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27 dicembre 2005 - Anno XLIII N.52
INDAGATI - IL SEQUESTRO DEI BENI AL LEADER DI CONFCOMMERCIO
I tesori del collezionista Billè
Quadri, candelabri e arredi preziosi. L'ordinanza della procura di Roma, oltre a tante spese sospette, rivela la passione del «pasticciere di Messina» per l'antichità e l'arte. Con i soldi degli associati.
di Francesca Folda
Nell'estate dei «furbetti del quartierino» e degli «odontotecnici di Zagarolo», a ciascun protagonista delle clamorose (e in gran parte fallite) scalate estive è stato assegnato un soprannome. A Sergio Billè, per 10 anni presidente della Confcommercio, è toccato il nomignolo di «pasticciere di Messina», in memoria della piccola azienda dolciaria da cui era stato proiettato al vertice dell'organizzazione, che conta 800 mila imprese. D'ora in poi sarà «il collezionista».
Questo grazie all'ordinanza di sequestro che i finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria e del Nucleo provinciale di polizia tributaria di Milano hanno eseguito su ordine della procura di Roma e che ha alzato il velo sulla ingarbugliata gestione finanziaria della maggiore associazione di categoria dei commercianti. Tutto è partito dall'anomalo contratto preliminare d'acquisto di un immobile a Roma, in via Lima, dal gruppo di Stefano Ricucci, per il quale Billè ha versato 39 milioni di euro.
L'inchiesta è andata avanti spedita ed è arrivata al minuzioso sequestro preventivo che include, come si legge nell'ordinanza del gip Orlando Villoni, «beni d'arte e arredi per un valore complessivo di oltre 2 milioni di euro destinati all'arredamento dell'abitazione privata di Billè» acquistati tra il 1998 e il 2005. L'elenco è dettagliato. Si comincia con due dipinti Vedute di Roma comprati dall'Antichità Sturni nel luglio 1998 per 98 milioni di lire e si va avanti, a colpi di aste presso Christie's (Londra, Roma e Milano), Sotheby's, Casa d'aste Babuino, Finarte.
La tornata di shopping più ricca? L'asta nella sede milanese di Christie's dell'8 novembre 2000, quando ben 73 lotti sono stati pagati con soldi della Confcommercio: candelabri, tavoli, sedie e altri arredi prevalentemente del XIX secolo, con una predilezione per il legno dorato. Senza per questo rinunciare a due «console in legno intagliato e laccato, prima metà secolo XVIII, probabilmente Piemonte», costate quasi 62 milioni di lire. Spesa complessiva in quell'occasione: 429.678.500 lire.
D'altra parte il presidente della Confcommercio doveva arredare la casa romana in via di Ara Coeli 4 dove tuttora abita e per la quale, a metà novembre 2000, la Confcommercio aveva deliberato il pagamento dell'affitto (canone annuo 222 milioni), anche se allo stesso scopo era stato acquistato un altro appartamento a Roma in via dell'Anima 45.
Nel 2001 è stato comprato ancora un mobile («A due corpi, alto veneto, prima metà secolo XVIII, sotto tutela dei beni culturali») che da solo è costato 250 milioni, ma da quel momento in poi Billè si è aggiudicato per lo più oggetti d'arte: in un'asta Christie's del 6 dicembre 2001 a Roma sono stati spesi quasi 200 milioni per 12 dipinti a olio su rame (una Madonna addolorata), su tavola (Eroti en plain air), su alabastro (Annunciazione e Adorazione dei Magi) o su tela (raffiguranti soggetti che vanno dalla Strage degli innocenti a una Coppia di capricci con rovine classiche).
Sei mesi dopo, quando ormai la lira era andata in pensione, è stato comprato tra l'altro un «tappeto Isphahan persiano, sotto tutela dei beni culturali» da 64 mila 480 euro.
Il 2002 si è concluso in bellezza con il dipinto di Viviano Codazzi Ruderi di un edificio del valore di 99 mila e 200 euro.
Ai soli sei acquisti d'arte del 2003 è seguito un 2004 di grande shopping finanziato con soldi della Confcommercio: tra l'altro, una «coppia di specchiere in legno intagliato» ottenuta a un'asta di Sotheby's Italia per poco più di 70 mila euro. A Billè il giudice per le indagini preliminari contesta nel solo periodo compreso tra il gennaio 2004 e il settembre 2005 oltre 700 mila euro «per acquisti di opere d'arte destinate al suo uso esclusivo».
Come è possibile che per anni gli amministratori della Confcommercio abbiano chiuso entrambi gli occhi sull'impiego dei soldi dell'associazione? Sergio Billè ha dichiarato: «Il sequestro preventivo riguarda alcuni quadri che erano stati acquistati per conto della Confcommercio e che erano presso il mio domicilio a seguito di un regolare contratto di comodato risalente a un periodo di gran lunga precedente all'indagine in corso». E ha aggiunto: «Sono pronto a fornire qualsiasi chiarimento a dimostrazione della correttezza del mio comportamento. Ho sempre agito nell'interesse dell'associazione».
Di altro parere il gip, secondo il quale si tratta di acquisti che avevano una «evanescente giustificazione giuridica» e che costituiscono solo una piccola parte dell'«appropriazione indebita continuata e aggravata» per cui Sergio Billè, assieme ad altri 12 dirigenti di Confcommercio, è finito sul registro degli indagati della Procura di Roma.
Al centro dell'accusa, spiega il giudice, c'è la gestione dei «contributi integrativi per i dirigenti di Confcommercio versati al Fondo previdenziale Mario Negri e al Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali (Fasdac) e destinati a Confcommercio, in virtù di accordi sindacali fra le organizzazioni di categoria dei dirigenti e dei gestori delle imprese commerciali». Come hanno scoperto gli investigatori, Billè faceva versare quei contributi, pari a circa 5 milioni di euro l'anno negli ultimi 5 anni, su un conto bancario a lui intestato (il cosiddetto fondo del presidente) e utilizzato per quelle che il gip chiama «fantasiose determinazioni»: dai quasi 270 mila euro in contanti prelevati a più riprese fino alle «condotte smaccatamente di favore per gli amministratori compiacenti di Confcommercio».
Gli investigatori della Guardia di finanza hanno scoperto che, a partire dall'ottobre 1995, anno in cui Billè è salito al vertice della Confcommercio, era bastato deliberare che il fondo riservato, creato nel 1974, potesse essere usato anche per erogazioni in favore del presidente, dei consiglieri e dei sindaci dell'associazione, oltre che alla gestione dell'Egap (società che doveva fornire servizi di consulenza all'associazione dei commercianti ma che, secondo il gip, era «una scatola vuota» utilizzata per motivare illeciti passaggi di denaro) per far arrivare sorprendenti extra a molti dirigenti della Confcommercio.
Una pioggia di euro lievitata negli anni fino alle cifre attuali: 1 milione 105 mila euro per il presidente Billè (che gode anche dell'1 per cento di tutti i contributi versati da destinare a «mance e regalie»), 238 mila euro per Aldo Antognozzi (vicepresidente Egap), 155 mila euro per Candido Fois, Antonio Salafia, Luigi Taranto (membri del consiglio direttivo dell'Egap), 11 mila euro per Giuseppe Russo Corvace, Alvaro Brugnoli, Giuseppe Pizzonia (revisori dei conti di Egap), oltre ai «contributi al programma di ristrutturazione» assegnati direttamente ad Aldo Poli, amministratore della Confcommercio (360 mila euro), Carlo Sangalli e Ferruccio Dardanello, vicepresidenti Confcommercio (284 mila euro), e ai due membri del comitato di presidenza della Confcommercio, Ezio Ardizzi (51 mila euro) e Vincenzo Gervasio (quasi 40 mila euro).
Attraverso il fondo del presidente è stata pagata anche l'iscrizione di Billè all'Aspen Institute (60 milioni di lire annui), è stata offerta a Billè, Antognozzi e Fois una carta di credito ciascuno da usare liberamente e senza obbligo di rendiconto, mentre alla moglie di Antognozzi era stato subaffittato a 800 mila lire al mese un lussuoso appartamento nella centralissima via Durini a Milano che l'Egap pagava oltre 33 milioni a trimestre.
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