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"Dossier" Tra i dalemiani spuntano sospetti

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    giovedì 7 giugno 2007

    Pagina 9 - Primo Piano



    IL RETROSCENA

    Tra i dalemiani spuntano sospetti
    «Qualcuno trama contro di noi»

    Francesco Verderami
      ROMA — D'Alema è da Prodi a Palazzo Chigi, quando al Senato si riunisce una sorta di comitato d'emergenza dei Ds. Nelle stanze della capogruppo dell'Ulivo Finocchiaro, Fassino è a colloquio con il tesoriere del partito Sposetti e con il senatore Calvi, che è l'avvocato storico del partito. La giornata più drammatica per la Quercia è appena iniziata: sulla Stampa i dirigenti diessini hanno appena letto di un dossier in cui si parla di presunti conti segreti di D'Alema in Brasile, mentre dal Corriere sono venuti a sapere che a Milano il gip Forleo — a cui è affidata l'inchiesta sulle scalate bancarie, compresa quella di Unipol a Bnl — intende togliere il segreto sulle intercettazioni telefoniche che riguardano molti politici, compresi i vertici del Botteghino: da Fassino a D'Alema a Latorre.

      Sposetti non c'è più quando Mastella entra nel salottino della Finocchiaro. Il ministro della Giustizia scorge la maschera terrea del leader ds, ma è solo Calvi a parlare. Nel mirino dell'avvocato c'è la Forleo: «Lei non può mettere le intercettazioni a disposizione, senza aver ottenuta una preventiva autorizzazione dalle Camere. Questa è una grave lesione delle prerogative parlamentari». Il Guardasigilli ascolta, poi vede che gli sguardi si concentrano tutti su di lui, e ne intuisce il motivo. «Sia chiaro — dice Mastella — che non muoverò un dito finché non verrò investito dai vertici istituzionali della faccenda. Allora, solo allora, eserciterò i miei poteri di ministro della Giustizia per verificare cosa sta accadendo a Milano». Arriva Latorre, il vice capogruppo dell'Ulivo al Senato chiede di appartarsi con Fassino, e Mastella si congeda: «Siamo intesi. Aspetto che intervengano i presidenti delle Camere, non mi metto a fare ispezioni». Il leader della Quercia assicura che sarà così. Il comunicato congiunto di Marini e Bertinotti verrà diramato a tarda ora, ponendo fine alla giornata particolare dei Ds. È chiara la priorità della Quercia, preoccupata dalla mossa del gip di Milano sulle intercettazioni, più che dal dossier sul presunto conto segreto di D'Alema in Brasile. Ma ciò che mette davvero in allarme il Botteghino è l'offensiva dietro cui intravvede una manovra politica contro il ministro degli Esteri. Da quale parte venga l'attacco lo spiega Cossiga, che racconta di aver «parlato con i Ds»: «Tranne quel comunicato striminzito della Margherita, non è uscita una sola parola di solidarietà verso D'Alema. Perciò i diessini sono furibondi. Solo che non possono protestare. E contro chi? Potrebbero mai protestare contro Prodi, Rutelli e Parisi? Potrebbero mai protestare contro la magistratura che negli anni di Mani Pulite aveva "sempre ragione"? È evidente chi ha montato la campagna contro D'Alema, perché sanno che lui è l'unico a poter dialogare con l'altra parte».

      La parole dell'ex capo dello Stato s'incrociano con le voci secondo cui sarebbe dovuto intervenire Fassino per ottenere da Rutelli un comunicato di solidarietà. Ed è un fatto che per tutto il giorno Prodi non abbia rivolto attestati pubblici di vicinanza a D'Alema. Paradossalmente più sincero e solidale è sembrato Berlusconi, che — commentando con i suoi la vicenda — ha detto: «Un conto è la scontro politico, altra cosa sono i veleni, i dossier, il killeraggio. Io l'ho vissuto sulla mia pelle e non lo auguro a nessuno». C'è nei Ds e in principal luogo nei dalemiani quel sospetto che Buttiglione arriva a denunciare nell'Aula del Senato, durante il dibattito sul caso Visco: «Stia attento D'Alema, perché questa è una manovra che viene dall'interno del Pd, per rendere più forti i prodiani e più debole la Quercia».

      Ed è lunga la lista degli oppositori che solidarizzano con il titolare della Farnesina, puntando l'indice su palazzo Chigi: «Siccome D'Alema è il più bravo — spiega il forzista Dell'Utri — siccome è l'unico con cui si possa dialogare, l'unico che potrebbe aiutare a risolvere i problemi del Paese, viene tenuto sotto stress. L'attacco è portato dai suoi alleati. Lo dico perché lo so per certo». Latorre si limita a raccogliere il gesto dell'opposizione, ma non si avventura a condividerne le spiegazioni: «È chiaro che l'offensiva fatta di veleni contro i Ds, produce un ulteriore indebolimento del quadro politico- istituzionale, che rischia di far collassare il sistema. Perciò tutti — ed è qui che lascia trasparire il fastidio — ripeto tutti, si devono far carico del problema».

      Ma mentre il braccio destro di D'Alema calibra le parole, l'ala della Quercia vicina al ministro degli Esteri ribolle. «Arriva il fango e provano a farci fuori così», sussurra il potentissimo deputato siciliano Crisafulli: «Utilizzano falsi dossier e le intercettazioni inutili, dove c'è qualche battuta e qualche malaparola ma niente di più. Il fatto è che questa situazione politica non possiamo reggerla a lungo. Magari un paio di mesi, non oltre. C'è chi parla già di un governo con pochi ministri, con Prodi o senza Prodi non si sa. No, non c'è Berlusconi dietro questa manovra. C'è chi vale più di lui e di tutti i suoi alleati messi insieme: c'è la Chiesa che si è rotta con 'sta storia dei Dico; gli ex dei servizi che vogliono farcela pagare; gli americani che sono stanchi di dover scendere a patti. Eppoi c'è quella testa... lucida di Visco, che ha dato un alibi a Speciale per fare la parte della vittima, mentre bisognerebbe ripulire quel covo che è la Guardia di Finanza. Il bello è che tutto viene messo in conto a D'Alema invece che a Prodi».

      Crucianelli, che alla Farnesina lavora gomito a gomito con il ministro degli Esteri, spiega che «c'è un clima devastante, con il rischio che l'Italia precipiti in uno stato da Paese dell'Est. E qui, se arriva la valanga, travolge tutti. Chiaro?». Il messaggio è rivolto certo al Cavaliere, ma c'è da scommetterci che fa fischiare le orecchie al Professore. D'altronde, Pisanu lo ricorda bene cosa accadde alla Dc, «me li ricordo i tempi in cui qualcuno nel partito pensava di potersi salvare gettando in mare qualcun altro. Alla fine non si salvò nessuno. Perciò va salvaguardata la politica». Ma oggi come allora manca per ora nella maggioranza un sussulto garantista, e i sospetti reciproci tra Prodi e D'Alema di manovre avverse, offrono un'immagine da ultimi giorni di Pompei. Caldarola — che di «Massimo» resta «amico, specie in giorni come questi» — dice che «per fermare la deriva del '92 servirebbe uno spirito garantista. Bisogna però ridare autorevolezza alla politica, e l'unico modo è che maggioranza e opposizione agiscano all'unisono. L'unica via d'uscita è un governo di larghe intese. Il centrosinistra ormai è finito».

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