«Consenso, ma per cambiare»
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Lavoro e previdenza - Berlusconi invita al dialogo in vista dell'incontro di domani con i sindacati
 «Consenso, ma per cambiare» Pezzotta: l'art. 18 non si tocca - D'Amato: basta coi vecchi tabù - E il Governo «calibra» la mediazione Claudio Pasqualetto
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VERONA - «Nell'affrontare i problemi del mondo del lavoro il mio Governo ricerca il consenso più ampio possibile dei sindacati e delle parti sociali attraverso il metodo del dialogo e del confronto». Ma per non perdere posizioni rispetto ad altri Paesi «più dinamici e meno ingessati» è necessario cambiare «un sistema vischioso e conservatore che spesso non sa riconoscere il merito e la qualità». Queste le parole del premier Silvio Berlusconi in un messaggio al convegno sulla flessibilità del lavoro organizzato ieri a Verona dalle Acli. Un messaggio che prelude al delicato confronto di domani tra Governo e sindacati su licenziamenti, pensioni e contratti pubblici, su cui il ministro del Welfare Roberto Maroni si dichiara «ottimista» nonostante gli opposti schieramenti in campo di imprese e Cgil, Cisl e Uil. «Non è una bella situazione, siamo tra l'incudine e il martello», ha detto Maroni riferendosi allo scontro sulle modifiche allo Statuto dei lavoratori chieste da tutto il mondo delle imprese e fortemente osteggiate dal sindacato che minaccia lo sciopero. Di certo, nell'incontro di domani, il Governo cercherà una mediazione, rinviando anche il tema-licenziamenti alla trattativa ancora aperta sulle pensioni. Viene esclusa l'ipotesi di stralcio dell'articolo 18 dalla delega, caldeggiata dai sindacati, mentre si potrebbe proporre un'attenuazione delle norme su cui si prevede la riforma dei licenziamenti (si veda anche il Sole-24 Ore di martedì). In particolare, il Governo potrebbe ridiscutere l'ipotesi dell'emersione e stralciare l'arbitrato tenendo ferma però la fattispecie che riguarda la trasformazione dei contratti a tempo determinato in assunzioni stabili. Dal presidente di Confindustria, Antonio D'Amato, arriva però l'invito esplicito al Governo ad andare avanti sulla strada delle riforme strutturali «superando i vecchi tabù che per anni hanno impedito la modernizzazione del Paese. Solo il linguaggio dei fatti e delle azioni potrà dare al Governo prestigio e credibilità a livello internazionale». Diverso il tono dei sindacati, che a un Maroni «ottimista» replicano chiedendo risposte sull'articolo 18. «Io sono pragmatico - ha detto ieri da Verona il leader Cisl, Savino Pezzotta - e attendo la risposta del Governo sullo stralcio alle modifiche sui licenziamenti e all'arbitrato». Ma Pezzotta sottolinea anche la diversità di posizione con la Cgil, contraria allo strumento delle deleghe. «La Cisl - ha detto Pezzotta - non chiede il ritiro della delega, ma sui contenuti vogliamo mettere il naso». Nel corso del convegno, le Acli hanno sottolineato l'importanza di una flessibilità sostenibile e hanno varato un "Manifesto dei nuovi lavori". Il documento - come ha spiegato il presidente Luigi Bobba - mette al centro dei diritti del lavoratore flessibile una formazione continua che, quasi a cascata, comporta servizi alla famiglia, nuove forme di Welfare, più fruibilità per gli strumenti di accesso al mercato del lavoro. La flessibilità, secondo Pezzotta, è però persino eccessiva sul mercato del lavoro di casa nostra: il problema vero è governarla per evitare che si trasformi in precarietà. Sono due gli strumenti principali che il segretario della Cisl indica: contratti meno rigidi giocati su due livelli e iniziative di fidelizzazione al lavoro per consolidare uno zoccolo duro su cui poi va a innestarsi la giusta componente di flessibilità. Per il vicepresidente di Confindustria Nicola Tognana, comunque si affronti la cosa, non si può ignorare che i lavori atipici sono il vero futuro di un mercato in cui è cambiato il modo di lavorare: non basta più solo lavorare ma occorre anche pensare. Serve piuttosto agire concretamente su formazione e contratti. Ma se c'è troppa flessibilità - si è chiesto Tognana - come mai al Nord resta comunque fuori la componente femminile? E perché non si riescono a organizzare stage formativi fra Sud e Nord che potrebbero tradursi in imprenditorialità di ritorno proprio per le regioni meridionali? «L'obiettivo - ha commentato Maroni - resta sempre quello dell'aumento del tasso di occupazione. Bisogna eliminare le molte rigidità che ancora esistono ma soprattutto occorre lavorare sul l'uscita dal sommerso». E Maroni richiama l'attenzione sul l'Unione europea: «È inutile sfinirci in dibattiti su proposte locali che non tengano conto dell'obbligato quadro di riferimento europeo, ma è anche rischioso non fare i conti con le Regioni». Domenica 25 Novembre 2001
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