30/5/2007 ore: 11:27
"Analisi" L'abisso del Nord (I.Diamanti)
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Prima Pagina (segue a pagina 13) - Interni L'abisso del Nord Tuttavia, questo voto allarga, indubbiamente, la distanza fra il Nord (al di sopra del Po) e il governo di centrosinistra. Assai pi? del passato. 1) Per la misura del risultato, anzitutto. Il centrodestra, nei comuni e nelle province dove gi? governava, ha sfondato, raggiungendo proporzioni di "massa": 60% e talora 70%. 2) Parallelamente, il centrosinistra ? arretrato complessivamente. Ha perduto alcuni capoluoghi. Anzitutto, Verona. La "Bologna bianca". Dove nel 2002 si era imposto, sfruttando le divisioni degli avversari. Ma ha ceduto altre "citt? medie" del Nord. Monza, Alessandria, Gorizia, Asti. E ha dimostrato, comunque, maggiore difficolt? del previsto in alcune zone, tradizionalmente di sinistra, dove, pure, ha vinto. Come a Genova, La Spezia e Piacenza. 3) Il carattere di "rottura" di questo voto ?, ancora, sottolineato dal risultato della Lega; che accompagna, da sempre, ogni fase di rottura e di protesta nei confronti dello Stato centrale e del governo. La Lega, infatti, alle provinciali (escludendo la Liguria) raggiunge il 20%, con un incremento di quasi 6 punti percentuali rispetto a prima. Alle comunali, nei capoluoghi, supera l?8%, raddoppiando, quasi, il risultato precedente. 4) Infine, l?aumento dell?astensionismo (alle provinciali, in particolare) ha colpito soprattutto il centrosinistra. Cos?, il paesaggio politico del Nord oggi risulta, effettivamente, diverso. Pi? omogeneo di prima. Quando il centrosinistra presidiava, comunque, alcune zone e numerose citt? medie. ? un Nord lontano e disincantato, per taluni versi ostile rispetto al "governo romano". Certo, le elezioni amministrative e soprattutto quelle comunali riflettono specifiche ragioni locali e personali (legate ai candidati). Per?, ? difficile non riconoscere, dietro a questo voto, ragioni politiche nazionali e generali. Dal punto di vista socioeconomico, anzitutto. A destra hanno votato i ceti produttivi del privato. Imprenditori, lavoratori autonomi, ma anche dipendenti. Gli operai della piccola impresa. A sinistra, invece, hanno votato gli occupati del pubblico impiego, i giovani e gli studenti. Insomma: il cuore del Nord batte a destra. Mentre la sinistra raccoglie l?istinto di conservazione del pubblico impiego. Oltre all?effervescenza dei giovani. Finch? studiano. Perch?, quando entrano nel mercato del lavoro, votano a destra anche loro. Ha pesato, sul voto del Nord, la crescente reattivit? sociale di fronte al tema dell?insicurezza. La crescente inquietudine suscitata dall?immigrazione. Indipendentemente dalla realt?, la percezione di questi fenomeni si ? drammatizzata. Tradotta in una unica equazione: pi? immigrazione = pi? criminalit? comune. Ha pesato l?insofferenza nei confronti della pressione fiscale. Alimentata dalla confusa costruzione della legge finanziaria. Il dibattito delle ultime settimane, sulla destinazione del "tesoretto" inatteso, ha aggiunto ulteriore confusione. Rendendo pi? evidente l?assenza di una "missione" condivisa, in grado di giustificare i sacrifici comuni. Ancora: il litigio continuo dei sedicenti alleati di governo. La frammentazione della maggioranza (che si ? trasferita anche nelle liste alle amministrative). La debolezza al Senato. Ogni voto una lotta all?arma bianca. Cos?, le paure e l?insicurezza sono state addebitate al centrosinistra. Mentre il miglioramento dei conti pubblici e il risveglio economico (che ha coinvolto soprattutto le aree del Nord) sono apparsi incidentali. Eventi capitati "nonostante" l?azione del governo. Lo stesso, d?altronde, era avvenuto negli anni Novanta. Soprattutto alle elezioni del 1996, quando la Lega raccolse oltre il 20% nel Nord, intercettando il malessere contro le istituzioni e i partiti. Tutti. Destra e sinistra. La differenza, da allora, ? che oggi il "nemico" ? uno solo. Il centrosinistra al governo. Mentre lo "spirito del Nord", oltre che dalla Lega (oggi di nuovo trainante), ? rappresentato e interpretato anche da An e soprattutto da Forza Italia. L?orazione di Berlusconi all?assemblea degli industriali, il 18 marzo del 2006, echeggia ancora nelle valli e nelle aziende. In una terra dove quasi tutti sono oppure si sentono "imprenditori", la sinistra ? sentita come un "altro mondo". Anche Montezemolo, la settimana scorsa, ha echeggiato Vicenza. Con una impostazione chiaramente diversa. Ha chiamato a raccolta una "nuova" borghesia. Responsabile. In grado di promuovere il cambiamento del Paese. Ma ha raccolto l?ovazione della platea quando ha fustigato la "casta" e i privilegi dei politici. Quando ha intercettato il vento antipolitico che soffia nella societ?. E nel Nord. Dove si ? acuito il risentimento della "societ?" e del "mercato" contro i partiti "romani". Contro il "governo delle tasse". Contro l?oligarchia di Stato. Naturalmente, questo voto ?, comunque, un giudizio sui sindaci e sulle amministrazioni. Il che, per l?Unione, ? anche peggio. Suggerisce un collasso della credibilit? del centrosinistra come classe di governo locale. Le cifre, d?altronde, a questo proposito, sono inequivocabili. Il centrosinistra, fino a ieri, era al governo in 8 dei 10 capoluoghi del Nord (esclusa l?Emilia Romagna) in cui si votava. Oggi la proporzione si ? rovesciata: 7 a 3 per il centrodestra. Lo scenario si ripropone, enfatizzato, se prendiamo in considerazione i 56 comuni superiori a 15mila abitanti. Ne governava 33 il centrosinistra; il centrodestra 17 (altrove il sindaco era espressione di una lista civica). Oggi, dopo il primo turno, la situazione vede in vantaggio il centrodestra: 27 a 7. I ballottaggi, presumibilmente, accentueranno questa tendenza. ?, quindi, finita la stagione in cui molti cittadini del Nord, alle politiche, votavano Forza Italia oppure Lega, per "minacciare" Roma. Ma poi, alle amministrative, sceglievano sindaci di centrosinistra. Perch? li ritenevano pi? esperti e capaci. Ma anche perch? li consideravano affidabili e attenti alle domande locali. Il "movimento dei sindaci" nasce, non a caso, nel Nord (e pi? precisamente nel Nordest), a met? degli anni Novanta, come risposta alla sfida leghista. Per innovare i partiti tradizionali. Oggi, gli echi di quel movimento si sono perduti. I cittadini del Nord non credono pi? al centrosinistra. E percepiscono i sindaci come complici oppure gregari del "Palazzo romano". Guardano con scetticismo anche il prodotto politico di quell?esperienza. Il Partito Democratico. Che, nell?occasione, ha conseguito un risultato francamente mediocre. Per questo, parlare di "questione settentrionale", forse, ? inadeguato. Questo voto, infatti, pi? che un problema denuncia il distacco, l?abisso, che separa il centrosinistra e il governo dal Nord. Senza eccezioni, ormai. Dagli imprenditori e dagli operai. Dai lavoratori autonomi e dipendenti. Dai paesi e dalle citt?. Dai cattolici e dai laici, dagli anticomunisti e dai comunisti. Dal Nordest e dal Nordovest. Da Milano e da Gorizia. Da Verona, Monza e Alessandria. Cacciari, Illy, Penati, la Bresso. Appaiono, anch?essi, senza voce e senza eco. Rischiano di non venire pi? ascoltati n? creduti. Conviene loro promuovere il Partito Democratico. Del Nord. In fretta. Senza attendere il secondo turno. Il tempo per fare autocritica, riflettere. Riparare. ? finito. |