28/1/2003 ore: 11:00

"Commenti&Analisi" Quel senso di perdita nella gente comune - di N.Colajanni

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Martedí 28 Gennaio 2003
COMMENTI E INCHIESTE
Quel senso di perdita nella gente comune

DI NAPOLEONE COLAJANNI

Chi avesse seguito la colonna che tengo su questo giornale avrà probabilmente compreso che cerco di attenermi a fatti valutabili nel modo più corposo e cerco sempre di evitare considerazioni di carattere troppo generale, che puntano spesso a suscitare sentimenti più che a sollecitare ragionamenti. In particolare non do alcun credito alla cosiddetta psicologia delle masse, che imbeve la cultura di tanti commentatori. Chi avesse letto su questo giornale il contributo che ho portato alla ricostruzione della personalità di Gianni Agnelli avrà notato che a questo modo di pensare mi sono attenuto ancora una volta. Ma oggi per la spiegazione di certi fatti non ci si può riportare facilmente ad altri fatti, almeno in un primo approccio, e quindi non si può fare a meno di ricorrere a ipotesi che riguardano orientamenti profondi, quasi inconsci, di grandi masse di uomini. Dirò che la risposta alla scomparsa di Gianni Agnelli mi ha sorpreso e colpito, perché ritengo che, quale che fosse l'eccezionalità del personaggio, sia stata sproporzionata. Attribuire alla scomparsa un significato epocale, come qualcuno ha fatto, mi pare francamente un'esagerazione. Posso invece comprendere l'interesse dei mass media. Questi hanno colto immediatamente un sentimento spontaneo e di fondo, e lo hanno amplificato, ma il fatto che conta è che questo movimento c'è. Certamente non passerà molto tempo che si affievolirà e la tv andrà alla ricerca di altri fatti clamorosi , ma l'impressione che ho avuto è che molta, moltissima gente, compreso gran numero di appartenenti alla classe operaia (uso il termine pur sapendo bene che come classe è scomparsa), si sia sentita come orfana. Come pervasa da uno smarrimento che porta all'incertezza e alla confusione, e persino il cardinale di Torino è arrivato a non accorgersi della presenza del Presidente del Consiglio e a concludere la sua omelia occupandosi di politica industriale. Dobbiamo interrogarci sul perché di questo comportamento, che forse avrebbe suscitato qualche garbata ironia dell'Avvocato. Mi si consenta qualche tentativo di andare più a fondo. Forse si tratta della mancanza di punti di riferimento in cui si coaguli un certo sistema di valori e così tanta gente è stata spinta ad aggrapparsi ad una figura che certamente aveva le caratteristiche personali per esercitare questo ruolo, ma anche orientamenti che difficilmente si potevano considerare come espressione dell'interesse generale del Paese. Agnelli era certamente un liberale, ma non mi sembra che abbia dimostrato voglia di impegnarsi, se non in modo marginale, per cambiare il Paese. Del resto di questi limiti mi sembra che egli sia stato perfettamente consapevole se, come ha rivelato Oscar Luigi Scalfaro, rifiutò di prendere in considerazione, anche alla lontana, l'idea di diventare Presidente del Consiglio. La realtà è che mancano i punti di riferimento. Abbiamo cominciato con la crisi dei partiti, presentata come crisi delle ideologie, mentre era crisi di determinati orientamenti, non soltanto di sinistra. Oggi siamo alla crisi degli uomini. Dobbiamo ritornare alle grandi scelte, alle concezioni del mondo, agli autentici sistemi di valori e se non abbandoniamo il culto inconscio della personalità di qualcuno non usciremo mai dalla condizione in cui ci troviamo. Si capisce bene con la libertà per ciascuno di scegliersi la sua visione, e dando spazio al loro confronto, libero e democratico.

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