16/1/2006 ore: 12:34
"Analisi" L’escalation del Cavaliere (A.Minzolini)
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Pagina 1/2 Primo Piano L’ESCALATION DEL CAVALIERE. - SOLO I SONDAGGI POTREBBERO FARGLI CAMBIARE IDEA LA questione che Silvio Berlusconi vuole agitare contro D’Alema e Prodi, contro Fassino e Rutelli non ha nulla di penale. Dai magistrati il premier ci è arrivato quasi per caso, per un consiglio - probabilmente sbagliato - dei suoi avvocati. Poi, però, visto che sulla sua pelle ha provato quanto sia potente in questo Paese il circuito mediatico-giudiziario, il Cavaliere ha deciso di utilizzare quel meccanismo che lo ha perseguitato in questi anni contro i suoi avversari come cassa di risonanza per lanciare un’accusa squisitamente politica, la stessa che gli hanno tirato addosso per dodici anni. Già, la campagna elettorale di Berlusconi edizione 2006 sarà ispirata alla legge del contrappasso. «Da quando sono entrato in politica - si è confessato ieri al telefono il premier con un amico - mi hanno crocifisso sul conflitto di interessi. Ma io sono sotto i riflettori, tutto quello che mi riguarda è alla luce del sole: se per errore, ad esempio, il mio governo legifera sui decoder la mia faccia è sbattuta in prima pagina come quella di un serial killer solo perché mio fratello ha una partecipazione in una società che ha appena l’1% del mercato. La sinistra invece ha un conflitto di interessi nascosto grosso come una casa: c’è un partito che controlla imprese cooperative, assicurazioni e se fosse andato in porto l’affare Bnl avrebbe posseduto anche una banca. Ma questa situazione è all’oscuro di tutti. Quello che io voglio dimostrare aprendo questo spaccato sulle loro attività è che non sono diversi. Sono solo degli ipocriti. Sono passati di nascosto dalla sinistra di classe alla sinistra finanziaria». Altroché cambio di cavallo per Palazzo Chigi: nella denuncia degli intrecci tra politica e affari che si consumano all’ombra della sinistra Berlusconi è convinto di aver individuato l’argomento più efficace per ricompattare il suo elettorato, quello di Forza Italia. Ecco perché al premier importa poco dell’atteggiamento dei suoi alleati. Anzi, per una campagna del genere l’immagine del “Silvio contro tutti” forse è la più indicata. Tant’è che sabato pomeriggio l’intero vertice di Forza Italia ha condiviso la scelta del Cavaliere di andare avanti costi quello che costi. «A questo punto - ha spiegato il premier due giorni fa - non si può più tornare indietro: intanto perché non possiamo perdere la faccia; eppoi perché la tattica della guerriglia è quella che più infastidisce i leader del centro-sinistra. D’oggi in poi risponderò colpo su colpo». «Dobbiamo dimostrare - gli ha fatto eco uno dei suoi consiglieri, Fabrizio Cicchitto - che la sinistra ha sostituito nel dipinto del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo la figura del bracciante con quella di un esperto di giochi in borsa, l’ing. Carlo De Benedetti, e quella dell’operaio con il ritratto di un calzolaio di successo, Diego Della Valle». Non per nulla nelle 48 ore successive il premier è stato più preciso nei suoi racconti e ha cominciato a rilanciare. Mentre dopo l’incontro con i magistrati per ben due giorni il Cavaliere aveva lasciato che la gestione mediatica dei suoi verbali fosse gestita dai soliti boatos di procura, sabato ha voluto dare personalmente la sua versione alla stampa. Ne è uscito un quadro diverso rispetto a quello che era venuto fuori nei primi giorni. Spiega uno degli esponenti più autorevoli dello staff del Cavaliere: «Il presidente ha voluto solo dimostrare che tutti gli esponenti del centrosinistra hanno mentito sull’affare Unipol-Bnl. Non si sono comportati da spettatori, ma anzi hanno partecipato attivamente a questa guerra politico-finanziaria. Emerge, infatti, che tra luglio e agosto di quest’anno tutti i leader più influenti dell’Unione hanno sentito la necessità di incontrare il presidente delle Generali, Antoine Bernheim. Alcuni, come D’Alema, lo hanno incontrato per convincerlo a vendere le azioni Bnl in possesso del suo gruppo all’Unipol. Altri probabilmente, come Veltroni, Rutelli e Prodi, hanno sconsigliato di farlo. Il motivo è semplice: l’operazione finanziaria aveva una sua ricaduta politica. Al vertice della Bnl c’è l’ex presidente della Confindustria, Luigi Abete, che è molto vicino sia a Prodi che a Rutelli. Questi ultimi si sono mossi per evitare che la banca passasse nell’orbita dalemiana. Non per nulla il primo a sparare a luglio contro quell’operazione finanziaria è stato il braccio destro di Prodi, Arturo Parisi». |