19/2/2007 ore: 10:35
"BaseUsa" Il terzo volto della città (A.Statera)
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Prima Pagina (segue a pagina 11) - Interni Il terzo volto della città così nasce "Vicenza III" E la città scopre una nuova identità oltre i partiti un modo di sentire inedito, quasi una sorta di "comunitarismo territoriale" Cancellati in un colpo solo gli applausi degli industriali a Berlusconi e le adunate del centrodestra l´organizzazione La marcia è nata dai comitati spontanei, moderati e tutt´altro che antiamericani, prima che intervenissero partiti e sindacati il diritto Non una decrepita contrapposizione i deologica ma il sacrosanto diritto di una comunità contro ogni centralismo VICENZA Oddio che impressione, chi è quel signore che scende da un pullman tappezzato di bandiere rosse della Cgil? E´ lui o non è lui? Sì è lui, è indubitabilmente Franco Rocchetta, lo storico fondatore e ideologo della LigaVeneta, il venetista più puro, che da Treviso ha viaggiato per ore con i "compagni" sindacalisti. Tocca abituarsi oggi al mondo alla rovescia di Vicenza III, che cancellerà chissà per quanto tempo Vicenza I e Vicenza II: quella dello scatto felino di Berlusconi sciatalgico sul palco, contro Montezemolo e i Poteri forti il 18 marzo, e quella del 21 ottobre successivo, dopo la sconfitta elettorale, con il Cavaliere, Bossi e Fini zuppi a invocare la spallata a Prodi in una non sconfinata selva di ombrelli, tra i marmi palladiani allagati di piazza dei Signori. Vicenza III è un format inedito, originale, che qualche sociologo potrà definire "comunitarismo territoriale", "neoidentità collettiva" o, perché no? "leghizzazione matura", a più di quattro lustri dalla nascita della Lega prima maniera. Sette chilometri e mezzo di corteo su strade ad anello intorno al centro larghe fino a dieci metri, che secondo il "manuale Parisi", dal nome del ministro Arturo Parisi che lo elaborò anni fa, ben prima di diventare il ministro della Difesa incolpato di cedevolezza sul raddoppio della base americana – tot metri quadri, tot manifestanti a metro quadro - farebbe 120 mila. Neanche gli alpini si sono mai visti in tanti. Ma stavolta non è il numero che conta, è – diciamo - la qualità. Rocchetta è sceso dal pullman sindacale e, se ha risalito il corteo, ha incrociato leghisti "reprobi" come lui, protoleghisti, leghisti canonici e, via via, punkabbestia e beati costruttori di pace col rosario in mano, neoglobal e diessini, comunisti italiani e mamme con bimbi e palloncino, rifondaroli e margheritini, verdi e darkissimi, Casarin e Cesare Salvi, anarchici insurrezionalisti e scout vicentini figli della borghesia guidati dai loro dodici capi cittadini, Scalzone e un gruppo di giovani suore cantanti, famigliole di immigrati integrati e fricchettoni un po´ passati col "Manifesto" sottobraccio. Se manca una categoria sociale "affluente", come dicono i sociologi, è quella delle veline. Ma il primo berlusconiano dichiarato lo incrociamo noi: si chiama Renzo Vivian, fa l´ingegnere e ha elaborato il volantino "No Dal Molin" per il Coordinamento dei comitati cittadini, con la mappa della città, l´aeroporto e la base da raddoppiare marcati in rosso e la distanza dalla basilica palladiana, che è proprio - è il caso di dire - a un tiro di schioppo, non di missile Patriot. Come se a Roma a Villa Borghese, a Piazza di Siena, o a Torino al Valentino, facessero un aeroporto per le missioni "chirurgiche" aviotrasportate degli americani nel mondo. "Macchè format strano - dice Laura Fincato che per prima, con Lalla Trupia, raccolse le firme dei parlamentari ulivisti per il no al raddoppio della base – è proprio che questa è una protesta nata dai comitati spontanei, i partiti sono arrivati dopo". E´ la Fincato una moderata? Chi mai potrebbe sostenere il contrario. Ma ben più moderati e tutt´altro che antiamericani sono gli organizzatori operativi della marcia, prima che intervenissero partiti o loro pezzi, sindacati e organizzazioni varie. Giancarlo Albera e la sua signora bionda vanno a messa la domenica senza sgarrare. Antonio Variati, ex sindaco di Vicenza che ne ha preso le consegne, era il pupillo di Mariano Rumor e ne va fiero. Ricordate Rumor? Era quel vicentino di buone maniere tutto doroteismo, provincia e acquasanta, che fece il presidente del Consiglio e che, tornato semplice senatore, curava tutti i giorni i suoi concittadini di collegio, di città, di provincia, come si usava allora. Quando la Dc smise di farlo germogliò la Lega. "Non è successo nulla di tragico, nonostante l´allarme infondato – fa Variati – il che vuol dire che è successo qualcosa di politicamente importante". Cos´è mai successo a Vicenza III? S´è alzato un grido: "Governo, guardaci". Non ha gridato tanto la sinistra radicale, com´è scontato, ma una sorta di neomoderatismo che, in fondo, con sentimento trasversale, non guarda né a destra né a sinistra, ma che qui lamenta non più "Roma canchera", ma "Roma s´è lontana", "Roma non se vol ben", che afferma un nuovo tipo di mobilità politica, non estremista, ma che si mobilita nelle scelte non solo di localismo, ma di autonomia, trovando un´identità collettiva, che travalica partiti e movimenti. Non come i no global, che rischiano di provocare fratture nella società, ma come in una sorta di autonomismo territoriale in difesa degli interessi della comunità locale, che in questa terra si potrebbe definire – se ci è consentito - "doroteo". «Non una decrepita contrapposizione ideologica – dice Massimo Cacciari – ma il sacrosanto diritto di una comunità contro ogni reazionario centralismo». «Ma non si illuda Massimo – lo avverte suo fratello Paolo, in marcia a Vicenza – questo non è il suo ex partito dei sindaci o la visione politicista alla Illy. Questo è un movimento di comunità, che è un´altra cosa». Non vediamo, però, signore vicentine in pelliccia - provochiamo Variati. E lui: «Sono in tenuta da manifestazione». Manifestano, se manifestano e non stanno soltanto dietro le finistre, solo per Nimby, not in my backyard, come se protestassero per la Tav in una logica antimodernista? Difficile sostenerlo per una comunità che con gli americani, la caserma, la base, le armi nei monti Berici, convive da mezzo secolo, dai tempi in cui il barbiere Eolo, raccontato da Goffredo Parise in "Americani a Vicenza", vide arrivare in avanscoperta in piazza dei Signori un italo-americano di nome Roy Di Ciccio, staffetta per i primi contatti con la popolazione alla vigilia dell´arrivo delle truppe Setaf. Difficile sostenerlo per una comunità che ha integrato decine di migliaia di lavori extracomunitari, i quali, sussumendo rapidamente lo spirito locale, non fanno più soltanto gli operai nei cantieri o nelle concerie, i lavapiatti o i camerieri, ma che si sono fatti imprenditori almeno nel dieci per cento dei casi. Circoli la mattina a Vicenza e non sai più se Palladio operava nel Veneto, in Bangladesh o in Nigeria. Vicenza III, una partita tutta interna alla sinistra di lotta e di governo, come sostiene la destra e come si sospetta fieramente assistendo al "teatrino" a sinistra, o un fenomeno originale, che espungendo molti dei tradizionali aspetti politici, può far riflettere su come cominciare a far cambiare il modo di far politica? Nessuno sosterrà arditamente che Vicenza III è la nascita del partito-non-partito o la "rifondazione della democrazia", come sostiene Paolo Cacciari citando Paul Ginzbourg. Ma forse, più semplicemente, è uno dei primi eventi di catalizzazione trasversale di una domanda collettiva e comunitaria, che ha coinvolto il 70 per cento di una città, e un pezzetto di quell´Italia, compresi quelli che hanno proclamato: «Mi non vado in piazza coi comunisti». «Leghizzazione mi piace – fa Rocchetta – se si intende che le istanze iniziali erano giuste e poi hanno deviato». E il protoleghista riparte tra le bandiere rosse sul pullman della Cgil. |