26/3/2007 ore: 10:46

"Analisi" Pensioni: donna più povera del collega maschio

Contenuti associati


    lunedì 26 marzo 2007
      Pagina 32 - TuttoSoldi

      analisi
      Tre assegni su 4 da 750 euro sono «rosa»


      Donna pensionata?
      E’ più povera del collega maschio

      Marco Pianta
        Le pensioni delle donne italiane sono molto più basse di quelle dei maschi. L’83% delle pensioni Inps sotto i 750 euro vanno alle donne. Nella stessa categoria, gli uomini sono 1 milione e 600mila. E andrà sempre peggio finché le retribuzioni delle donne continueranno a risultare inferiori agli stipendi degli uomini (Eurostat: 7% in meno nel 2004 in Italia, 15% la media Ue).

        Sono 8 milioni, le pensionate Inps (su un totale di 14 milioni). Se i commercianti con una pensione tra i 251 e i 500 euro al mese sono il 30%, la percentuale raddoppia e passa al 62% nel caso del fronte femminile della categoria. Le cose non vanno granché meglio fra gli artigiani: percepisconella stessa fascia «bassa» (251-500 euro) ci sono il 22% dei maschi e il 59% delle femmine.

        Per tornare agli ex dipendenti: la maggior parte degli uomini si piazza tra i 501 e i 750 euro (15,85%), tra le donne l’assegno più diffuso (40,85% dei casi) si attesta tra i 251 e i 500 euro. «Numeri che mostrano una discriminazione di genere», commenta Elsa Fornero, docente di economia politica all’Università di Torino. «La strada obbligata - aggiunge - è un’autentica parità di retribuzione. Aiuti e bonus sono importanti, ma bisogna equiparare le carriere, perché l’importo della pensione dipende da quelle».

        Come arrivarci? In Norvegia una legge impone a tutte le aziende, escluse quelle familiari, la presenza del 40% di donne nei cda. La legislazione francese prevede sanzioni alle imprese che non rispettano la parità dei sessi. Misure esportabili anche nel Belpaese? «Non sono una fanatica delle quote - risponde Fornero - è giusto sanzionare in modo duro le aziende che non riconoscono lo stesso livello di stipendio a chi svolge il medesimo ruolo, con identica preparazione. Detto questo, in Italia occorre puntare su una flessibilità che crei più spazi per tutti e meno privilegi per chi il lavoro c’è l’ha già. E di solito è un uomo».

        Il vero scoglio per le carriere delle donne resta però la maternità. «Sì, la maternità rappresenta un costo per il datore di lavoro. È altrettanto vero, però, che ci sono delle resistenze culturali incomprensibili. Faccio un esempio: la nostra legislazione consente agli uomini di usufruire di permessi di lavoro per accudire i figli piccoli malati. Eppure li usano in pochissimo. Motivo? Gli imprenditori guardano con sospetto l’uomo che sta a casa ad occuparsi dei figli, forse gli stessi lavoratori si sentono meno maschi nel fare uso di questi permessi. La parità pensionistica passa anche attraverso queste piccole battaglie culturali».

      Close menu