28/3/2003 ore: 11:12

"Commenti&Analisi" Con la dottrina di Bush tramonta una leadership - di A.Schlesinger jr

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              Venerdí 28 Marzo 2003

              I dubbi e le certezze dell'America
              Con la dottrina di Bush tramonta una leadership



              di ARTHUR SCHLESINGER JR
              Siamo di nuovo in guerra, ma non in
              seguito a un attacco nemico. Ma adesso
              che ci siamo imbarcati in questa
              disavventura, speriamo che il nostro intervento
              sia rapido e decisivo e che sia possibile
              ottenere la vittoria con il minor numero
              possibile di perdite da parte americana, britannica
              e tra i civili iracheni. Ma continuiamo
              a porci la domanda sul perché il nostro
              Governo abbia scelto di intraprendere questa
              guerra. La scelta riflette una svolta decisiva
              nella politica estera americana, in cui la dottrina
              strategica di contenimento e dissuasione,
              che ci aveva portato a una vittoria pacifica
              durante la Guerra fredda, è stata sostituita
              dalla dottrina di Bush che persegue una guerra
              preventiva. Il Presidente ha adottato una
              politica di "autodifesa preventiva" uguale a
              quella che il Giappone imperiale aveva applicato
              a Pearl Harbor.
              Franklin D. Roosevelt aveva ragione, ma oggi siamo
              noi americani a vivere nel disonore. La grande ondata di simpatia che ha avvolto gli
              Usa dopo l’11 settembre ha ceduto il posto a un’ondata generale di odio verso l’arroganza
              e il militarismo americano.
              La dottrina di Bush ci trasforma in giudici, giuria e
              carnefici del mondo, un’autocandidatura che porterà al ridimensionamento della nostra
              leadership. C’è il sospetto di fondo che stiamo andando in guerra contro l’Irak perché
              si tratta dell’unica guerra che possiamo vincere. Non siamo in grado di vincere la guerra contro al
              Qaida, perché al Qaida colpisce nell’oscurità
              per poi scomparire. Non siamo in grado di
              vincere una guerra contro la Corea del Nord,
              perché quest’ultima possiede armi nucleari.
              In verità, il pericolo rappresentato dalla Corea
              del Nord è molto più evidente, presente e
              impellente di quello dell’Irak e il nostro diverso
              comportamento nei confronti di questi
              due Paesi rappresenta un forte incentivo per
              altri Stati ribelli a sviluppare i rispettivi arsenali
              nucleari.
              Come siamo arrivati a questa terribile
              situazione senza aver cercato prima un dibattito?
              Nessuna guerra è stata prevista in modo
              così palese come questa. Malgrado i
              dinieghi formali, la determinazione del presidente
              Bush a entrare in guerra è stata
              evidente fin dall’inizio. Perché allora questa
              mancanza di dialogo? Perché il crollo del
              Partito democratico? Perché il movimento
              di opposizione si è lasciato coinvolgere dagli
              atteggiamenti infantili della sinistra?
              Penso che una grossa colpa sia da attribuire
              ai mezzi di comunicazione. Sono stati fatti
              grandi sforzi da parte del Congresso per dare
              il via a un dibattito. I senatori democratici
              Edward M. Kennedy del Massachusetts e
              Robert C. Byrd del West Virginia hanno
              pronunciato discorsi forti e motivati contro
              la corsa alla guerra, in gran parte però ignorati
              dai mezzi di comunicazione. Alcuni filantropi
              hanno dovuto pagare il «New York
              Times» per pubblicare il testo del 12 febbraio
              di Byrd come pubblicità a tutta pagina. Un
              discorso che era stato ignorato dai media al
              momento del suo pronunciamento. I mezzi
              di comunicazione hanno enfatizzato le dimostrazioni
              di massa a spese di argomentazioni
              ragionate contro la guerra.
              Secondo i sondaggi, gran parte degli americani
              malinformati ritene che Hussein abbia
              qualcosa a che fare con gli attacchi a New
              York e al Pentagono. Hussein è un delinquente,
              ma non ha avuto niente a che fare
              con l’11 settembre. Molti americani, forse la
              maggior parte di loro, credono che una guerra
              contro l’Irak rappresenti una sferzata al
              terrorismo internazionale. Ma da quanto rilevato
              nella zona si nota molto chiaramente
              che il reclutamento è molto più facile per al Qaida
              e per altre bande assassine.
              Che cosa avremmo dovuto fare? Che cosa sarebbe successo se l’opposizione alla guerra avesse ricevuto un maggiore appoggio dai media?
              Esistono due argomentazioni forti per la guerra: da
              un lato che Saddam Hussein possa acquistare lungo il percorso armi nucleari e, dall’altro, che il popolo iracheno meriti di essere liberato dalla
              sua mostruosa tirannia. A differenza delle armi biologiche e chimiche, quelle nucleari, e
              gli stabilimenti che le producono, sono difficili da nascondere. Ispezioni, sorveglianza, intercettazioni
              telefoniche e spionaggio sarebbero in grado
              di stabilire le intenzioni di Hussein. È possibile
              fermarlo, non è immortale!
              L’argomentazione più forte è l’intervento
              umanitario. È proposto con poco garbo da
              un’amministrazione composta anche da persone
              che non hanno avanzato alcuna obiezione
              per le atrocità di Saddam nei confronti
              dei diritti umani quando quest’ultimo era in
              guerra con l’Iran. Ma noi abbiamo l’obbligo
              morale di combattere i tiranni peggiori ovunque
              essi si trovino?
              Saddam Hussein è indiscutibilmente un
              mostro. Ma ciò significa che dobbiamo
              togliergli il potere con la forza? «Ovunque
              sia stato o sarà reso palese il concetto
              di libertà e indipendenza — disse l’allora
              segretario di Stato John Quincy Adams il
              4 luglio del 1821 in un discorso contro la
              tentazione di andare in cerca di mostri da
              distruggere — ci sarà il cuore, la benedizione
              e le preghiere dell’America, ma non
              per cercare i mostri da distruggere al di
              fuori del Paese». Ora noi stiamo andando
              all’estero per distruggere un mostro. Il
              risultato, e cioè come l’America si comporterà
              in Irak e nel mondo, fornirà la
              prova decisiva per stabilire se la guerra
              può essere giustificata o meno.

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