"Buongiorno" Forza Ikea (M.Gramellini)
 22 novembre 2003

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Dopo la scuola, che evidentemente nei posti freddi funziona ancora, l'istituzione in cui gli svedesi hanno più fiducia non è il Parlamento ma l'Ikea. Quando vanno in una capitale estera, il loro punto di riferimento non è l'ambasciata in centro, ma il capannone gialloblù in periferia: lì si sentono a casa. Per la cronaca, i politici di Stoccolma le buscano pure dalla Volvo, anche se superano di poco il telefonino Ericsson. Che a sua volta, nonostante abbia licenziato un bel po' di biondoni, rimane sempre più affidabile della povera Unione Europea.
Il sondaggio commissionato dalla Media Akademin (la monarchia non risulta inserita fra le voci, forse per evitarle brutte sorprese) racconta che gli uomini del Duemila non abitano nazioni, ma marchi e si sentono più consumatori che cittadini. Questo non significa che se l'Ikea, supportata dalla Casa del Mobile, invadesse i Paesi Arabi per imporre con le armi la democrazia del truciolato, gli svedesi arriverebbero a rinnegare il loro tradizionale pacifismo. La guerra, lo abbiamo appena sperimentato, rimane anzi uno dei pochi contesti in cui il marchio dell'azienda cede il passo a quello della patria - la bandiera - come catalizzatore di orgoglio e appartenenza.
Le nazioni fanno ancora le guerre, ma sono ormai i marchi a fare la storia. E a incarnare i valori, sani o fasulli, che il linguaggio della politica non riesce più a trasmettere neanche a noi, svedesi del Sud che non crediamo in Ikea ma nella Ferrari e già due volte abbiamo votato Canale 5 presidente del Consiglio. |
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