8/6/2005 ore: 12:13
"Contratti" Da quelle urne una lezione di saggezza (G.Cazzola)
Contenuti associati
ECONOMIA ITALIANA - Pagina 16 IL REFERENDUM DEL 1985 Da quelle urne una lezione di saggezza Con la bocciatura gli italiani hanno saputo dimostrare di andare oltre il tornaconto personale Nei quindici mesi precedenti in Cgil sembravamo dei " separati in casa". Mi sono sempre chiesto se nelle posizioni dei militanti socialisti ( e di quelli di Cisl e Uil) pesasse di più la convinzione di essere nel giusto o il forte richiamo dell'identità. Il fatto è che tenemmo duro, nonostante tutto. Anche l'atteggiamento dei comunisti fu, in generale, responsabile. La costituzione materiale della Cgil fu messa a dura prova, ma funzionò anche in quei mesi di assoluto black out. I comunisti usarono parecchia prudenza; non si avvalsero mai ( come era avvenuto nel 1948, in occasione dell'attentato a Togliatti) del diritto della maggioranza negli organi dirigenti per decidere e proclamare degli scioperi che impegnassero la sola Cgil ( ci furono solo astensioni dal lavoro spontanee, condotte a caldo, col solito metodo). Dove furono in grado, si servirono dei consigli di fabbrica, fino ad organizzarne un gruppo ( il fenomeno degli " autoconvocati" comparirà anche in seguito) che si assumeva la paternità delle iniziative di lotta. Il dibattito per la conversione in legge del provvedimento dovette affrontare un filibustering inusitato degno di quelli attuati, nell'immediato dopoguerra, contro l'adesione al Patto Atlantico e la cosidetta legge truffa. Poi, dopo l'approvazione, il Pci non si arrese e promosse la raccolta delle firme per il referendum abrogativo, sostenuto da un ampio fronte di cui facevano parte anche Democrazia proletaria, il Msi ( e la Cisnal), il Partito sardo d'azione. Durante la campagna elettorale si riaprì la ferita ( che peraltro non era mai stata suturata). La netta vittoria del no, l'anno dopo, provocò un contraccolpo clamoroso e segnò l'inizio di quel travagliato processo di risanamento economico e finanziario che allontanò man mano la prospettiva di un disastroso collasso del Paese. Ma lo stupore per il risultato della consultazione fu enorme. Se fosse prevalso il sì, infatti, i lavoratori dipendenti e i pensionati avrebbero incassato circa 300 350mila lire a testa con riferimento alla sola quota pregressa, mentre il ripristino della precedente situazione avrebbe comportato secondo calcoli confindustriali un aggravio di spesa di 7.500 miliardi di lire all'anno ed un incremento del costo del lavoro dell' 1,2%. Invece gli italiani dettero come scrisse Indro Montanelli una straordinaria prova di consapevolezza civica e di senso patriottico; nonostante le evidenti ed immediate ragioni di tornaconto personale seppero guardare avanti e cogliere il senso di complessi ragionamenti di politica economica, i cui benefici non erano subito disponibili, ma solo promessi. Ci vollero tuttavia dieci anni per venire a capo, all'inizio degli anni novanta, di un istituto di rivalutazione automatica delle retribuzioni il cui effetto di trascinamento dell'inflazione era certamente tra le cause di un tasso divenuto insostenibile. In quella battaglia cadde sul campo, il 27 marzo 1985, l'economista Ezio Tarantelli. Sangue, sudore e fatica. Ed aspri conflitti, dunque. |