6/7/2005 ore: 11:38
"Commenti&Analisi" Contratti, la lezione Mortillaro (R.Delvecchio)
Contenuti associati
ITALIA LAVORO - pagina 20 di Raffaele Delvecchio* * Master di Scienze applicate del lavoro Università La Sapienza di Roma Già nel 1991 scriveva: «Il sistema da adottare deve essere il più elastico possibile per adattarsi nel tempo» Queste preoccupazioni espresse nel 1991 vengono confermate due anni dopo, dopo che sarà firmato il protocollo del ‘ 93. In un inedito scriveva infatti: « È presto per parlare di intesa storica » . Insomma la sua preoccupazione era che non si riuscisse a porre rimedio all'anomalia italiana di applicare non un unico sistema contrattuale bensì entrambi quelli presenti nel catalogo comparativo, finendo così per sanzionare l'obbligo del secondo livello. Bisogna dire a distanza di dodici anni, che quel protocollo ha conseguito l'obiettivo sperato fugando le preoccupazioni di Mortillaro. L'alternativa alla fine della scala mobile era stata prefigurata da tempo. La si trova anticipata in una lettera del 1983 inviata da Ezio Tarantelli a Franco Modigliani in cui si metteva in evidenza la necessità di far perno su predeterminazione del tasso d'inflazione presa a riferimento per la dinamica dei salari e percentualizzazione del punto di crescita. Bisogna riconoscere che Tarantelli e gli altri operatori e studiosi seppero darci linee interpretative convincenti e in sintonia con il comune sentire, avendo dissodato ben bene il terreno dell'analisi del problema. Ma ritorniamo alle preoccupazioni del professore. Per evitare la generalizzazione del secondo livello, nel corso del negoziato che portò al protocollo del ' 93, Luigi Abete, allora presidente di Confindustria, chiese a più riprese che la contrattazione aziendale venisse esclusa per aziende rientranti sotto una certa soglia dimensionale. Il Governo non assecondò questa soluzione secca e preferì propendere per una condizione d'accesso non discriminatoria ma " inclusiva" in funzione della competenza aziendale a individuare, regolare e definire premi di produttività realmente incentivanti. Certo il sistema che sinora ha tenuto, mostra difficoltà proprio su questo lato, perché i lavoratori esclusi chiedono di essere ammessi a questi premi. Ma sarebbe davvero un peccato se inseguendo buone intenzioni, le parti sociali approdassero a un qualcosa che non sia nel comune sentire, che non risponda cioè a convenienze reali come in ogni contratto. La prima condizione da rispettare per cambiare è la conoscenza reale dei problemi e dei dati caratterizzanti la nostra situazione: ad esempio, differenza fra le piccole e grandi aziende. La seconda condizione rinvia alla necessità di indicare l'obiettivo: pagare di più, pagare di meno, pagare meglio. La terza condizione è di garantire la governabilità del sistema salariale. |