12 gennaio 2004
L’ANALISI Torna la nostalgia della scala mobile
Un fantasma si aggira per il mondo sindacale: la rinascita della scala mobile. Le confederazioni Cgil, Cisl e Uil sono in difficoltà: per la perdita del potere d'acquisto delle retribuzioni; per la concorrenza dei sindacati autonomi sul fronte trasporti e nel pubblico impiego; per la determinazione del governo nell'accelerazione imposta alla riforma delle pensioni; per il deficit di risultati sulla trasformazione del welfare . Così, da qualche tempo, sono alla ricerca di una via d'uscita, concreta, tangibile. E accarezzano l'idea di portare a casa risultati sul terreno, sempre molto popolare e fortemente simbolico, della difesa degli stipendi, reintroducendo gli automatismi salariali. La stura alla nostalgia della scala mobile, esorcizzata sabato dallo stesso vicepremier Fini, e a nuove forme di indicizzazione degli stipendi è dovuta al pasticcio del contratto degli autoferrotranvieri, firmato il 20 dicembre e subito contestato. Ma il malessere che ha già condotto a una prima disdetta di tessere sindacali e all'incalzare dei Cobas data da più tempo, da quando cioè, grazie ai mancati controlli sugli aumenti dei prezzi, ha iniziato a porsi in tutta la sua evidenza la «questione salariale». Strettamente legata alla fine dell'altro caposaldo delle relazioni sindacali dell'ultimo decennio, previsto dall'accordo del luglio '93, governo Ciampi, quello della concertazione. Al di là di come andranno oggi i due importanti incontri con il governo, la mattina sulle pensioni, il pomeriggio sulla riforma del welfare, riuscirà la «questione salariale» a rinsaldare tra loro le confederazioni sindacali? E' possibile, anche se non si possono nascondere le differenze dell'impianto ideologico-culturale che le caratterizza e, quindi, le diverse strategie. Che hanno a che fare con il ruolo del sindacato e con la struttura della stessa contrattazione. Non è un caso che ad accarezzare maggiormente l'ipotesi di ripristinare meccanismi di scala mobile sia soprattutto, come hanno dichiarato autorevoli suoi esponenti, la Cgil, ma anche i Cobas, mentre Cisl e Uil sembrano più interessate a ridefinire funzioni e ruoli della contrattazione, armonizzando il peso del contratto nazionale con una più aggressiva contrattazione aziendale e territoriale. A confrontarsi, al fondo, sono due modelli di sindacato, tra i quali si è astutamente incuneato più volte il governo, prima con la questione dell'articolo 18, poi con la riforma Biagi e con il passaggio dalla concertazione al dialogo sociale. Sul fronte salari, la concertazione, inaugurata nel '93, ha dato i suoi frutti, ma oggi è saltata, per ragioni politiche, ma anche per l'inefficacia del suo dispositivo, troppo fiducioso nel livello di inflazione programmata, sonoramente battuto da quella reale. La Cgil, che soffre più di altri della concorrenza dei Cobas, continua a mantenere una visione centralistica della contrattazione. Per questo difende gelosamente il contratto nazionale come strumento principe. Per questo sarebbe più favorevole ai nuovi automatismi retributivi generali, tipo scala mobile. La Cisl, dall'altro canto, è più propensa a recuperi retributivi d'impresa o di territorio. Mai convertitasi ai modelli leninisti e centralisti, la confederazione è favorevole ad automatismi, ma di tipo partecipativo, anglosassone, legati a situazioni specifiche e a incrementi reali di produttività. Strano destino, quello della scala mobile. Nata nel '46 con valori diversi per sesso, qualifica, luogo e dimensioni d'azienda, assurta a feticcio egualitario con il «punto unico» nel gennaio del '75, la contingenza ha cominciato a morire nove anni dopo, quando venne sterilizzata, esattamente 20 anni fa, con l'accordo di San Valentino, governo Craxi. Abolita definitivamente nel '92, ora, proprio nell'anniversario dell'inizio del suo declino (14 febbraio '84), la scala mobile, madre di tutti i meccanismi di indicizzazione, potrebbe risorgere. Nelle forme che, unitariamente, nonostante i due modelli diversi di sindacato, le confederazioni riusciranno a trovare. Contro un governo che, nei modi e nei contenuti, dimostra di non poterle troppo sopportare.
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Walter Passerini
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 Economia
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