5/3/2007 ore: 10:14
"Coop" Il congresso della Lega
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Pagina 14 - Economia& Lavoro Legacoop, la sfida «aziendale» per solidarietà STRATEGIE «Finisce che delle cooperative si parla solo quando c’è da dirne male». Amara considerazione di un cooperatore di spicco, presidente regionale in Emilia Romagna, Paolo Cattabiani. Ha ragione: dodici pagine del “Corriere” in un solo giorno grazie a Consorte e all’Unipol. Oppure colonne e titoli li conquista il “conflitto d’interessi”, argomento caro al centrodestra contro le “coop rosse”. Anche a proposito di benzina: la volete, per usarla come specchietto delle allodole e illudere i consumatori che anche i prezzi dei pomodori e della pasta siano più bassi... Parola di Silvio, che manifesta una strana considerazione della concorrenza: giusto per gridare anche contro le liberalizzazioni. «Con la benzina - replica Aldo Soldi, presidente di Coopconsumatori - finirà come è finita per i farmaci: i nostri punti vendita sono il dieci per cento di quelli aperti grazie alla Bersani. Siamo leader, è vero che c’è anche Conad, ma gli altri, i privati, insieme sono più forti di noi. Il problema è che i benefici dovrebbero essere per i consumatori». Le parole (anche quelle di Berlusconi) talvolta sono sassi, soprattutto quando i megafoni (il solerte professor Brunetta su Libero) sono tanti. Così davvero nel polverone sollevato si travisa la “missione” delle cooperative, bianche rosse o verdi , non si capisce il loro presente: «In questo paese una parte della destra, per fortuna minoritaria - commenta Soldi - non concepisce la formula cooperativa, non ritiene possibile che si possa fare impresa partendo non da ragioni di profitto, ma da principi di solidarietà. Non prevede imprese senza padroni...». Le famose “coop rosse” si presentano al loro congresso (a Roma, da mercoledì a venerdì) con un bilancio, che sorprende chi ne sta fuori: cinquantamila milioni di fatturato, quattrocentomila occupati, otto milioni di iscritti. Fanno di tutto: dai mobili alle dighe, dall’ortofrutta al turismo. E le assicurazioni, naturalmente. Il “caso Unipol” è alle spalle, grazie ai traghettatori, l’emiliano Stefanini e il toscano Turiddu Campaini (che fu il più ostile alle iniziative di Consorte). Unipol va avanti con un nuovo amministratore delegato, Carlo Salvadori, ex Unicredit, e soprattutto scindendo i ruoli: proprietà e gestione. «Tanto clamore - commenta un altro cooperatore di punta, Luciano Sita, presidente di Legacoop alimentare e del “gigante” Granarolo - mentre si è parlato molto meno della vicenda dei muratori di Argenta, che più a fondo metteva in discussione i principi sui quali si regge il mondo della cooperazione». Argenta vuol dire crac della Coop Costruttori, oltre duemila dipendenti e soprattutto tanti risparmi andati in fumo. «Stiamo cercando di rimborsarli», aggiunge Sita, che è il presidente della Granarolo, cioè del colosso lattiero-caseario nato nel 1959 dal Consorzio Bolognese Produttori Latte... Sita appena diplomato voleva fare il bancario ma la banca non lo volle (per discriminazione politica), trovò lavoro in una cooperativa di dettaglianti come commesso, continuò salendo tanti gradini: sotto la sua guida quella piccola cooperativa di dettaglianti che voleva sottrarsi alle condizioni capestro dei grossisti sarebbe diventata un gigante: la Conad... Quante storie simili nell’album del movimento: vite di lavoro in cooperativa imparando e crescendo. Tra le nostre missioni, dicono adesso, c’è quella di preparare il cambio delle generazioni, quella di educare nuovi manager, perchè conoscano bene le regole del mercato e prima ancora le nostre regole e i nostri valori. Regole, principi, valori che anche un articolo 45 della Costituzione sottolinea, riconoscendo «la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata...». Al punto che «la legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei...». Basta questo ad armare i soliti del centro destra, che gridano alla disparità di condizione tra aziende. Ancora Luciano Sita: «Pensa a quante risorse pubbliche alimentano l’impresa privata. Anche il recente accordo Fiat per la mobilità di duemila lavoratori non sarà una operazione da quattro euro...». «Peraltro - aggiunge Soldi - le agevolazioni fiscali negli anni sono andate diminuendo...». Peraltro fu la maggioranza di centrodestra a votare nel 2003 una “riforma” che valorizzava il carattere mutualistico dell’impresa cooperativa, a garantire la partecipazione dei soci e a agevolare l’accesso al credito finanziario. Come forse Berlusconi non ricordava. Una “riforma” da riformare? «No - chiarisce Soldi - per la semplice ragione che il diritto societario non si può modificare di continuo: qualsiasi impresa deve contare su un quadro legislativo certo, che sia sicuro riferimento». La data di nascita del movimento cooperativo si indica nel 23 ottobre 1844, quando ventotto lavoratori inglesi fondarono la società dei “Probi pionieri di Rochdale”, con uno scopo: «quello di adottare provvedimenti per assicurare il benessere materiale e migliorare le condizioni familiari e sociali dei soci...». In Italia il battesimo fu a Torino, dieci anni dopo: il Magazzino di previdenza, una cooperativa di consumo. Un secolo dopo la lega delle cooperative è quei valori fondativi di solidarietà, mutualità, giustizia, trasparenza nel governo, individualità (non esiste - spiega lo statuto - alcun «interesse superiore o generale che possa prevaricare l’esigenza del singolo di vedere promossa e riconosciuta la propria individualità») ed è quei numeri che abbiamo presentato all’inizio. Proprio i numeri sollecitano alcune domande: come andare avanti? come crescere ancora di fronte a un mercato globale? Il congresso dovrà rispondere anche a questo. Giuliano Poletti, presidente della Lega delle cooperative, comincia a rispondere così: «Intanto diamoci un obiettivo culturale e ideale: ridimensionare l’idea diffusa che l’unica impresa capace di misurarsi nel mercato capitalista sia quella capitalista, deducendo che le cooperative possano esprimere solo una cattiva politica economica, ai margini. Non è vero. Anzi diciamo che si cresce in efficienza quando possono competere imprese dalle missioni e dalle finalità diverse. Ne siamo convinti, ma vorremmo convincere anche gli altri, sindacati, istituzioni, politica. Se questa riflessione andasse avanti, molte questioni si chiarirebbero... L’alternativa non è tra rimanere fuori dal mercato o fare come gli altri. Nel mercato ci vogliamo stare onorando la nostra cultura, perchè siamo convinti che il mercato è un luogo civilizzabile... Dipende da chi lo frequenta. Non si può star lì, allargando le braccia: ho fatto così perchè lo vuole il mercato. Si può fare finanza, sapendo che la finanza è una leva fondamentale per la crescita e che ce ne dobbiamo servire per la crescita, non per allargare il nostro potere, per speculare o per conquistare un posto nei salotti buoni. Per la crescita nostra, che è la crescita del sistema Italia in modo compatibile, socialmente e ambientalmente compatibile...». Crescere significa compiere un passo oltre i confini... «Il passo lo dobbiamo compiere rispettando la nostra natura. Ma è una sfida alla nostra portata, in particolare in settori come quello agroalimentare che ha bisogno d’Europa...». Un altro passo riguarda l’Italia. Ne ha parlato in modo esplicito Gianpiero Calzolari, presidente di Legacoop Bologna: «È giunto il momento di affermare l’autonomia del movimento cooperativo da ogni influenza, anche come premessa a un processo di costituzione unitaria di rappresentanza delle imprese e proprio Bologna potrebbe essere l’apripista dando vita a una casa comune delle centrali cooperative...».
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