16/11/2005 ore: 12:01
"Commenti&Analisi" La legge Biagi tra banlieue e ipocrisie italiane (M.Tiraboschi
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PRIMA PAGINA - Pagina 1 e 10 LAVORO E INTEGRAZIONE La legge Biagi tra banlieue e ipocrisie italiane Così, se di discriminazioni e segregazioni si vuole proprio parlare, si rifletta allora sui dualismi dei mercati del lavoro europei, dove i privilegi degli insider, che beneficiano di livelli di tutela senza pari al mondo e spesso fuori mercato, sono pagati dagli outsider. Le conseguenze sono scontate e sotto gli occhi tutti anche se poi gli occhiali dell'ideologia annebbiano la vista. Sta di fatto che, accanto ai giovani e alle donne, che ancora subiscono rilevanti penalizzazioni nell'accesso al mercato del lavoro, sono proprio - e soprattutto - le minoranze etniche a fare le spese di un quadro regolatorio, inadatto alle dinamiche della nuova economia. È dunque nella negazione del più elementare dei diritti, il diritto al lavoro, che si creano poi divisioni tra cittadini di serie A e cittadini di serie B. Può essere indubbiamente più suggestivo e in un certo senso anche tranquillizzante, per una opinione pubblica irrequieta e spaventata dal futuro come quella occidentale, leggere diversamente i fatti di Parigi e avviare raffinate discussioni intellettuali sulle radici dell'odio. Immaginare cioè che tutto sia colpa di islamici esaltati e incontrollati, emarginati delle periferie e spacciatori di droga confinati in ghetti da una classe politica incapace di costruire per loro reali percorsi di integrazione secondo un più o meno razionale modello multiculturale. Ma così non è. La verità, come afferma l'«Economist», è che nei sobborghi parigini e delle altre città francesi manca il vero collante di ogni aggregazione sociale e cioè il lavoro. In effetti, è nelle analisi delle regole giuridiche di funzionamento dei mercati del lavoro, e non in esoteriche dispute sui differenti modelli di assimilazione, integrazione e cittadinanza, che possono essere trovate le vere differenze tra l'Europa continentale e Paesi come Stati Uniti e Regno Unito. Questi ultimi hanno conosciuto, nell'ultimo decennio, una robusta crescita e hanno creato milioni di nuovi posti di lavoro. La Francia e il resto dell'Europa hanno invece fallito rispetto a entrambi gli obiettivi. Con la sola eccezione dell'Italia che, pur in un contesto di crescita modesto, ha tuttavia saputo creare oltre un milione e mezzo di posti di lavoro. Chi oggi imputa al "pacchetto Treu" e alla legge Biagi tutti i mali del nostro mercato del lavoro divrebbe almeno riflettere sulla circostanza che dal 1998 al 2004 il tasso d'occupazione italiano è cresciuto di ben 4,5 punti percentuali. Oltre il doppio rispetto alla media europea. Indubbiamente sulle recenti riforme del mercato del lavoro c'è ancora troppa confusione . Tanto è vero che ad esse si attribuisce, come nel caso della vertenza dei giornalisti, l'introduzione di flessibilità e forme di lavoro, come gli appalti, il distacco e le famigerate co.co.co., che esistono da molto prima. Tuttavia, e al di là delle molte peculiarità dello sciopero dei giornalisti contro la riforma Biagi, non può allora essere solo una singolare coincidenza se, da noi, sono gli insider del meracato del lavoro a scioperare contro una legge che ha, come suo principale obiettivo, quello dell'inclusione di un numero maggiore di persone oggi ai margini della società perché senza un'occupazione fosse anche flessibile o che dir si voglia precaria. Gli osservatori più attenti ricorderanno del resto che la legge 30 di riforma del mercato del lavoro ha mosso i primi passi nel "laboratorio milanese" di Marco Biagi. Ci riferiamo al famoso patto promosso dal Comune di Milano, e rifiutato dalla Cgil, che immaginava per gli immigrati delle periferie, dove il disagio e l'esclusione erano già allora evidenti, percorsi graduali e concreti con le parti sociali di regolarizzazioni, e successiva stabilizzazione, attraverso deroghe temporanee agli standard generali del diritto del lavoro. Una soluzione probabilmente di confine, come pure di confine sono le nostre periferie. Una soluzione sicuramente anche tormentata, e non solo per le feroci critiche di quei raffinati intellettuali che possono agiatamente - ed elegantemente - discutere dei problemi del disagio e dell'emarginazione comodamente seduti nelle loro case e nei salotti televisivi. Certo è che, allo stato, non sono ancora emerse alternative valide e realisticamente praticabili. Chi come Sergio Cofferati si è a suo tempo rigidamente opposto a soluzioni sperimentali come quella del Patto di Milano e, a seguire, della legge Biagi, accusandole di introdurre nuove forme di marginalizzazione e mercificazione del lavoro, ha sino a oggi dimostrato di poter fare in alternativa una sola cosa. Ricorrere alla forza e all'ordine pubblico in nome della legalità. A Bologna, proprio come stanno facendo ora a Parigi e Lione quanti hanno rinunciato all'idea di poter modernizzare il mercato del lavoro. tiraboschi@unimore.it |