31/5/2006 ore: 11:52
"Elezioni" Milano, lo sfogo di Ferrante
Contenuti associati
Pagina 6 - Primo Piano ?Qualcuno ha remato contro? MILANO Il primo atto da ex aspirante sindaco di Milano ? un gesto garbato, un mazzo di fiori a Letizia Moratti accompagnato da un biglietto di congratulazioni: ?E’ cos? che si fa tra persone civili?. Il secondo atto di Bruno Ferrante nella sede del suo ufficio elettorale dove gi? ? spuntato il cartello ?affittasi?, ? sempre garbato ma con una punta di amarezza verso la coalizione che lo sosteneva: ?Si poteva vincere. Ma non tutti i partiti del centrosinistra ci hanno creduto fino in fondo. E’ mancato un po’ di entusiasmo. Io ce l’ho sempre avuto. E’ stato un confronto giocato alla pari...?. A parte le sensazioni accumulate in campagna elettorale, ci sono i numeri che sembrano dare ragione all’ex prefetto. Il divario tra centrosinistra e centrodestra ? il pi? contenuto degli ultimi anni. La lista civica Ferrante prende due punti in pi? di quella del neosindaco della Casa delle libert?. Delle nove zone in mano al Polo dopo il voto del 9 aprile, un quartiere, Garibaldi Niguarda, anche se di pochissimo passa al centrosinistra. Un risultato gi? per questo soddisfacente e che a tutti fa dire che non c’? stata la tanto annunciata riscossa di Silvio Berlusconi dopo la vittoria di Romano Prodi. L’entusiasmo Ma questo non basta all’ex prefetto, sceso in campo ?per spirito di servizio?: ?Il risultato delle elezioni di aprile a Milano ha fatto venire meno un po’ di entusiasmo a qualcuno...?. Pi? difficile vincere allora, nella citt? del Caimano. Pi? difficile vincere, con le forze in campo: di l? Berlusconi, Bossi, Fini e Casini due volte a Milano e 3 milioni e mezzo di euro messi sul piatto; di qua i vertici dell’Unione impegnati a Roma nella formazione del governo e solo 600 mila euro da investire in campagna elettorale. ?All’inizio non avevo un euro, un telefono, un ufficio, un collaboratore. Ma non ho mai avvertito il peso della sconfitta?, spiega Ferrante mentre racconta della telefonata di consolazione arrivata nella notte da Piero Fassino ?e tanti altri, ma non Romano Prodi?. Il garbato j’accuse del candidato del centrosinistra a Milano trova pi? consensi che smentite. Franco Mirabelli, segretario provinciale dei Ds, concorda ma salva il suo partito: ?Ferrante ha ragione. Noi abbiamo fatto il nostro lavoro. Ma una parte del centrosinistra si ? rassegnata quasi subito?. E poi salva il presidente del Consiglio: ?Romano Prodi era impegnato nella formazione del governo, ma la sua prima uscita ? stata a Milano...?. Nando Dalla Chiesa, sottosegretario e leader della Margherita in citt?, era stato il primo a dire che hanno pesato sul voto ?le prime prove del governo?. Adesso spiega meglio: ?Mi riferivo all’immagine data dal centrosinistra dopo il voto di aprile: i franchi tiratori, il litigio continuo, lo scontro sui ministeri e sui posti chiave... E poi s?, c’? anche un dato geografico: la classe dirigente nazionale dell’Unione viene tutta da Bologna in gi?. Questo ha certamente influito...?. Qualcuno se la prende anche con l’efficacia del candidato. Rispunta il nome di Umberto Veronesi, la prima scelta del centrosinistra milanese, impallinato da veti incrociati prima ancora di accettare. ?Con lui si vinceva. Ferrante ? stato poco credibile. Si ? messo nelle mani di un gruppo dirigente diessino che l’ha consigliato male?, analizza Roberto Biscardini della Rosa nel Pugno. ?Dopo il voto di aprile a Milano, c’? stata molta rassegnazione. Non lo so se la presenza pi? attiva di Prodi, Fassino o Pecoraro Scanio avrebbero spostato l’attenzione?, ? convinto Carlo Monguzzi, presidente dei Verdi. Al massimo, per lui, Bruno Ferrante ha peccato di qualche ingenuit? per l’assenza di una corretta interpretazione del territorio: ?A Milano ? forte il popolo della partita Iva. Il problema sicurezza ? al primo posto. Bruno Ferrante con qualche sua uscita ha fatto troppo l’uomo di sinistra e poco il Prefetto?. Nell’ala sinistra della coalizione c’? chi non la pensa cos?. Augusto Rocchi, segretario milanese di Rifondazione comunista, il primo a sostenere che per trovare i motivi dell’insuccesso della coalizione bisognava guardare dentro l’Unione e non altrove, insiste su questo punto: ?Siamo stati in pochi, forse solo noi e i Ds, a spenderci in campagna elettorale per sostenere che con una mobilitazione pi? incisiva ce la si poteva fare. Troppi dirigenti della coalizione dicevano che non c’era nulla da fare, che a Milano non si vince... Alla fine si ? rincorso solo il centrodestra. E’ mancato un progetto forte, alternativo. E a molti ancora una volta ? mancata la voglia di vincere?. |