7/7/2003 ore: 12:44

"Cultura&Informazione" Barlozzetti: Berlusconi e la comunicazione politica

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ItaliaOggi (Marketing)
Numero
158, pag. 15 del 5/7/2003
di Guido Barlozzetti


Chessidice in viale dell'Editoria

Berlusconi E La Comunicazione Politica
Da Strasburgo arriva nelle nostre case una scena che entra nell'album dell'Europa. Nella seduta inaugurale del semestrale mandato europeo, il presidente del consiglio italiano lancia una battuta-strale verso il deputato Spd Schulz, reo di aver scoperchiato il pentolone del conflitto d'interessi e dell'haiderismo bossiano che peserebbe sulle politiche dell'immigrazione: ´So che in Italia', scandisce Silvio Berlusconi, ´un produttore sta montando un film sui campi di concentramento nazisti. La suggerirò come kapò. Lei è perfetto'. Siamo praticamente tutti lì, attraverso l'occhio della tv. Assistiamo a una deflagrazione della ritualità della politica, al cortocircuito delle buone maniere, all'irruzione improvvisa dei fantasmi terribili che i padri dell'Europa hanno rinchiuso nella torre degli orrori alla fine della seconda guerra mondiale. L'aula rumoreggia e contesta. Berlusconi grida alla trappola politico-mediatica e non chiede scusa, semmai, il giorno dopo, in una riparatrice telefonata con il cancelliere Schroeder esprime rincrescimento al popolo tedesco e lamenta che di battuta si trattava e che bisognava capirne l'ironia. Aduso alle telecamere e conclusa la presentazione ufficiale del programma, Silvio non resiste alla tentazione di rendere pan per focaccia a chi lo attacca. Ed è qui che saltano i codici della comunicazione politica e la retorica berlusconiana fa sfoggio di sé gettando nello sconforto alleati e avversari. Al di là dei giudizi sui contenuti, nell'aula del Parlamento va in onda e si consuma in un attimo una reazione chimico-linguistica che fa tremare le convenzioni.
È, comunque, un segnale. In quello che avrebbe dovuto essere il routiniero andamento di una cerimonia della politica si insinua all'improvviso il cuneo imprevedibile dell'evento. E l'infrazione accade a un doppio, concomitante livello, perché, anche in Europa, la politica non può ormai prescindere dalla televisione e la sua scena istituzionale è inesorabilmente risucchiata nel Tubo.
In Italia, forse, ci hanno abituato anni e anni di talk show-ring, di conduttori schierati, di piazze urlanti, di campagne mass-mediatiche che hanno mandato in soffitta i comizi e spostato nella politica le strategie del marketing e della pubblicità. Se c'è stato, il passaggio dalla Prima alla Seconda repubblica è coinciso con un matrimonio convulso e disordinato, rumoroso e spettacolare, tra politica e televisione, che non si può semplicemente ridurre alla discesa in campo di un nuovo competitor. Certo, quelle nozze hanno avuto precedenti e i sintomi rivelatori di un'incipiente relazione, che solo dopo siamo stati capaci di leggere. Fino a esplodere negli anni 90. Allora è veramente finita l'epoca del Moderatore che ha avuto in Jader Jacobelli il suo metaforico sacerdote, il suo arconte garbato e misurato. Adesso l'onda lunga di quel sommovimento è arrivata sulle tranquille spiagge dell'Europa.



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