Non te li immagini varcare le porte di quegli strani, al tempo stesso atipici e un po' asettici, uffici di collocamento che sono le agenzie di lavoro interinale. Pensi, hai sempre pensato, che quegli uffici siano nati per la giovane ragioniere di Valenza Po, per il ragazzo che si è appena diplomato perito alla Falchera o per il «truzzetto» in cerca di un impiego part time da Mc Donald's o simili. E invece sono ormai gli extracomunitari i clienti più assidui delle agenzie di lavoro a tempo, a Torino e dintorni. I veri lavoratori flessibili, insomma. Quelli a cui dell'articolo 18 e dintorni poco importa, per ora. E per cui è importante invece trovare lavoro, magari «poco e maledetto», ma subito e senza problemi di luogo. «Sì, secondo i nostri ultimi calcoli la percentuale di lavoratori temporanei immigrati che sono passati dai nostri uffici e che abbiamo inviato in "missione", nei primi mesi del 2002 sono circa il 21 per cento del totale» dice Antonio Contini direttore della filiale di Ge.Vi Lavori Interinali di Torino. E dati simili arrivano anche dalla Adecco e da altre agenzie del settore. D'altronde secondo una indagine del ministero del Lavoro, nel 2001 sono stati oltre 600 mila in tutta Italia i lavoratori interinali extracomunitari. Proprio per questo la Ge.Vi ha deciso di attivare una campagna mirata di «reclutamento» proprio tra gli extracomunitari. Come? «Lo abbiamo già fatto in altre filiali del nord, e a Torino in quella di corso Rosselli 240 spiega Contini abbiamo personale che parla francese e arabo, le due lingue più conosciute tra gli extracomunitari. E stiamo per attivare anche il russo. Stiamo anche distribuendo nei luoghi di ritrovo degli extracomunitari, volantini in lingua (arabo e francese appunto) in cui spieghiamo chi siamo e cosa vuol dire utilizzare società di lavoro interinale». La maggiore richiesta di lavoratori in affitto si ha tra gli operai generici, i saldatori, i tornitori e carpentieri e i falegnami. Professioni che come si sa, hanno sempre meno appeal tra gli italiani, in particolare tra i giovani. Quanto alla provenienza dei lavoratori extracomunitari che ricorrono alle agenzie interinali a Torino e provincia, quasi il 40 per cento è di origine marocchina, il 20 per cento arriva dalla Nigeria, il 15 per cento dal Ghana, mentre ancora meno numerosi sono i «clienti» dell'est europeo, rumeni, moldavi e così via.
Accettano ogni tipo di occupazione, sono pronti a trasferirsi In provincia di Torino sono oltre 45mila i lavoratori non italiani e solo due terzi hanno un posto fisso "Sono loro i veri operai flessibili"
MARCO TRABUCCO
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Sono tanti, sono circa 45 mila a Torino e provincia, gli extracomunitari che hanno un lavoro più o meno regolare e un regolare permesso di soggiorno. Di questi circa 30 mila, i due terzi, hanno un'occupazione stabile, e cioè lavorano almeno undici mesi l'anno. Per gli altri quindicimila invece i periodi di impiego, nell'ultimo anno, sono stati in genere più brevi da sei fino a due o tre mesi soltanto. Occupazione stabile, non vuol dire però contratto a tempo indeterminato. Anzi. Anche le statistiche ufficiali dell'Osservatorio regionale per il lavoro confermano che in Piemonte, ma in genere in tutto il Nord Italia, extracomunitario fa rima con lavoro flessibile. Per loro per i marocchini, i senegalesi, i romeni, i moldavi, il contratto tipo è quello a tempo determinato, o part time. Solo una minoranza, meno del 5 per cento secondo Mohammad Rezha Kiavar, responsabile dell'Ufficio Stranieri della Cisl di Torino, ha un contratto di lavoro non a termine. Molte le ragioni: «La maggior parte degli immigrati spiega Antonio Contini della Ge.Vi, società di lavoro interinale di Torino appena arrivata in Italia inizia una forsennata ricerca di lavoro per poter regolarizzare la propria posizione». E per questo è disposta ad accettare contratti di ogni tipo, anche perché l'alternativa spesso è la strada o il lavoro nero. «Ma non è sempre e solo una questione di disperazione aggiunge Kiavar i lavori flessibili piacciono anche per altri motivi. Chi è immigrato, ad esempio, ha meno difficoltà a spostarsi da un provincia all'altra o anche fra le regioni. Non ha famiglia, e quindi è disposto a orari più scomodi. E poi spesso, soprattutto fra i maghrebini o tra coloro che provengono dai paesi dell'est europeo, molti preferiscono intervallare periodi di lavoro di cinque o sei mesi ad altri in cui ritornano al paese d'origine e magari si ricongiungono alle loro famiglie». «Il ricorso al lavoro interinale degli extracomunitari avviene continua Kiavar soprattutto in piccole imprese di tipo artigianali con cinque o sei dipendenti che non vogliono avere problemi o discussioni». «Sì conferma Lamine Sow, responsabile dell'Ufficio immigrazione della Cgil e bisogna dire che oggi a Torino e provincia tra gli immigrati regolari c'è quasi il pieno impiego. Chi vuole insomma trova occupazione. E il settore che assorbe più mano d'opera è quello dell'industria. Tramite appunto le agenzie interinali. In questo modo però c'è il rischio che i numeri degli occupati nelle statistiche ufficiali venga moltiplicato. Perché spesso un extracomunitario fa "missioni" differenti, cioè cambia lavori, anche una volta ogni settimana. E può risultare ogni volta come una persona diversa». L'industria e i servizi sono i settori che danno più occupazione agli immigrati. Ma anche qui c'è una sorta di specializzazione, di tacita spartizione dei settori: l'agricoltura, ad esempio, è appannaggio di macedoni e moldavi, mentre sono sempre meno i marocchini. Che rappresentano invece la maggioranza degli extracomunitari che lavorano come operai generici o specializzati (tornitori, fresatori ecc), nell'industria, in particolare quella metalmeccanica, dove comunque come accade anche nell'edilizia, sta crescendo il numero di rumeni. Sempre nell'industria esistono poi nicchie come quella della siderurgia, in Piemonte occupata quasi solo da senegalesi. Molti i rumeni anche nei servizi, dove lavorano come lavapiatti, ma anche come cuochi e camerieri in ristoranti, bar, comunità, mentre le professioni di cura e assistenza ad anziani, malati e bambini sono appannaggio di sudamericani e filippini (maschi e femmine) e di donne rumene. Quasi solo filippine e qualche donna africana invece si trovano tra le colf, le collaboratrici domestiche. Titoli di studio? «Nessuno, o molto pochi spiega Sow chi arriva non li ha o se ha un diploma o una laurea ha difficoltà a farsela riconoscere in Italia. Ma c'è anche chi lo nasconde perché teme che lo possa penalizzare nella ricerca di lavori da operaio». «È così conferma Kiavar ma è anche vero che in alcuni settori, nella sanità, cominciano ad esserci extracomunitari anche con ruoli più alti: infermieri, capisala. Così come nell'edilizia dove molti marocchini sono diventati capocantiere». |
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