10/1/2007 ore: 11:48
"Governo" Fassino-Mussi, scintille sulle riforme
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Pagina 15 - Interni ROMA - Dopo mesi di guerra fredda è sceso nella fossa dei leoni della sinistra interna per spiegare che «le riforme sono necessarie», che la «fase due» da lui pensata non è in contrapposizione ma in continuità con la «fase uno», insomma col programma del governo Prodi. Ma se l´obiettivo del segretario Piero Fassino era disinnescare la mina dell´ex correntone ed evitare che le contraddizioni esplodano nel bel mezzo del «conclave» di Caserta, allora la missione forse è riuscita solo a metà. E quello di ieri è stato solo un altro capitolo del braccio di ferro tra il leader e Fabio Mussi, in attesa della resa dei conti del congresso di primavera. Lo si è capito quando il segretario ha lasciato anzitempo il convegno organizzato dallo stesso Mussi, da Salvi, Bandoli, Spini, Villone («Dopo la Finanziaria, una legislatura per cambiare l´Italia») per scappare da Ferrara che lo attendeva per registrare "Otto e mezzo". «Scusate ma devo andare a una registrazione tv» ha salutato Fassino raccogliendo tiepidi applausi conclusivi. E Mussi, che in casa aveva gioco facile nello strappare l´ovazione della platea, non ha perso l´occasione quando è toccato a lui: «Un po´ meno registrazioni tv e più dialogo sarebbe meglio». Ma il leader della Quercia era già via da un pezzo. Ha avuto modo di sentire invece dal vivo i mugugni dei compagni del "pubblico" quando ha toccato il capitolo del precariato. L´ha definita una «piaga da superare», ma non cancellando la legge Biagi. Perché la flessibilità può essere accettata, a patto che venga corretta con gli ammortizzatori sociali. «E no, segretario» gli avrebbe ribattuto da lì a poco Fabio Mussi: «Gli ammortizzatori sociali non bastano, bisogna ampiamente modificare la legge Biagi». Per non dire della patata bollente della legge elettorale. La sinistra interna guarda con scetticismo al giro delle consultazioni avviato dal ministro Chiti. E anche ieri non ha fatto nulla per nasconderlo. «Sulla legge elettorale sta maturando la scelta di Forza Italia e An di assumere il referendum come uno strumento per accorciare la legislatura e portarci al voto. Noi continueremo con la ricognizione di Chiti e vedremo se c´è una soluzione per evitare il referendum» ha avvertito Fassino parlando dalla tribunetta. Salvi lo ha interrotto: «Il tema centrale oggi non è la legge elettorale». E al segretario che ha provato a zittirlo ricordandogli che lui era nella Bicamerale, il vice presidente del Senato ha replicato: «Proprio per questo conosco i rischi che stiamo correndo». A quel punto, per il segretario ce n´era abbastanza per chiudere l´intervento e andare via scuro in volto. Eppure, aveva raccolto l´invito della sinistra animato di buone intenzioni. Per spiegare che lui non intende «portare i Ds fuori dal Pse», perché «li ho portati nel socialismo europeo e non intendo portarli fuori col Pd» (qui, applausi dalla platea). Ma soprattutto per dire che «bisogna uscire da rappresentazioni caricaturali e un po´ ideologiche tra riformisti e radicali: chi le enfatizza vuole dimostrare l´inconciliabilità e che il governo non può stare in piedi». Tuttavia le riforme andranno fatte, dalle pensioni al mercato del lavoro, per dare di più a chi ha di meno e per ridurre il precariato. Non li ha convinti, però. A Caserta l´ex correntone andrà con una sua agenda, ha concluso Mussi, più attenta al sociale. Quanto alle pensioni, «pensarle quando si parla di riforme è da uomini primitivi» è stato il sigillo del ministro sul terreno più caldo. Scintille, a dir poco. Subito dopo, dalle telecamere de "La7", un Fassino a tutto campo è apparso più disponibile sulla legge elettorale: «Tutti conveniamo che c´è bisogno di cambiarla, non ho nessuna difficoltà a parlare con Berlusconi, Fini, Casini per vedere se si può migliorare questa legge barbara e incivile». Ed ha dettato i tempi del futuro Pd, «progetto ambizioso che non può essere guardato con superficialità e faciloneria: ad aprile i congressi di Ds e Dl e da lì avvieremo il processo costituente che si concluderà prima delle Europee del 2009». Il futuro leader? Il Veltroni ipotizzato da Santagata? «La strada delle primarie per scegliere il candidato nel 2011 è naturale. Ci saranno più candidati tra cui è evidente che c´è Veltroni come Rutelli e D´Alema. Il sindaco di Roma è una personalità che può aspirare, non è una originale novità». |