23/1/2006 ore: 12:03

"BladeRunner" Silvio e la Prima Repubblica

Contenuti associati

    lunedì 23 gennaio 2006

    Pagina 3 - Primo Piano
        UN RAPPORTO MUTEVOLE
        L’ULTIMO RILANCIO PER DARE LA SENSAZIONE DI UNA ROTTURA DEFINITIVA CON QUEL MONDO ANTICO

        Amici-nemici, Silvio e la Prima Repubblica

        la memoria
        RICCARDO BARENGHI

        ROMA
        Amore e odio, si potrebbe sintetizzare così il rapporto che Silvio Berlusconi ha con la Prima repubblica, in particolare con i suoi ultimi anni. Quelli di Craxi e del pentapartito, quelli che furono travolti da Tangentopoli. Ma siccome l'amore e l'odio non dovrebbero far parte delle categorie della politica (per quanto ormai se ne abusi, in particolare dell'odio e proprio da parte di Berlusconi o dei suoi portavoce), diciamo che il concetto più appropriato si chiama opportunismo. Che secondo il vocabolario è «un comportamento o sistema per cui si agisce senza tener conto di principi o ideali, adattandosi alla situazione o alle esigenze del momento in modo da trarne il massimo utile».

        Il recupero degli ex
        Poche parole che sembrano scritte apposta per spiegare la vicenda politica e pre-politica dell'attuale presidente del Consiglio. Quando ha costruito la sua fortuna di imprenditore, prima immobiliare poi televisivo, non ha cercato appoggi proprio in quei partiti di governo degli Anni Settanta e Ottanta, gli stessi che vivevano grazie (anche) alle Partecipazioni statali? E quando questi furono annientati dai giudici di Mani pulite, ovvero dalla corruzione che li aveva invasi, non fu proprio lui a "scendere in campo" per colmare quel vuoto? Quindi per richiamare a sé molti dei dirigenti di quella fase politica (che sono ancora tutti lì con lui, da Pisanu a Scajola, da Formigoni a Bonaiuti, da La Loggia a Gianni Letta, da Cicchitto ad altre decine e decine di ex qualcosa) e soprattutto gli elettori della Democrazia cristiana di Forlani, del Partito Socialista di Craxi, del Partito Liberale di Altissino, del Partito socialdemocratico di Longo e Nicolazzi, alla fine anche di qualche repubblicano.

        Un sistema di potere
        All'epoca, ossia dodici anni fa, Berlusconi non si sognava nemmeno di mettere sul banco degli imputati quelle Partecipazioni statali feudo della Dc e dei suoi alleati, che oggi denuncia come i "salvatori" della Dc stessa, nel senso che la finanziavano. Lo dicevano pure i magistrati di Milano, e qualche prova e condanna l'hanno anche ottenuta, ma all'epoca imperava il "primum sopravvivere", bisognava parare il colpo. evitare che tutto andasse perduto. Ove il tutto stava appunto in quel sistema di potere economico, che - come dice giustamente oggi lo stesso Berlusconi - era appunto fondamentale per la tenuta in piedi del sistema di potere politico di allora.

        L’uomo nuovo
        Certo non si può accusare Berlusconi di essere un fan dell'economia di Stato, tutt'altro. Lui è un liberista convinto, almeno così si è sempre professato. Dopo di che, quando ha intuito che poteva essere lui l'erede di quel sistema, non ci ha pensato due volte a gettarsi nella mischia. Giocando sullo sbandamento di milioni di persone e di migliaia di dirigenti politici rimasti orfani, scommettendo sulla paura dei comunisti, presentandosi però non come un conservatore del vecchio regime ma come l'uomo nuovo, quello che con la politica non aveva niente a che fare ma che, sotto traccia, di quella politica si faceva garante e rappresentante. Nascose l'odio - se odio era - - per quel regime impastato con l'economia, sostanzialmente corrotto (come dice invece oggi), esaltò l'amore per le vittime di quei magistrati che invece odiava. Approfittò della situazione, insomma, fu un grande riciclatore. Riuscì a convincere e pure a vincere.

        Qualche gaffe
        E così fino a oggi, non si contano le volte che il nostro presidente del Consiglio ha citato positivamente, addirittura esaltandola, la storia della Democrazia cristiana o del Partito socialista, i riferimenti a De Gasperi di cui si è anche proclamato l'erede (come ha giustamente ricordato ieri il senatore Andreotti), l'affetto personale e politico che ha sempre manifestato nei confronti di Bettino Craxi, al quale deve una buona parte della sua fortuna. Ma ogni tanto, bisogna riconoscerlo, una frase gli scappava, poche parole dalle quali si capiva che quella Prima repubblica tanto fantastica non la considerava, qualche volta si è spinto anche a denunciare quel sistema statalista che soffocava l'economia di mercato. Sempre "en passant", un accenno, senza fare nomi, stando ben attento insomma a non urtare sensibilità che gli si sarebbero potute rivoltare contro, facendogli perdere consensi e alleati. Certo qualche gaffe gli è pure scappata qua e là, ma insomma roba che durava mezza giornata, una dichiarazione indignata di Follini, un monito di Casini, malumori sparsi tra gli eredi della Dc e tutto tornava tranquillo.

        Scandalo calcolato
        Adesso però, seppure per attaccare Prodi che all'epoca era un manager di quelle Partecipazioni statali, Berlusconi ha lanciato un'accusa pesante a tutto quel sistema. Mettendo sullo stesso piano i soldi "sporchi di sangue" che l'Urss dava al Pci con i soldi, sempre sporchi ma non di sangue, che l'economia pubblica dava alla Dc. Siccome l'uomo non fa nulla per caso, è difficile pensare che non avesse messo in conto la reazione furibonda dei suoi alleati democristiani. L'avrà certamente calcolata ma evidentemente ha calcolato anche che, stavolta, il gioco vale la candela.
          Non solo anticomunismo
          Forse, chissà, i sondaggi gli dicono che la sua immagine, proprio quell'immagine di uomo nuovo, si è appannata, non convince più e rischia di non vincere. Bisogna allora costruirsene un'altra, mantenendo naturalmente quella dell'anticomunismo che comunque aiuta, ma anche dando la sensazione di una rottura con quel mondo antico che evidentemente adesso sente come una zavorra. Se lo prenda Prodi quella zavorra, e se proprio insiste anche Casini. Lui ha già dato, anzi ha già avuto.

        Close menu