3/3/2005 ore: 11:49
"Armonizzazione 2" Nuove opportunità per la modernizzazione (M.Tiraboschi)
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giovedì 3 marzo 2005 sezione: NORME E TRIBUTI - pagina 21 ANALISI Nuove opportunità per la modernizzazione Tanto è vero che lo stesso impegno del Governo — contenuto nelle disposizioni finali del decreto n. 66 — di convocare le parti sociali entro un anno dalla sua entrata un vigore, al fine di verificarne il concreto stato di attuazione nella prassi contrattuale, è rimasto sostanzialmente lettera morta. Così, mentre la Commissione Europea ha attivato le procedure per pervenire in breve tempo a un aggiornamento della direttiva comunitaria n. 104 del 1993, in Italia neppure si è iniziato a discutere su come adeguare, in una ottica di modernizzazione della organizzazione dell'orario di lavoro, i contratti collettivi di lavoro allo scenario europeo. Alla arretratezza del quadro contrattuale, spesso ancora ispirato alla disciplina di cui al Regio Decreto del 1923, si accompagna pertanto una persistente situazione di sostanziale inottemperanza degli obblighi imposti dal legislatore comunitario e ora puntualmente richiamati dalla circolare firmata ieri dal ministro del Lavoro e delle politiche sociali. Tra le principali novità del decreto legislativo n. 66, l'introduzione di un tetto massimo di 48 ore settimanali, comprensive di straordinario, ha rappresentato un'innovazione di non poco conto per il nostro Paese. Al punto da entrare in aperta rotta di collisione con l'impianto dei principali contratti collettivi nazionali, spesso ancora incentrati sul limite, invero formalmente già superato dal pacchetto Treu del 1997, delle 8 ore giornaliere. Ma è anche vero che il vincolo in questione risulta alquanto flessibile. Tanto più che spetta alla contrattazione collettiva, che è il vero dominus della materia, declinarne la concreta applicazione nei diversi settori produttivi e nei luoghi di lavoro. Proprio quegli accordi a cui guardiamo con tanto interesse se provengono da altri Paesi e a cui da tempo ci richiama, infruttuosamente, l'Unione Europea nell'ambito della Strategia Europea per la occupazione. La corposa e dettagliata circolare ministeriale, per quanto ripercorra in modo puntuale e didascalico i vincoli ma anche le enormi opportunità del nuovo quadro legale in materia di orario di lavoro, rischia dunque di essere poco più che un sassolino gettato nelle stagnanti acque del nostro sistema di relazioni industriali, almeno per quanto attiene al tema della modernizzazione dell'organizzazione del lavoro. È del resto la stessa esperienza degli altri Paesi che ci segnala come accordi innovativi siano possibili solo là dove operano modelli di relazioni industriali più fluidi e dinamici del nostro. Modelli che, grazie ad assetti contrattuali meno centralizzati e meno conflittuali del nostro, consentono di coniugare con maggiore efficacia e tempestività gli obiettivi di efficienza delle imprese con quelli di una redistribuzione della ricchezza prodotta. Quello insomma che davvero serve al nostro Paese per tornare a dare forza al sistema produttivo e piena dignità al lavoro. |