9/12/2003 ore: 11:09

"Commenti&Analisi" Salviamo il nostro welfare (A.Passoni)

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07.12.2003
disastri di governo
Salviamo il nostro welfare
Achille Passoni
segretario confederale Cgil

Se il dibattito parlamentare non produrrà un cambiamento radicale nell’impostazione e nei contenuti concreti della legge finanziaria, nel senso indicato dalle lotte sindacali e dall’imponente manifestazione
di ieri, un altro duro colpo verrà portato al sistema di stato sociale del nostro paese.
Per il terzo anno consecutivo, infatti, si produrrebbe una situazione di ingenti sottrazioni di risorse al sistema nel suo complesso, al punto di mettere seriamente in crisi un insieme di servizi che concorre a garantire protezioni sociali per tutti ed in particolare per chi ha meno. Se negli anni precedenti le regioni, i comuni e le province, raschiando tutti i barili possibili ed immaginabili, sono riusciti ad evitare la chiusura di servizi, o l’innalzamento oltre ogni ragionevole limite delle rette, con questo ulteriore colpo, temo
che non sia più possibile evitare il peggio. Questo accadrà in particolare nei piccoli comuni (sono oltre seimila quelli con meno di tremila abitanti), dove sarà impossibile garantire l’esistente quando il taglio dei finanziamenti si aggira attorno al quindici per cento. Questo accadrà nelle regioni, dove il servizio sanitario nazionale verrà sottoposto all’ennesima sottostima del fabbisogno,
al punto di rendere prevedibile, per l’anno prossimo, un deficit di oltre cinque miliardi.
Qui poi il rischio è, addirittura, quello del collasso: alla fine del triennio 2001-2003 il deficit accumulato sarà, prevedibilmente, non inferiore a diciotto miliardi; a questo si aggiunge il colossale accumulo di miliardi (circa quindici) dovuti al ritardo - anch’esso, come nel caso del deficit, ormai strutturale - col quale lo Stato versa alle Regioni quanto loro dovuto.
In sostanza, il ministro Tremonti semplicemente operando sulla cosiddetta cassa, fa mancare risorse alle regioni. Ovviamente, tutto ciò provoca anche indebitamenti paurosi a cui corrispondono costi ulteriori per finanziarli. Se ci si pensa bene siamo in presenza di cifre colossali: il doppio della attuale manovra di bilancio; quantità che ci riporta la memoria alle finanziarie dei primi anni novanta. Questo accadrà in tutte le realtà che istituzionalmente hanno la responsabilità di politiche e servizi di contrasto alla povertà - che coinvolge ormai milioni di persone - dove ci si confronterà con la
riduzione del trenta per cento del Fondo sociale e la cancellazione del Reddito minimo d’inserimento, unico strumento a disposizione per favorire davvero un reale reinserimento nel contesto sociale.
Oppure, accadrà negli enti locali quando, nel far fronte alla vera emergenza della non autosufficienza, non potranno contare, ancora una volta, su alcun aiuto dallo Stato perché il governo non
vuole costituire l’apposito Fondo. In questo caso al danno si sommerà, come nella passata estate a fronte di migliaia di decessi
di anziani, la beffa delle accuse di inadempienza del “Vice” Ministro della Sanità (perché ormai è arcinoto che il ministro
unico e vero è Tremonti).
Questo, infine, produrrà un’ulteriore caduta del reddito dei lavoratori e dei pensionati. Siamo in presenza di un disegno ben preciso, di una scelta politica inequivocabile del centro destra: stanno smantellando lo stato sociale! Stiamo parlando, cioè, di qualche cosa che non attiene ad una scelta ideologica neoliberista che si profilerebbe all’orizzonte. No. Stiamo parlando di qualcosa che è già in atto e non da oggi.
Il nostro primo compito è, quindi, quello di batterci fino all’ultimo giorno per impedire che questa finanziaria venga approvata. Ma questa lotta necessaria, seppur difensiva, dovrà arricchirsi di contenuti e obiettivi in grado di aprire una nuova fase della battaglia per la difesa dello stato sociale. Una battaglia in grado di coniugare universalismo, equità, solidarietà al grande tema della qualità.
Il sistema ha bisogno, infatti, di grandi e rinnovate iniezioni di qualità. Ha bisogno, cioè, che questa parola d’ordine diventi, anche in questo settore, il volano di un nuovo sviluppo e di una affermazione vera di cittadinanza. Per fare questo occorre con forza porre il problema di mettere a disposizione più risorse. Dobbiamo rivendicare che quel differenziale che separa l’Italia dal resto dell’Europa, relativamente all’incidenza della spesa pubblica sul Pil, venga colmato.
Non metto in dubbio che le operazioni di razionalizzazione e di risparmio, là dove possibili, siano sempre giuste e ne cessarie ma, ormai, il punto è un altro. Senza un aumento delle risorse non è possibile difendere, con il necessario ed indispensabile consenso dei cittadini, il sistema di protezioni sociali che per tutto il novecento il movimento operaio ha costruito nel nostro paese e che è parte di quella originalità e peculiarità di tutto il vecchio contenente.
Questo chiama in causa certamente il tema delle modalità di reperimento delle risorse. E allora, con la stessa chiarezza
con la quale abbiamo escluso qualsiasi possibilità di loro trasferimento da un capitolo all’altro (vedi previdenza), allo
stesso modo occorre affrontare il tema del fisco. La riforma Tremonti a regime non provocherà solo iniquità perché premierà
chi già oggi ha di più. Produrrà anche caduta di gettito che si scaricherà ovviamente sul taglio della spesa sociale. Nella logica del centro-destra ciò significa portare a compimento lo smantellamento
dello stato sociale. Una logica siffatta di riduzione delle tasse non può essere la nostra, semplicemente perché non corrisponde agli interessi che noi rappresentiamo.




   

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