4/3/2006 ore: 10:32
"Cgil" Chiedere senza dare (M.Salvati)
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Pagina 1 e 36 - Opinioni Sar? stato soltanto un grande spettacolo che non ? servito a lanciare alcuna idea nuova e forte, un bel rito di una grande organizzazione inscenato prevalentemente ad uso interno. La Cgil ? preoccupata per la situazione economica italiana, cos? preoccupata che il documento congressuale porta il titolo ?Riprogettare il Paese?. Quando si va per? a cercare il nuovo progetto si trova un nutrito elenco di aspirazioni dalle quali ? difficile dissentire, ma nessuna indicazione delle strategie per realizzarle. Migliorare le condizioni salariali dei lavoratori dipendenti, ridurre la precariet? del lavoro, tutelare il potere d’acquisto delle pensioni, arrivare ad una istruzione pubblica di alto livello, spingere l’industria italiana sulla via alta della competitivit? e non illudersi che la via bassa, con salari infimi e lavoro precario, sia sufficiente - e non procedo perch? l’elenco ? facilmente immaginabile - sono tutte aspirazioni sacrosante. Sacrosante e per? costose, o in termini finanziari, o di risorse culturali e organizzative, o di consenso politico, perch? la loro attuazione comporta spesso scelte impopolari. A questa obiezione Epifani potrebbe rispondere: cerca le risposte nei programmi delle due coalizioni che si stanno fronteggiando, perch? ? proprio dei partiti e del governo il compito di indicare le strategie di realizzazione. Troppo facile. La Cgil ? un attore sociale cos? importante che non pu? scaricare su altri l’onere di trovare le risposte e limitarsi a fare domande. Se Kennedy ingiungeva ad ogni singolo cittadino ?non chiederti quanto il Paese ti pu? dare, chiediti quanto tu puoi dare al Paese?, questo vale a maggior ragione per la Cgil. Un sindacato, oltretutto, che si ? sempre fatto vanto di difendere gli interessi di tutti lavoratori e pensionati (di fatto una gran parte del Paese) e non soltanto dei suoi iscritti. Un sindacato che pu? adottare o non adottare strategie rivendicative e contrattuali che hanno grande importanza su cruciali variabili economiche. Se gli accordi del ’92 e del ’93 hanno contribuito non poco a domare l’inflazione, al prezzo di rallentare la crescita dei salari reali spostando la distribuzione del reddito a favore dei profitti - e di questo il sindacato rivendica il merito - che cosa pu? ora ?dare al Paese? per aiutarlo a risollevarsi da una situazione che giustamente descrive come ancor pi? disastrosa dei primi anni ’90? Di concertazione - parola magica di quegli anni - non si parla se non per dire che il grado di accordo tra i sindacati dev’essere maggiore di quello che ? ora per poterla fare. Al suo posto compare l’idea di un ?patto fiscale di legislatura? per reperire le risorse necessarie a ?riprogettare il Paese?. Di che cosa si tratta? In cambio, il sindacato che cosa d?? Moderazione salariale, come nel decennio scorso? Impossibile, perch? i redditi dei lavoratori dipendenti sono rimasti indietro rispetto agli altri redditi e sono veramente bassi. Una riforma della contrattazione per venire incontro alle esigenze delle imprese e adattare i salari ai diversi livelli di produttivit? territoriali? Ma no, il contratto nazionale ? difeso a spada tratta. L’accettazione di un prolungamento dell’et? lavorativa, per estrarre qualche risorsa dal sistema della previdenza? Non se ne parla nemmeno. E allora di che ?patto? si tratta? |