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"Commenti" Di cooperative e altre storie (A.Amoretti)

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    sabato 4 febbraio 2006

    Pagina 27 - Commenti

    Di cooperative, logiche d’impresa e altre storie

    Aldo Amoretti*
    *presidente Inca Cgil

    Su un punto ha ragione Mario Pirani: ?Trovo il cosiddetto collateralismo assolutamente normale, frutto di una storia centenaria del movimento socialista e comunista? (La Repubblica, 10-01-2006). Sono invece fuori luogo, e talune anche fuori misura, le tendenze a dire che ? finito ogni collateralismo; mentre ? ragionevole e necessario discutere di come devono sistemarsi le relazioni tra mondo coop, partiti, sindacati e tutte le entit? che interagiscono. Io faccio il tifo per le coop e soprattutto per quelle rosse, simpatizzo anche per quelle bianche, detesto l'area UNCI (Unione Nazionale Cooperative Italiane) perch? mi ricordo il ruolo nefasto e mercenario che hanno svolto sul tentativo CISAL-UCICT di fare i contratti pirata nel turismo e commercio. Per nessuno metto la mano sul fuoco.
      La caratterizzazione politico-ideologica delle cooperative ? pi? marcata di quanto lo sia quella dei sindacati. La ragione ? strutturale. I sindacati mirano al reclutamento: la Cgil verso i lavoratori bianchi, la Cisl verso i lavoratori rossi. E la cosa funziona dando luogo a mescolanze significative. Una cooperativa rossa, specialmente nel campo della produzione e lavoro, tende a mantenersi tale reclutando soggetti che la pensano uguale al nucleo originario. E cos? fanno le cooperative bianche o verdi. Certo con molte differenze: non ? paragonabile una coop di edili, braccianti, una compagnia portuale o una carovana di facchini con il mondo della distribuzione oppure con tutta la nuova cooperazione del mondo dei servizi o del sociale e no-profit. Altro ancora sono le coop agricole, ma una cosa quelle di braccianti, altro quelle fra agricoltori.
        ? anche vero che ci sono grandi novit? che sembrano rompere gli schemi: Obiettivo Lavoro ? promossa da Legacoop e Compagnia delle Opere con la partecipazione di molte strutture di Cisl e Uil. D'altra parte quando il D'Antoni segretario generale della Cisl prov? a fare il fronte delle organizzazioni sociali chiam? quelle bianche. Non solo cooperative, ma artigiani, contadini e altri della compagnia.
          Il vero problema che si ha da porre non ? quello di una improbabile autonomia intesa come indifferenza tra il mondo coop e quello dei partiti e movimenti politici, ma quello di come organizzare un governo delle coop che realizzi una partecipazione consapevole dei soci insieme ad una relazione onesta e dialettica con tutto il restante mondo della politica e della rappresentanza sociale.
            In questo ragionare non si pu? sfuggire dalla considerazione delle differenze. Nelle coop di distribuzione i soci non sono prevalentemente quelli che ci lavorano, ma la clientela. I nuclei fondatori erano rossi ma strada facendo c'? stato un annacquamento. In regioni di nuovo insediamento la coop ? arrivata come una qualsiasi altra impresa di distribuzione che ha vinto la gara per la licenza. Successivamente si ? costituita una base sociale nata pi? grazie alle convenienze commerciali che da convinzioni politiche. Conad fa lo stesso mestiere (distribuzione) ma ? una cooperativa tra dettaglianti che sono piccoli imprenditori i quali stanno in consorzio prevalentemente per convenienza.
              Mentre le Assemblee annue di una grande coop di distribuzioni sono poco pi? di una bicchierata o cena di fine anno, per i dettaglianti l'interesse che muove il socio a discutere le scelte imprenditoriali del Consorzio ? di tutt'altra portata e pu? dar luogo a un dibattito vero. Una coop di abitazione ha le sue modalit? molto legate all'obiettivo di costruire cose o appartamenti; quando l'obiettivo ? raggiunto scema la spinta a partecipare.
                Diverso ? il mondo delle coop di produzione e lavoro da quelle di servizi a loro volta diversificate perch? un conto ? partecipare alla manutenzione di un grande stabilimento petrolchimico altro ? la pulizia delle scuole. Ancora differente ? il mondo delle coop sociali. Unipol a sua volta, con tutti gli strumenti societari che vi ruotano intorno ? cosa tutta diversa, come lo sono i consorzi tra cooperative oppure Obiettivo Lavoro. Lo stesso sistema associativo costituente la Legacoop ? complicato perch? mette insieme imprese, consorzi, associazioni di categoria e territoriali. Per certi versi assomiglia a quello dei sindacati, ma con minore efficacia rappresentativa. Quando si ? provato a fare della Lega una holding piuttosto che una confederazione si ? fatto fiasco. Se la lega ha un progetto deve convincere gli interessati. Non sussiste un sistema di poteri che possa imporre una scelta alle imprese associate. Infatti chi era contrario alla scalata Unipol verso Bnl non ha partecipato.
                  La governance democratica di una grande cooperativa ? difficile da realizzare anche se i vertici aziendali la vogliono. Se poi prende piede nel management e nella struttura di vertice l'idea che per governare non bisogna perdere tempo con i soci, il gioco ? fatto. Si osserva che hanno preso piede le figure del Presidente-padre-padrone, ed ? vero. Ma Turiddo Campaini che ? stato contrario all'Opa non lo ? di meno rispetto agli altri che erano favorevoli. ? accaduto che quando il capo azienda si ? schierato per una scelta, tutta l'azienda lo ha seguito. La dialettica ? stata tra i capi, non c'? stata nelle imprese. O perlomeno non se ne ? vista da fuori. Ritenere che questo sia un problema per le coop ma non dei partiti, dei sindacati, o di altre entit? ? una sciocchezza.
                    Sussistono fenomeni di richiesta di un condottiero e adorazione del leader, che ci sono sempre stati, ma che sono molto pi? gravi di quelli visti in passato alla luce dei livelli culturali e delle possibilit? di informazione che conosciamo oggi. Si mescolano con ammirazione-invidia per chi ha successo e in forme di gregariato conformista assolutamente acritico.
                      Il leader adorato si monta la testa, si convince della propria infallibilit? ed invincibilit?, diventa intollerante per ogni critica o semplice osservazione, si persuade perfino di essere bello. Ne nascono deliri di onnipotenza capaci di provocare disastri. D'altra parte solo i grandi uomini possono fare grandi errori.
                        Pu? darsi che il berlusconismo abbia molto contribuito a questo stato di cose. D'altra parte anche in una entit? come il sindacato la discussione sulla democrazia ? perlomeno bizzarra se il referendum (SI o NO; bianco o nero) pare per taluni essere l'unico modo per esercitare la democrazia al punto che il Comitato Centrale Fiom del 27/06/2001 proponeva: ?a Fim e Uilm di svolgere un referendum tra le lavoratrici e i lavoratori per decidere il mantenimento integrale della piattaforma unitaria oppure la sua modifica secondo i criteri indicati Federmeccanica, criteri che rappresentano la liquidazione della piattaforma unitaria assieme a un taglio sostanziale del potere d'acquisto del salario?. Se questo pu? essere considerato un modo per partecipare ragionando….
                          Infatti ? proprio di questi giorni (il Manifesto del 11/01/2006) un documento molto di sinistra a firma di dirigenti e delegati SLC i quali contestano il contratto delle telecomunicazioni. Vi si affronta ?il nodo della democrazia? come segue: ?Ora i lavoratori possono solo prendere o lasciare?.
                            Nella discussione di queste settimane ? rispuntata la soluzione del consigliere indipendente. Non mi sembra una grande idea anche alla luce del fatto che nel mondo delle S.p.a. ? oramai diventato un mestiere. Vi pu? essere invece un ruolo del sindacato dei lavoratori se si decide di svolgerlo senza montarsi la testa n? fare i grilli parlanti. Il sindacato pu? decidere di promuovere e dare vita ad una dialettica partecipativa, ma per farlo deve riconoscere che quando si partecipa alle scelte d'impresa ci si assumono responsabilit?. Qui viene il difficile. Per ora non esiste questo riconoscimento. Si vuol partecipare, ma senza responsabilit?. Se poi succede che siamo capaci di chiedere a Unipol di salvare Winterthur, ma ci mettiamo contro acch? Granarolo intervenga su Parmalat perch? ci piace pi? il Bondi che la Coop... D'altra parte si fanno i conti con la doppia fedelt?. Questa ? la condizione del lavoratore iscritto al sindacato che ? anche socio della cooperativa. Si tratta di un soggetto che sta con il sindacato anche facendo lo sciopero; messo alle strette tra il capo sindacale che lo guida nella lotta e il capo azienda che gli proponga altro non ? certo in partenza quale possa essere la sua scelta.
                              ? proprio un bene che, passata la bufera di queste settimane, si prenda a ragionare senza partito preso per individuare la via giusta.

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