio per questo che quel comunista freddo, non di rado accusato di non avere cuore, n? slanci, resta in realt? un uomo difficile da classificare; e a pensarci bene fin da quando, a una festa dell?Unit?, per ripararsi dal sole si fece un bel berretto con la carta del giornale e se lo schiaff? in testa, tipo muratore, per giunta davanti agli obiettivi dei fotografi. Dietro la maschera d?impassibilit?, il personaggio sembra possedere in effetti una sua segreta ironia. Una volta present? a Marta Marzotto il comandante partigiano Vittorio Vidali, un triestino tosto, con basco e giacca di pelle, nome di battaglia "Carlos"; ma poi in un libro lei sostenne di essere entrata in contatto con quell?altro "Carlos", detto "lo Sciacallo", il pi? pericoloso dei terroristi internazionali allora in circolazione. Ebbene, la messa a punto di Napolitano - l?ennesima di una fantastica serie che denota una pignoleria che non ha pari nell?universo politico - ? un documento esemplare del suo umorismo glaciale e il pi? delle volte inimmaginabile. Cos? come era poco in linea con lo stile del personaggio la guida assai allegra che spesso mostrava al volante, per i lungoteveri, con uso disinvolto del clacson, anche a due mani. Per non dire l?arrabbiatura che sempre per ragioni di traffico riusc? un giorno a prendersi nella piccola isola di Stromboli al volante di una specie di "apetta", seguito da due agenti di scorta in Ciao. |