10/12/2003 ore: 11:15

"Commenti&Analisi" Le alternative possibili alla riforma delle pensioni (T.Boeri e A.Brugiavini)

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MERCOLEDÌ 10 DICEMBRE 2003

 
 
Pagina 17 - Commenti
 
 
Le alternative possibili alla riforma delle pensioni
          TITO BOERI AGAR BRUGIAVINI

          Dopo la manifestazione di Roma, il Governo intende riaprire il confronto con le parti sociali sulla riforma previdenziale. Perché sia produttivo ci vogliono informazioni puntuali sugli effetti della riforma Tremonti e proposte alternative su cui discutere.
          Per cercare di rimediare al primo problema abbiamo condotto uno studio di simulazione basato su dati individuali. Le nostre stime mostrano che in alcuni scenari la "Tremonti" costerebbe di più dello status quo, cioè produrrebbe delle perdite, già nel 2024 (secondo la Ragioneria ciò avverrà solo nel 2040). Utile un chiarimento anche sulle ipotesi che stanno alla base della relazione tecnica agli emendamenti presentati dal Governo al Senato. Il Governo ipotizza, ad esempio, che un sesto dei lavoratori dipendenti (sia pubblici che privati) interessati accetterà le forti penalizzazioni previste per chi volesse continuare a fruire della finestra "35+57" per accedere alla pensione di anzianità dopo il 2008. Ma aspettando qualche anno, questi lavoratori riceverebbero una pensione fino al 60% più alta. Saranno dunque licenziati? Forzati dai loro datori di lavoro ad andare in pensione anzitempo? Ma non era il nostro un mercato del lavoro rigido? E come potrebbe ciò avvenire anche nel settore pubblico?
          (?) La ragione per cui i risparmi della Tremonti sono incerti è che la riforma impone un blocco delle uscite per anzianità, senza tenere conto di possibili variazioni nelle scelte individuali di pensionamento da quando entreranno in vigore le norme della riforma Dini. Man mano che entreranno in vigore i nuovi metodi di calcolo della pensione (ciò avverrà dal 2013 in poi), ad ogni ritardo nelle uscite corrisponderà ad un aumento permanente nella prestazione.
          Per rimediare alla mancanza di proposte alternative, abbiamo provato a confrontare gli effetti della Tremonti con quelli di una riforma che si limiti ad anticipare l´entrata in vigore della Dini, introducendo fin da subito (anche in modo graduale) aggiustamenti degli importi per chi va in pensione prima dei 65 anni, sulla base di principi di neutralità attuariale, senza quindi incidere sugli equilibri di lungo periodo delle casse previdenziali e senza modificare i requisiti contributivi per l´andata in pensione. Si arriverebbe ad una riduzione massima degli importi del 23%, per chi esce a 57 anni, che scenderebbe a zero per chi va in pensione a 65 anni (sia uomini che donne). Quindi per coloro che pianificano di andare in pensione a 65 anni, il trattamento non cambierebbe rispetto allo status quo. Questa riforma ha effetti meno incerti della Tremonti. Soprattutto non si arriva mai a risparmi negativi, perché la riforma prospettata si limita a convergere più rapidamente verso le regole del sistema contributivo. Ovviamente la Tremonti porta a risparmi maggiori fino a circa 2028 (la fase stringente del blocco). Si noti, tuttavia, che ciò avviene solo in assenza di fughe verso le anzianità prima del 2008. Se si contemplasse una fuga di soli 100.000 lavoratori da qui al 2008, i risparmi in valore attuale della Tremonti sarebbero inferiori a quelli della riforma alternativa anche solo concentrandosi sul periodo 2004-2030.
          I risparmi non sono comunque l´unico obiettivo di una riforma previdenziale. E´ molto importante assicurare maggiore equità sia intergenerazionale (riducendo le differenze di trattamento fra individui di diverse classi di età) che intra-generazionale (riducendo il rischio di avere individui al di sotto della linea di povertà nella stessa generazione). Una misura dell´iniquità è data dalla "dispersione" nei tassi di sostituzione (il rapporto fra pensione e ultimo salario) di individui con medesime anzianità anagrafiche e contributive rispetto alla media, calcolate tra il 2004 e il 2030. Le differenze di trattamento (e quindi la dispersione) aumentano fino a 6 volte con la Tremonti, mentre si riducono con la riforma alternativa, rispetto allo status quo. Infatti le decurtazioni attuariali si limitano ad accelerare la transizione al sistema introdotto dalla riforma Dini, ereditandone le proprietà di "neutralità" attuariale. Quanto all´equità intra-generazionale, la riforma alternativa riduce le prestazioni al massimo del 23% (contro il 50-60% che la Tremonti imporrebbe, a quanto pare, a un sesto dei lavoratori interessati).
          Una ulteriore differenza non trascurabile è che la Tremonti parte nel 2008 (e di fatto non intacca la situazione di alcune coorti anche dopo il 2008), mentre la riforma alternativa è applicabile in forma non traumatica già dal 2004. Di qui la possibilità, con la riforma alternativa, di alimentare fin da subito ammortizzatori sociali (come un reddito minimo garantito) per i lavoratori tra i 57 e i 65 anni di età. E, come contemplato dalla riforma Dini, il pensionamento prima dei 65 anni di età sarebbe possibile solo se in grado di alimentare trattamenti superiori ai minimi sociali.

(la versione integrale di questo
intervento è disponibile sul sito
www.lavoce.info)

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