1/4/2022 ore: 13:44

Coop Alleanza 3.0, criticità e prospettive della trattativa per il contratto integrativo

Ne abbiamo parlato con i delegati di tre diverse aree raccolte sotto la sigla della cooperativa

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Procede il calendario di incontri tra le sigle sindacali di categoria e Coop Alleanza 3.0 dedicati alla definizione del contratto integrativo aziendale. Una trattativa complessa, che per alcuni punti nodali vede le parti attestate su posizioni lontane: le richieste di Coop propongono significative retrocessioni rispetto ad alcuni diritti acquisiti, che per i sindacati sono difficilmente accettabili.

Ad essere aggredita è il particolar modo l’organizzazione del lavoro, sottoposta a una sorta di destrutturazione che vede i tempi dei lavoratori diventare manipolabili e incerti, ma nel mirino dell’azienda c’è anche un contenimento del costo del lavoro che va a erodere la retribuzione complessiva.

Quello di cui si sta discutendo sarà l’integrativo delle diverse anime territoriali assimilate a Coop Alleanza 3.0 – Adriatica, Estense e Nordest – e dovrà pareggiare in qualche modo realtà contrattuali dissimili, sotto un’unica bandiera organizzativa.

Abbiamo parlato delle diverse difficoltà che lavoratrici e lavoratori si trovano ad affrontare con i delegati di tre diversi territori.

“L’impressione che abbiamo noi è che alla fine Coop stia diventando una delle tante aziende private sul mercato, si stia comportando esattamente come loro” dice Francesca, che lavora in provincia di Venezia. “Fino a poco tempo fa le guardavamo dalla nostra nicchia, con il loro numero indefinito di spezzati, le ore in più, le domeniche, ma alla fine stiamo arrivando qui, è questo che ci stanno chiedendo”.

Francesca è in Coop da 16 anni, un tempo che le è stato sufficiente, spiega, a veder peggiorare le cose. “Mi rendo conto che non sia facile unire realtà tanto diverse come quelle di Coop Alleanza 3.0, che richiederebbero forse accordi differenti, ma l’azienda in questo momento non mostra alcuna volontà di andare incontro ai lavoratori”. 

Le richieste di Coop - riduzione della programmazione dei turni, incremento degli spezzati, orari più flessibili, maggiore disponibilità al lavoro festivo – si scontrano con un ambiente di lavoro che vede una larga presenza di donne con famiglia. “Se mi chiedi degli spezzati, ti dico che oggi che ho la chiusura devo pagare la babysitter. Mi metto nei panni delle tante lavoratrici full time che per ragioni economiche non possono permettersi il part-time, nel momento in cui si trovassero ad affrontare anche cinque turni spezzati senza criterio: diventa impossibile gestire una famiglia, non c’è più conciliazione, solo lavoro, lavoro, lavoro”.

Quello che Coop propone è così impensabile che secondo Francesca potrebbe essere stato messo sul tavolo allo scopo di eludere qualsiasi forma di accordo.

Nessun incontro a metà strada quindi, dove le strade poi sarebbero anche diverse, da una città all’altra. Addirittura nella stessa provincia. “Le distanze su terraferma sono una cosa, in mare un’altra. Ci sono negozi sulle isole a Venezia, o lavoratori che dalle isole devono spostarsi in centro: basta fare una chiusura e perdere un traghetto per arrivare a casa a mezzanotte”.

“Sono partiti con esigenze che, se accolte, porterebbero a una quasi totale deregolamentazione del lavoro in cooperativa – dice Cristian, impiegato nella sede di Reggio Emilia – e con un unico obiettivo, tutelare le posizioni di mercato”.

Significherebbe rinunciare ai diritti acquisiti negli anni, spiega Cristian. “Si è parlato di ridurre l’anticipo nella programmazione settimanale del lavoro e di eliminare la pausa retribuita, ed entrambe le cose comprometterebbero la conciliazione dei tempi di vita e lavoro, per la maggiore indeterminatezza dei propri impegni e perché se si vuole fare la pausa, legittima e necessaria, poi si deve recuperare, allungando il turno, e si è costretti a rientrare più tardi a casa, dalla famiglia”.

Sembra una privazione più piccola di altre, ma ha le sue ripercussioni e soprattutto “è indice del fatto che la cooperativa si sta attaccando a tutto, dà l’idea che si stia raschiando il fondo del barile. Quei 10 minuti di pausa retribuita che tolgono a ciascun lavoratore possono cambiare le sorti dell’azienda?”.

È senz’altro maggiore il peso, anche psicologico, che avrebbe sulla vita dei dipendenti, aggiunge Cristian. Quello che lo preoccupa di più è il muro che è stato alzato in questa trattativa, “ci sarebbe bisogno di mediare il più possibile, facendo leva sulle discrepanze che esistono tra quello che l’azienda dichiara all’esterno e come poi agisce invece al suo interno: viene fatta tanta propaganda sul benessere della cittadinanza, viene dedicata tanta cura alla clientela, mentre ai dipendenti si chiede di peggiorare le condizioni di lavoro”.

Giacomo, che lavora nell’ipermercato di Bari, sottolinea che anche le proposte aziendali sul fronte della rappresentanza sindacale, con la limitazione dei permessi e la nomina delle RSA senza considerare la rappresentatività delle federazioni sindacali, non sono accettabili. “Poi c’è la questione dei livelli di inquadramento, che vede esclusi gli assistenti di reparto, che invece dovrebbero aver riconosciuto il corretto inquadramento”.

Le proposte relative alle turnazioni “sono irricevibili. Vorrebbero anche dei turni notturni, a ipermercato chiuso”, dice Giacomo.

C’è poi la volontà di aumentare la disponibilità delle prestazioni nei domenicali e nei festivi, “un assurdo – commenta – considerato che non si sono pronunciati affatto su un possibile aumento del salario festivo”. 

La pausa in Puglia non è retribuita, questa è una delle differenze tra l’ex Estense e le altre cooperative. Ma di fronte a questa operazione livellatrice che di diversi integrativi dovrà farne uno solo per tutti, Giacomo non perde certo di vista il valore delle conquiste raggiunte in altri territori.

“C’erano integrativi ben strutturati in Coop Alleanza – conclude - erano stati guadagnati dei diritti nel corso degli anni, e sarebbe giusto e corretto non lasciarli cadere”.

La strada da percorrere porta semmai nella direzione opposta, quella che conduce all’estensione dei diritti acquisiti a tutte le lavoratrici e i lavoratori dell’azienda.

Nell’ultimo incontro l’impresa ha dichiarato che sarebbe disponibile a rivedere la propria posizione sull’organizzazione del lavoro e sul premio fisso aziendale, che avrebbe voluto togliere ai neo assunti, però non ha ancora avanzato proposte apprezzabili. Il calendario di incontri procede, ma dalla campagna di assemblee che le federazioni sindacali stanno portando avanti in tutti i punti vendita emerge chiaro che se la cooperativa non rivede radicalmente le sue proposte non si potrà che arrivare allo scontro.