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"Cult&Info" Precari 1: vite in rosso dei numeri verdi

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    mercoledì 11 gennaio 2006
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      PRECARI 1.
      I LAVORATORI POST-FORDISTI DELLA NEW ECONOMY
        di Claudio Cugusi

        Circa quattrocentomila lavoratori, fra regolari e clandestini, formano la popolazione degli impiegati nei call-center italiani. La ricerca compiuta da Claudio Cugusi e raccolta in questo libro "Call center. Gli schiavi elettronici della new economy", pubblicato dalla Fratelli Frilli editori, descrive la situazione degli
        impiegati, nuovo proletariato derivato dalla terza rivoluzione industriale, quella
        delle fabbriche della new economy. Il ritratto è di un lavoratore precario, succube
        di un lavoro alienante e sottopagato, lavoratore senza figli (difficile pensare
        ad una famiglia con un reddito mensile di cinquecento euro), che continua a
        vivere nella casa di origine
          Call center: .vite in rosso dei numeri verdi
          .
            Dal caso Ford ai numeri verdi
              Il primo call center è nato trentacinque anni fa negli Stati Uniti. Nel 1968,
              pronunciandosi nel merito di un ricorso presentato da un’associazione di consumatori che denunciava i vizi di un modello di auto Ford immesso sul mercato, un giudice federale ordinò alla casa automobilistica di istituire una linea telefonica gratuita per i reclami. La Ford fu per questo costretta a ricercare una soluzione che le permettesse di dare risposte
              a tutti i clienti senza caricarsi di un onere per i costi telefonici eccessivamente alto. Grazie a un accordo con la compagnia telefonica AT&T, la casa automobilistica qualche mese dopo l’ingiunzione federale attivò il primo numero verde della storia, contrassegnato dal prefisso 800 che poi è diventato il prefisso mondiale di tutti i numeri verdi. Il successo dell’iniziativa fu immediato: tutti i clienti Ford che contattavano
              il numero rivolgevano domande dello stesso tipo in ordine ai guasti dell’auto e alle modalità di riparazione. Per questo ebbero risposte rapide e standardizzate, che non fecero impazzire i costi telefonici, come invece la Ford temeva. Il caso Ford aprì la strada a tutte le grandi e medie aziendemondiali, chiamate a confrontarsi con i reclami dei clienti dopo la vendita dei prodotti o dei servizi. Ben presto tutti i gruppi compresero che rispondere alle segnalazioni dei consumatori non rappresentava soltanto un efficace sistema per testare ulteriormente i prodotti immessi nel mercato e migliorare dunque la produzione, ma anche un meccanismo indiretto per fidelizzare la clientela e arginare la concorrenza. In realtà, negli anni Settanta, la tecnologia delle comunicazioni non consentiva un’efficace gestione dei flussi telefonici tale da garantire l’assistenza al cliente durante tutto il ciclo di vita del prodotto: i call center e i loro operatori (definiti REP, ossia Representatives Customer Care) potevano assicurare soltanto risposte standard ai quesiti posti ripetitivamente dalla clientela.L’eccessiva promozione mediatica dei numeri verdi a fronte della debolezza
              tecnologica dei centralini provocò il risultato di un servizio inefficiente e incapace di soddisfare i destinatari.

              Anni ’80: distributore di chiamate

              Il concetto attuale di call center ha iniziato a delinearsi verso la fine degli
              anni ’80, quando la tecnologica telefonica applicata alle esigenze delle grandi imprese ha immesso nel mercato una nuova soluzione: il distributore automatico di chiamate ideato negli USA e contrassegnato dall’acronimo ACD (Automatic Call Distributor). Il sistema è semplice: un centralino riceve un numero infinito di chiamate e le smista in automatico al primo operatore libero. Se nessuno può rispondere, il distributore lascia l’utente in attesa assegnandogli un ordine di priorità rispetto agli altri utenti. Con l’introduzione dell’ACD sono sorti anche i primi problemi sulle condizioni di lavoro per gli operatori, che hanno denunciato le interferenze dovute al rumore e lo stress. Gli accorgimenti adottati per eliminare il rumore hanno provocato, invece, ulteriori
              complicazioni: l’isolamento definitivo dell’operatore dietro i pannelli fonoassorbenti. In solitudine per ore, con il suo sistema di computer e telefono integrati e le cuffie in testa.

              Call center ed elaborazione di dati

              Dopo il numero verde e il distributore di chiamate, sistemi che hanno
              rappresentato per vent’anni la base tecnologica di questo nuovo processo di fabbrica, all’inizio degli anni ’90 la crescita della produzione informatica ha assunto negli USA la configurazione di un fenomeno così vasto da avere immediate ricadute di massa. Il passaggio dal calcolatore
              elettronico ad uso quasi esclusivo delle facoltà di ingegneria al personal
              computer in ogni casa ha provocato un’autentica rivoluzione che
              ha toccato prima di tutto il sistema industriale. In particolare, la distribuzione su scala di software CTI (ovvero Computer Telephony Integration) ha consentito e consente oggi di integrare le informazioni che l’operatore del call center riceve dal cliente con l’archivio collettivo su base elettronica delle informazioni che gli altri operatori hanno già immesso nel sistema comune. In questo sistema di produzione, gli operatori sono del tutto isolati gli uni dagli altri, ma dialogano virtualmente tra loro caricando di dati gli archivi. Dunque, il processo di elaborazione dei dati non necessità dell’apporto della personaoperatore di call center ma si alimenta invece se l’operatore, chiunque egli sia, attinge informazioni dal sistema elettronico condiviso o se ne carica di nuove a sua volta. La possibilità concreta di conoscere in tempo reale la storia dei desideri o dei reclami di ogni cliente, e non soltanto il sesso, l’età e altre informazioni base, rappresenta un patrimonio che le grandi aziende imparano da subito ad apprezzare con lo scopo di orientare le azioni di marketing. Così, con l’avvento dei software di CTI, il call center perde irrimediabilmente la funzione esclusiva di centro destinato ai reclami, ma diventa anche centro di prevendita e, più in generale, centro di assistenza e cura del cliente finalizzato alla sua fidelizzazione totale e all’orientamento dei futuri acquisti e consumi. Anche i profili degli
              operatori mutano rapidamente: più che risponditori umani a domande standard, a questa fabbrica di consenso, sono utili lavoratori che sanno tenere la relazione con il cliente usando soltanto la loro voce.La rivoluzione spiega i suoi favori soprattutto verso le multinazionali, che possono permettersi di far elaborare e analizzare i dati raccolti dai contact center, tanto da orientare la produzione dei beni e dei servizi
              sulla base di quelle conoscenze. Dunque, il vecchio numero verde che la Ford aveva dovuto aprire per gestire i reclami è diventato una centrale tecnologica di produzione e di profitto. Non è più importante sapere quanto costa, ma quanto valore aggiunge alla produzione e soprattutto al profitto finale. Per questo, i numeri crescono a ritmo esponenziale: se negli anni ’80 i call center nel mondo non superavano il migliaio, già nel 1996 sono 60000 e di questi 12000 sono collocati fisicamente in Europa. Ma c’è anche un altro aspetto. In Italia il call center diventa determinante per l’affermazione di Internet nelle famiglie, nelle piccole aziende e nella pubblica amministrazione. La nascita di Video on line, il primo Internet provider europeo di Nicola Grauso fondato a Cagliari nel 1995, ha comportato la necessità di un’azione costante di assistenza del cliente, catturato dalla possibilità di girare il mondo con il suo computer, ma
              ancora poco alfabetizzato, in media, sotto il profilo tecnologico. Così, dentro Video on line è nata da subito una categoria di lavoratori con buona preparazione tecnica, impegnata a tenere irapporti, in forma di call center, con gli abbonati. La vendita di Video on line a Telecom, qualche anno dopo, non ha arrestato il processo tanto che oggi tutte le compagnie di Internet (Tiscali, Libero etc.) continuano a mantenere un
              help desk in forma di call center tecnico migliorato e avanzato.

              Il call center virtuale su Internet

              L’affermazione su scala vasta di Internet, almeno nelle aree più ricche del
              mondo, ha obbligato prima le grandi aziende -già sul finire degli anni ’90- e oggi tutte le aziende, anche le più piccole, ad essere presenti su Internet con un proprio sito web. Nello stesso momento, l’enorme diffusione dello strumento della posta elettronica ha rappresentato un’opportunità in più di contatto nel rapporto tra le aziende e i consumatori, attuali o potenziali. L’interazione tra telefono, computer e Internet è ormai totale, al punto che ogni giorno milioni di clienti nel mondo compilano dei questionari (form) con i quali richiedono servizi alle ditte. Oppure,
              attraverso una e-mail inviano un reclamo o un sollecito. Tutto questo
              flusso di informazioni è gestito dai call center di ultima generazione, dove le persone sono assolutamente secondarie ai mezzi di produzione e alle tecnologie. Davanti a un reclamo, l’operatore esegue in tempo reale un’operazione di "copia e incolla" della risposta standard appropriata, pescata da un archivio collettivo delle risposte possibili. Ma non solo: beni e servizi, sempre più servizi, possono essere condivisi dall’operatore e dal cliente nel senso che entrambi, aprendo la stessa pagina web,
              possono dialogare e comprendere in tempo reale il significato di ogni operazione. Tale funzione è in crescita nei call center, anche alla luce della mole sterminata di informazioni presenti sulla Rete: i navigatori hanno molta scelta ma spesso chiedono al call center di essere aiutati a scegliere o a capire.

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