La parità di genere in Italia e nel mondo del lavoro
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Nell'ultimo rapporto del Global Gender Gap, del luglio 2022, l'Italia si trova al 63° posto. Il primo continua a essere occupato dall'Islanda, che ha anche migliorato i suoi valori. È vero che svetta il nord Europa, ma prima del nostro paese ce ne sono diversi di tante altre aree del mondo, dall'est europeo al centro e sud America, dal continente africano alle isole caraibiche. Insomma, un posizionamento davvero mediocre. L'Italia ha addirittura un segno meno, è rimasta indietro. Ne parliamo con Cinzia Bernardini, segreteria Filcams Cgil nazionale.
Che cosa frena il cammino verso il riconoscimento della parità di genere nel nostro paese?
Oltre alla necessità di un adeguato approccio culturale, che manca nel nostro paese, credo che quello che più di tutto frena il percorso della parità di genere in Italia sia il tasso di occupazione molto basso, inferiore a quello di altri paesi.
Servirebbero leggi di sostegno incisive e cogenti rispetto per esempio alla condizionalità, dove invece si fa fatica a fare passi in avanti, pensiamo al codice dei contratti pubblici: nel testo del disegno di legge uscito l'anno scorso, la condizionalità nell'affidamento degli appalti a imprese che garantissero almeno il 30% di occupazione femminile ha registrato una serie di deroghe. Addirittura nel nuovo schema di testo del Codice scompare la certificazione di parità, che era uno dei documenti che le imprese dovevano presentare per poter partecipare ai bandi di gara.
A bloccare il tasso di occupazione è anche la difficoltà di accesso al lavoro, ostacolato ad esempio da due barriere: da una parte la mancanza di un serio percorso pubblico di avviamento al lavoro, sostituito da un accesso attraverso canali informali che penalizza le donne, dall'altra una cultura organizzativa che cerca e premia la massima disponibilità, frenando così l'occupazione femminile, perché sono quasi sempre le donne a farsi carico del lavoro di cura in ambito familiare. Dinamiche discriminatorie che pesano in fase di assunzione e contribuiscono ad aumentare il gap occupazionale tra uomini e donne.
Oltre al forte svantaggio numerico, come si rispecchia questo risultato nel mondo del lavoro?
Nella precarietà, nel part-time involontario, condizione negativa che colpisce tutti ma in particolare le lavoratrici, perché una donna su due in Italia oggi è in regime part-time e si pensa che oltre la metà siano part-time involontari e che, in alcuni dei nostri settori, può arrivare anche al 75%.
L'altro grande tema è la svalorizzazione culturale del lavoro delle donne, in particolare del lavoro di cura, che sia svolto gratuitamente nell'ambiente familiare o che sia retribuito.
La Filcams rappresenta settori ad alta maggioranza di donne che rientrano nell'ambito del lavoro di cura alle persone - le colf e le badanti, ma anche le addette alle pulizie e alle mense - dove il lavoro non solo è part-time per la maggioranza dei casi, ma è anche poco pagato, con retribuzioni più basse rispetto ad altre categorie che hanno lo stesso livello di professionalità e richiedono analoghe competenze. È proprio il lavoro di cura, prevalentemente femminile, a non essere parimenti giustamente considerato.
La Filcams è una categoria prevalentemente femminile: quali sono le sue battaglie sul fronte della parità tra lavoratrici e lavoratori?
Il fronte è quello della contrattazione, gli obiettivi sono articolati, uno dei principali è l'aumento delle ore contrattuali per quelle lavoratrici che hanno un part-time involontario, penso all'individuazione di percorsi per il consolidamento delle ore supplementari e alla battaglia che stiamo da tempo portando avanti sul part time ciclico verticale.
Sempre attraverso la contrattazione, è importante inserire nei contratti nazionali e in quelli aziendali norme che favoriscano la condivisione del lavoro di cura e della genitorialità, interventi su orari e organizzazione del lavoro, a partite dal lavoro domenicale e festivo. Un percorso che dovrebbe essere supportato anche attraverso la contrattazione sociale, puntando a incrementare i servizi a sostegno della condivisione dei tempi di vita e di lavoro e del lavoro di cura tra uomo e donna. Un ambito più ampio, nel quale agire in coordinamento con la Confederazione e con le altre categorie.
La contrattazione recente ha ottenuto buoni risultati nel contrasto alle violenze e alle molestie nei luoghi di lavoro e per la tutela delle lavoratrici: siamo sulla buona strada?
Penso di sì. Per quanto è di nostra competenza abbiamo inserito in molti rinnovi contrattuali dal 2021, a partire da quello delle Pulizie/Multiservizi, il recepimento della convenzione ILO n. 190 contro le violenze e molestie nei luoghi di lavoro, abbiamo aumentato i congedi per le donne vittime di violenza, abbiamo inserito la possibilità di trasferimento in altro luogo di lavoro e in altro appalto, previsto l'esclusione da turni disagiati e promosso l'informazione e la formazione su questi temi, con assemblee sindacali dedicate.
Anche in questo contesto credo sia necessaria un'azione comune di tutta la Cgil: nella Piattaforma Belle Ciao sono presenti questi temi, insieme ad altri, che sono diventati obiettivi che impegnano tutta la Cgil e tutte le sue categorie ad ogni livello, da fare propri e perseguire.
Oltre a leggi più cogenti, serve soprattutto cambiare la cultura, lavorare sugli stereotipi e fornire sostegni concreti alle donne nel lavoro e nella vita.
Molestie e discriminazioni non si esprimono soltanto attraverso episodi eclatanti, ma possono minare in modo meno evidente ma altrettanto lesivo il benessere e l'autostima delle lavoratrici: la carenza di rispetto è un'aggressione silenziosa, che non fa notizia, ma che inquina tanti ambienti di lavoro. Anche questo è un nodo culturale ancora da sciogliere?
Sì, credo serva accrescere la consapevolezza partendo anche dal riconoscimento di questi comportamenti, da un cambiamento del linguaggio, e per farlo è necessaria la formazione, ci vuole una corretta informazione a partire dalle scuole e dalle giovani generazioni.
Per quanto ci riguarda stiamo provando a farlo in ambito lavorativo, attraverso un programma di formazione dedicato. Serve approcciare la nostra azione, sindacale, contrattuale, attraverso le lenti di genere: è un'opportunità per noi, anzi, un dovere, ancora di più per una categoria come la Filcams che ha una larga maggioranza di lavoratrici nei suoi settori e anche una maggioranza di donne tra i propri iscritti, oltreché numerose donne dirigenti nelle sue strutture.
Lo faremo attraverso lo strumento della contrattazione perché una cosa che è giusta per le donne, è giusta per tutti.