3/7/2004 ore: 12:17

"Commenti&Analisi" E Savino sognò l'arrivo di giovani leader (F.Verderami)

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sabato 3 luglio 2004

Sette Giorni
di Francesco Verderami

E SAVINO SOGNÒ L’ARRIVO DI GIOVANI LEADER

Da mesi ragionava attorno a quel concetto per certi aspetti rivoluzionario, ma geloso com’è dell’autonomia sindacale non voleva commettere l’errore inverso, invadendo il campo altrui. Eppure ogni volta che poteva Savino Pezzotta sollecitava i suoi interlocutori di Palazzo a muoversi. «Perché il panorama politico è bloccato, quasi sclerotizzato. I giovani aspettano di venire cooptati invece di porsi alla testa del rinnovamento e produrre finalmente un ricambio generazionale nei due poli». Dopo l’avvento di Luca di Montezemolo a Viale dell’Astronomia, il leader della Cisl ha riproposto il quesito durante alcuni colloqui riservati, «e se Confindustria ha avuto il coraggio di cambiare, se anche gli imprenditori hanno capito che andava dato un segnale, la classe politica non può restare indietro. Temo che non accada nulla, e tuttavia confido di sbagliarmi. Vorrei vedere i giovani correre e rischiare. Solo così si introducono elementi di innovazione, solo così una nuova classe dirigente può prendere il sopravvento».
In pubblico Pezzotta non si è mai sbilanciato, semmai ha un modo tutto suo di schermirsi, sostenendo di non capir «nulla di politica perché non frequento mai i politici nei salotti». Invece di politica ne capisce, e i politici li incontra nei luoghi più impensati. Fu nella lavanderia di un famoso hotel romano che avviò la trattativa con il governo sul «Patto per l’Italia», e fu a casa del ministro del Lavoro Roberto Maroni che insieme al leader della Uil mise a punto quel progetto con i rappresentanti dell’esecutivo. Perciò un mese fa Guglielmo Epifani non capiva come mai i suoi due colleghi si muovessero con una certa familiarità in quell’abitazione, quando anche lui venne invitato per stipulare l’accordo che evitò il fallimento di Alitalia.
La verità è che, al contrario del suo predecessore, Sergio D’Antoni, il capo della Cisl non è tentato di attraversare il fiume, sebbene sull’altra sponda desidererebbe scorgere altri volti. «E sia chiaro che non ho nulla contro Silvio Berlusconi o Romano Prodi, semmai ce l’ho con chi dovrebbe muoversi», va ripetendo in questi giorni: «Il fatto è che in Italia c’è un enorme tappo, sotto il quale le nuove leve sono immobili come fossero in adorazione delle icone. E mica siamo ortodossi». Ma lui sa che da tempo nel Palazzo si parla della «necessità di una rivoluzione», di un «cambio generazionale che liberi nuove energie». Al momento però sono solo discussioni carbonare, e i concetti vengono espressi sempre sottovoce.
È il frutto malato della cooptazione, e servirebbe un vaccino per liberare i giovani politici da quella tara ereditaria, «che li induce a chiedere un collegio sicuro o un ministero sicuro. E se questa sicurezza non c’è, allora si cambia la casacca e ci si accampa sotto un’altra tenda. Che ovviamente dev’essere sicura». Forse non cambierà nulla, o forse no. Ma dopo la svolta di Confindustria, Pezzotta si è convinto della necessità di un ricambio generazionale: «Perché avvenga, le nuove leve devono prendere coraggio. Anche in politica deve valere il criterio darwiniano».



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