"Commenti&Analisi" Un'occasione riformista- S.Romano

sabato 21 giugno 2003
Se la Cgil esce dall’isolamento
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UN’OCCASIONE RIFORMISTA
di SERGIO ROMANO
Non sappiamo quanto tempo ci vorrà prima che l’accordo di Confindustria con le maggiori organizzazioni sindacali sulle priorità dello sviluppo produca gli effetti desiderati. Le proposte sono buone, ma non potranno dare risultati immediati. Il governo dovrà tenerne conto, ma non può cambiare dall’oggi al domani il quadro dell’economia europea e mondiale. In questo caso, tuttavia, gli effetti politici potrebbero essere più rapidi e importanti degli effetti economici. Ciò che più conta, infatti, al di là delle ottime intenzioni e dei buoni propositi, è la firma della Cgil in calce al documento. La maggiore organizzazione sindacale torna al tavolo delle trattative, accetta di «dialogare» (verbo magico della politica italiana) e sottoscrive un’intesa che potrebbe comportare una specie di consultazione permanente. E’ esattamente il contrario di ciò che la Cgil ha fatto dopo le elezioni del maggio 2001 e il «passaggio all’opposizione» dell’anno seguente. Potrebbe essere questo il primo segno di una nuova tendenza? E quali ne saranno le ripercussioni sulla strategia dell’opposizione in Parlamento? Cominciamo dalla Cgil. Guglielmo Epifani non è passato attraverso l’apparato del partito comunista. E’ un socialista milanese, tenace ma pragmatico, poco sensibile ai furori massimalisti di una parte della sinistra italiana. Negli scorsi mesi ha atteso senza dir nulla che Sergio Cofferati scegliesse il momento, per lui più opportuno, di entrare in politica e ne ha accettato pazientemente l’eredità. Quando Cofferati ha detto che qualsiasi modifica dell’articolo 18 avrebbe privato i lavoratori dei loro diritti, Epifani non ha sollevato obiezioni e si è comportato, anche dopo essere diventato segretario generale della Cgil, come un luogotenente. Quando Cofferati ha deciso, con una singolare inversione di rotta, di astenersi dal voto nel referendum sull’estensione di questi «diritti» ai lavoratori delle piccole imprese, il suo successore non ha lamentato «tradimenti», è rimasto fedele alla linea implicita nell’impostazione originale del suo predecessore e ha dignitosamente perduto. Quando Cofferati ha lasciato la politica nazionale e il suo «popolo» per candidarsi a sindaco di Bologna, città simbolo del comunismo riformatore, Epifani non ha detto nulla. Ma è probabile che abbia riflettuto su queste vicende e ne abbia tratto qualche conclusione. Dopo avere pagato il suo debito di fedeltà al vecchio leader, il nuovo segretario generale potrebbe essersi detto che la Cgil è più importante di Cofferati e che gli errori, se ripetuti testardamente, diventano imperdonabili. La Confindustria, dal canto suo, gli ha dato una mano. Dopo avere criticato la concertazione e inutilmente esortato il governo ad agire autonomamente, l’organizzazione di Antonio D’Amato ha cambiato strategia e ha accettato di ammettere nuovamente i sindacati sul ponte di comando dell’economia italiana. Epifani lo ha capito e ha firmato. Resta da vedere se questa svolta avrà ripercussioni sulla politica italiana. Per ora limitiamoci a constatare che il «correntone» (l’ala massimalista dei Ds), i «movimenti» e i girotondini hanno subito due lutti. Hanno perduto Cofferati, ormai impegnato a diventare il sindaco riformista di Bologna, e rischiano di perdere la grande «cinghia di trasmissione» rappresentata dal maggiore sindacato nazionale. Forse sono troppo testardi e passionali per accorgersene. Ma se ne accorgeranno certamente i leader socialdemocratici e riformatori del partito, da Piero Fassino a Massimo D’Alema. Se vogliono riprendere in mano il controllo della sinistra per affrontare da migliori posizioni la seconda metà della legislatura, questo, forse, è il momento.
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