26/9/2005 ore: 10:35
"Commenti&Analisi" La Cgil compie cent'anni. O forse no (P.Ichino)
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sabato 24 settembre 2005 ANNIVERSARI Negli anni immediatamente successivi le cose andarono come si sa: nel 1948 i cattolici e i laico-socialisti se ne andarono per dar vita a quelle che sarebbero diventate di lì a poco la Cisl e la Uil. Ma nonostante quelle scissioni la Cgil di Di Vittorio conservò il suo dna originario resistenziale. Per tutti gli Anni ' 50, nei quali governo e industriali perseguivano con ogni mezzo la sua espulsione dal tessuto produttivo, la Cgil non solo conservò una linea di moderazione salariale e, più in generale, di compatibilità della propria iniziativa con le esigenze di stabilità e crescita del Paese; ma soprattutto mantenne la porta aperta ai «fratelli separati». Ed era un' apertura reale, nutrita di un ecumenismo sindacale profondo e radicato. L' unità di azione con Cisl e Uil arriverà poi negli Anni ' 60, per portare a un passo dall' unificazione organica all' inizio dei ' 70. In quegli anni le divergenze tra Cgil e Cisl nella concezione del sindacato e del suo rapporto con i lavoratori sembravano davvero del tutto superate. Questa vocazione unitaria e fondamentalmente cooperativa nei confronti del sistema-Paese - nonostante i toni conflittuali talora prevalenti al livello aziendale - riemerge con forza nella Cgil di Lama, nel pieno della crisi economica della seconda metà degli Anni ' 70, poi ancora con la firma del protocollo Scotti del 1983; e, pur tra alterne vicende, rimane viva fino ai grandi accordi del 1992 con il governo Amato e del 1993 con il governo Ciampi, che salvano l' Italia dal disastro. Ma già allora si avvertono i segni di una trasformazione che sta maturando: non è casuale che Bruno Trentin, subito dopo la firma del primo di quei due accordi, debba dimettersi da segretario generale. Poi, nel corso dell' ultimo decennio, la vocazione unitaria sembra progressivamente spegnersi. Come per una mutazione genetica, nella Cgil affiora e via via si rafforza l' anima di un sindacato che all' unità con gli altri preferisce la difesa della propria identità: quando nel 1996 e nel 1997 il segretario della Cisl D' Antoni offre di aprire la fase costituente di un nuovo sindacato unitario e la Uil di Larizza gli si affianca, la Cgil di Cofferati si ritrae come spaventata da quella prospettiva, anche perché la sua ala sinistra minaccia altrimenti la scissione. Quanto alla politica economica, già nel giugno 1996 una clamorosa sortita della Cgil contro le scelte del neo-costituito governo Prodi in materia di politica dei redditi è la spia di una nascente ostilità verso il metodo della concertazione tripartita; ostilità che è destinata naturalmente a rafforzarsi con il cambio di maggioranza del 2001; da allora il gioco sistemico dello scontro con il governo di centro-destra ha l' effetto di accelerare la mutazione e di esaltare l' alterità tra Cgil da un lato, Cisl e Uil dall' altro. Forse il senso del «centenario» è proprio questo: la Cgil sta perdendo la «i» che si era data nel 1944; sta tornando alla Cgl orgogliosamente socialista, che vedeva capitale e lavoro come due entità naturalmente e inconciliabilmente contrapposte. Se questa è la sua scelta, essa è degna del massimo rispetto; perché nessuno può dire in astratto quale dei modelli di sindacalismo porti risultati migliori per i lavoratori, se quello conflittuale o quello cooperativo: dipende in gran parte dalla qualità - soprattutto affidabilità e competenza - del management che sta dall' altra parte. Se questa, dunque, è la scelta della Cgil, non è più tempo di unità sindacale nel senso in cui se ne è parlato fin qui. La sola unità possibile e auspicabile tra Cgil, Cisl, Uil e tutti gli altri sindacati può consistere in un' intesa tra loro per darsi una cornice, entro la quale modelli di sindacalismo diversi possano confrontarsi apertamente, rispettandosi e senza paralizzarsi a vicenda. Qui ha ragione la Cgil, con o senza la «i»: l' unità del movimento sindacale oggi non può esprimersi altrimenti se non nel darsi la regola per cui, in caso di dissenso insanabile, contratta con pieni poteri il sindacato che nell' azienda o nel settore ha la maggioranza dei consensi; e gli altri si impegnano a rispettare le sue scelte. |